Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Israele: rivoluzione nelle forze armate Analisi di Piero Di Nepi
Testata: Shalom Data: 04 marzo 2017 Pagina: 12 Autore: Piero Di Nepi Titolo: «La rivoluzione degli armamenti»
Riprendiamo da SHALOM Febbraio 2017, a pag.12, con il titolo "La rivoluzione degli armamenti " l'analisi di Piero Di Nepi
a sin. Piero Di Nepi
La capacità umana di progettare armamenti risulta illimitata, come dimostra lo scimmione che nella scena iniziale di Odissea nello spazio di Stanley Kubrick lancia in aria l’osso. Si trasformerà in stazione spaziale. La bomba H avrebbe potuto aprire la via alla fusione nucleare controllata. Però esistono almeno 30.000 cariche termonucleari pronte all’uso, mentre antiquate centrali a fissione si vanno guastando una dopo l’altra, con rischi incalcolabili. Il rischio più grave, terremoti e tsunami a parte, viene ormai individuato nell’attacco terroristico che renderebbe insignificante - al confronto - il disastro di Chernobyl del 1986. L’attacco che preoccupa di più non verrebbe né dal cielo né dal camion-bomba, bensì da intrusioni nei sistemi informatici che regolano tutti i meccanismi. Il cyber-warfare risulta qualcosa di molto diverso dal banale hackeraggio destinato a sottrarvi il numero della carta di credito. Può togliervi all’improvviso acqua, luce e riscaldamenti, aprire le dighe, bloccare i treni e gli aeroporti, paralizzare intere città. E’ un’arma totale che garantisce ormai un nuovo equilibrio del terrore. Anche per questo motivo l’intervento informatico made in Russia per influenzare le presidenziali USA appare poco credibile. L’unica certezza è che le armi difficilmente si trasformano in strumenti di reale progresso, date le condizioni politiche in cui si muove oggi la società umana. Non a caso i militari preferiscono la locuzione “sistemi d’arma”, dal tono asettico. Nei centri di studi strategici, la geopolitica resta il piatto forte. Si pianificano scenari di attacco e condizioni efficaci di difesa. O meglio, contenimento del rischio e dei danni. Così con l’aiuto delle tecnologie più evolute si studiano armamenti che possano rivoluzionare a proprio vantaggio la situazione operativa sul campo di battaglia. I generali di Putin non hanno certo rivelato pubblicamente tutti i mezzi dei quali si sono serviti per stabilizzare e consolidare i fronti interni della spietata guerra civile siriana, fino a portare le parti in causa alle trattative di Astana. Attualmente le forze, gli interessi e le ideologie - tra le quali quella incontrollabile del terrore jihadista a diffusione planetaria di Daesh/Isis - si scontrano in guerre asimmetriche, nelle quali eserciti e forze di polizia di stati consolidati e istituzionalmente costituiti devono fronteggiare le più svariate forme di guerriglia, perfino individuale. Al di là di ogni facile illusione, si tratta di cellule bene armate e perfettamente addestrate, con mezzi finanziari anche ingenti. Se ne teme l’escalation mirata all’uso dei gas tossici, delle scorie radioattive, dei virus e dei batteri. L’uso di questi strumenti di attacco è naturalmente limitato dalla possibilità di ritorsione totale sia contro i terroristi che contro i loro sponsor. La guerra asimmetrica resta per il momento a bassa intensità. Quasi a compensare i rischi, le nuove armi dei paesi tecnologicamente più avanzati danno prova di efficacia in Irak e in Afghanistan, dove si cerca di limitare l’uso indiscriminato dei droni, che provoca vittime tra civili incolpevoli e indifesi. Si tratta soprattutto di attrezzature per i soldati sul terreno e per i mezzi blindati e cingolati: nuove leghe metalliche più resistenti, sistemi praticamente infallibili di individuazione del bersaglio, corazzature attive che esplodono verso l’esterno prima dell’impatto con l’armamento controcarro. Ma la fanteria deve anche tenere e controllare le posizioni avversarie dopo che aviazione e artiglierie le abbiano rese praticabili. Questa la missione più difficile, nell’epoca dei kamikaze drogati non solo dall’ideologia ma anche da sostanze che abbattono l’istinto di conservazione e condizionano la volontà. Per i soldati, boots on the ground - gli scarponi sul terreno - entro il 2030 saranno sostituiti da exoskeleton, l’armatura individuale informatizzata che acquisisce dati in tempo reale e li trasmette a tutti i reparti combattenti. Nel frattempo l’industria bellica tradizionale resta il business più appetibile. Le armi vanno continuamente rimpiazzate, le distruzioni provocate da ogni guerra aprono la strada a lucrose ricostruzioni. E ancora si vendono alle amministrazioni iperbolici progetti. La mania dell’invisibile (stealth, come il costoso F35) dopo i generali d’aviazione contagia anche la marina degli Stati Uniti. Così US Navy aveva ordinato 32 incrociatori invisibili ai radar, classe Zumwalt, da 15.000 tonnellate. Costano ciascuno 7,5 miliardi di dollari, praticamente il triplo di un sottomarino nucleare classe Virginia. Il progetto si fermerà a 3 unità. Gli ammiragli di altre marine ancora sorridono, con qualche ragione. Pare infatti difficile rendere invisibile una nave lunga 180 metri che dovesse navigare al largo di Fiumicino.
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