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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Il Manifesto Rassegna Stampa
28.03.2017 Michele Giorgio: che sia un profeta?
'Lo stato palestinese è morto'

Testata: Il Manifesto
Data: 28 marzo 2017
Pagina: 9
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «I coloni israeliani: 'Siamo tanti, ormai lo Stato della Palestina è morto'»

Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 28/03/2017, a pag. 9, con il titolo "I coloni israeliani: 'Siamo tanti, ormai lo Stato della Palestina è morto' ", il commento di Michele Giorgio.

E se Michele Giorgio fosse profeta? Uno stato arabo palestinese oggi è reso impossibile per l'assenza di interlocutori, da parte araba, per la pace. Israele nel corso degli ultimi 23 anni ha fatto numerose offerte di pace alla dirigenza araba palestinese: tutte rifiutate. La risposta è stata il terrorismo. Se l'ipotesi di uno stato arabo palestinese è superata, la responsabilità non è di Israele e neppure dei gruppi di ebrei che risiedono nei territori contesi, ma del terrorismo palestinese.

Il pezzo di Michele Giorgio è intriso della consueta ostilità a prescindere contro lo Stato ebraico e del sostegno al terrorismo palestinese. Resta una domanda: e se Michele Giorgio, sulla morte dello "stato palestinese", avesse ragione?
Da notare con quale astio riferisce la posizione di A.B.Yehosha, che prende semplicemente atto che la situazione è mutata.

Ecco l'articolo:

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Michele Giorgio

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Terroristi palestinesi

I contatti fra Israele e l'Amministrazione Trump sulle future costruzioni nelle colonie ebraiche nella Cisgiordania occupata proseguono e finora non sono state raggiunte intese definitive. Lo spiegava due giorni fa Benyamin Netanyahu. Il premier ha smentito le indiscrezioni stampa su una disponibilità israeliana a limitare l'espansione degli insediamenti. «Voglio precisare - ha detto - che in quelle informazioni ci sono molti elementi non corretti. Posso confermare che i nostri colloqui con la Casa Bianca proseguono e spero si concluderanno presto». Comunque andranno a finire i negoziati, i coloni israeliani nei Territori occupati esultano e brindano alla fine dell'idea di uno Stato palestinese accanto a quello ebraico.

DAI dati del ministero dell'interno aggiornati al 1 gennaio 2017, resi noti domenica dall'ex parlamentare e fondatore del movimento dei coloni Yaakov Katz, in Cisgiordania sono insediati 420,899 israeliani. Nel 2016 erano 406,332. L'aumento dal 2012, quando i coloni erano 342,414, è stato del 23%. Questo dato non comprende gli israeliani, oltre 200mila, residenti negli insediamenti costruiti nel settore palestinese (Est) di Gerusalemme, occupato durante la Guerra dei sei giorni del 1967. I coloni perciò invitano a prendere atto di questa realtà che, dicono, ha messo fine per sempre alla soluzione dei Due Stati, Israele e Palestina. «Il numero degli ebrei che vivono oggi in Giudea e Samaria (la Cisgiordania, ndr) la dice lunga — spiega Katz - I fatti sul terreno in questa regione sono irreversibili e rendono obsoleta l'idea dei Due Stati...Qualsiasi cosa diranno o penseranno Angela Merkel, Trump o qualcun altro, (quella soluzione) appartiene al passato e non al futuro». Un punto che fa sempre più breccia anche tra le colombe di centrosinistra (non solo in Israele) che poco alla volta, senza darlo a vedere, passano nell'altro campo, a destra.

L'AGENZIA STAMPA della destra religiosa israeliana Arutz 7 ieri ricordava che a fare i conti con la "realtà" delle colonie è stato anche il noto romanziere Abraham B.Yehoshua sostenitore per anni dei Due Stati. "Questa soluzione non è più possibile — proclamò lo scorso dicembre Yehoshua ai microfoni di Kol Israel, la radio pubblica - Ho creduto nei Due Stati per 50 anni, ho combattuto per essa...come intellettuale devo affrontare la realtà e non illudermi, devo domandarmi se questa soluzione è davvero possibile. Interiorizziamo che è impossibile deportare 450.000 coloni, non accadrà, in nessun caso. Possiamo dividere Gerusalemme? E il momento di cominciare a pensare di soluzioni alternative».

QUALI SIANO le "alternative" Yehoshua non lo precisò. Anche lo scrittore israeliano, considerato un pacifista all'estero, pensa che la soluzione sia lo status quo, ossia colonizzazione e occupazione militare? In quel caso non sarebbe diverso da Donald Trump che il mese scorso, durante l'incontro con Netanyahu alla Casa Bianca, tra un sorriso e una battuta aveva evocato altre possibilità oltre quella dei Due Stati, senza però indicarne alcuna. A questo punto è irrilevante che esponenti occidentali, come ha fatto ieri l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Ue, Federica Mogherini, riaffermi l'impegno dell'Ue per lo Stato di Palestina e contro l'illegalità degli insediamenti israeliani Tanto la colonizzazione nessuno la ferma e lo Stato palestinese sovrano non potrà esistere.

PRESTO IL GOVERNO israeliano e la destra, laica e religiosa, potrebbero festeggiare un altro traguardo di eccezionale importanza. Parlando di fronte alle centinaia di delegati, tra i quali non pochi coloni israeliani, alla conferenza annuale dell'Aipac (il più importante gruppo di pressione americano a sostegno di Israele), il vice presidente americano Mike Pence l'altra sera ha affermato che Trump sta considerando seriamente la possibilità di trasferire l'ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme, proprio come aveva annunciato durante la campagna elettorale.

SULLO SFONDO la tensione nei Territori occupati, in queste ultime ore di nuovo lungo le linee tra Gaza e Israele. Il movimento islamico Hamas ripete che vendicherà l'assassinio di venerdì scorso a Gaza city di uno dei suoi comandanti militari, Mazen Faqha. Che attribuisce a Israele. Tel Aviv da parte sua non conferma e non smentisce. Gli indizi in effetti indicano la pista israeliana. Il killer (forse due) ha agito con grande professionalità. Ha atteso Faqha per ore nel garage della sua casa e mentre l'esponente di Hamas parcheggiava l'auto gli ha sparato quattro colpi alla testa con una pistola col silenziatore. Poi con calma si è dileguato. Gli investigatori di Hamas avevano parlato di un collaborazionista di Israele, poi si è fatta strada l'ipotesi di un agente dei servizi segreti israeliani scappato da Gaza forse via mare.

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