Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 09/01/2018, a pag. 41, con il titolo "Le piroette dei Cinquestelle", la risposta di Corrado Augias a un lettore.
Corrado Augias
Beppe Grillo
Osservo con curiosità le piroette del movimento che voleva rivoluzionare la politica. È bastata una legislatura perché tutto cambiasse nell’urto con la durezza della realtà. Apriremo il parlamento come una scatola di sardine, uno vale uno, nessun dirigente solo un vertice di coordinamento, le scelte dipenderanno dalla volontà della Rete, basta con l’organizzazione partitica, veloce la rotazione degli incarichi, non competenza che si trasforma in casta ma onestà, onestà, onestà — un dogma proclamato qualche volta con le lacrime della passione vera, la stessa dei vecchi comunisti quando cantavano l’Internazionale. Invece è successo che dall’utopico concetto uno- vale- uno s’è arrivati ad un verticismo che, a proposito di vecchio Pci, fa impallidire nel ricordo il famoso centralismo democratico. Quel partito era insieme democratico e autoritario, senza il benestare degli organi dirigenti era praticamente impossibile candidarsi, si approdava agli incarichi di vertice più per cooptazione dall’alto che non per scelta dal basso. Però c’era discussione, a volte ce n’era fin troppa, ci si accapigliava convivendo. Vero che qualcuno venne espulso; molto si parlò, ai tempi, del fatto che due dirigenti emiliani, Cucchi e Magnani, erano stati allontanati per aver criticato la linea filosovietica di Togliatti. Quando Elio Vittorini abbandonò o venne allontanato dal Partito, il caso esplose e non bastò il sarcasmo del segretario ad attutirlo. Si tratta di confronti lontani, quasi improponibili per la diversità dei tempi, delle idee, del livello culturale. Ciò che ora vediamo è un movimento che dichiarava di voler essere governato dal potere diffuso della Rete e che invece risulta dipendere da scelte di vertice insindacabili. Ci si è resi conto che a comandare sono due signori che nessuno ha eletto, che non si sa quali interessi rappresentino, che non rispondono a nessun organo statutario, con un programma politico nebuloso o mutevole secondo convenienza giornaliera. Basteranno disagio o protesta a far trascurare tutto questo?
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