Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Gli autori degli attacchi hanno molti benefici finanziari pagati dall’Autorità Palestinese e Il terrorismo palestinese ha vasti consensi sulla stampa. Per una parte dell’opinione pubblica occidentale, i palestinesi che colpiscono in modo indiscriminato i civili israeliani, sono degli eroi. Dopo ogni attacco, i media spesso evidenziano la frustrazione e la disperazione che spingono “giovani” coraggiosi a fare qualcosa. Quindi è ispirandosi ai sentimenti più nobili e rivendicando un Dio Onnipotente che loro attaccano a caso uomini, donne, anziani e bambini. A volte vengono messi a confronto con gli eroi della resistenza francese o di altri Paesi, pronti a morire per combattere l’oppressore.
Un’analogia decisamente scandalosa. Perché un mondo separa i patrioti dai terroristi. I primi non attaccavano donne e bambini; sapevano anche che in caso di cattura, li avrebbero attesi la tortura, la deportazione e la morte. Un destino terribile, a cui talvolta erano esposte anche le loro famiglie. Il terrorista palestinese invece, una volta catturato, se ferito ha diritto alle cure mediche più avanzate; condannato, si troverà con dei compagni in carceri dove potrà seguire la televisione, studiare e aver diritto alle visite dei famigliari. Potrà anche migliorare la sua vita quotidiana attraverso lo spaccio alimentare interno, perché ne ha i mezzi: l’Autorità Palestinese ha approvato una legge speciale per determinare i “benefici” da fornire ai suoi “martiri”. Viene loro pagato uno stipendio mensile a seconda della durata della pena; più questa è lunga, più alta è la paga. Dato che di solito la sentenza è inflitta in funzione della gravità degli atti commessi, ne consegue che i salari crescono di pari passo con la mostruosità del delitto.
Dato il numero di terroristi in carcere, il loro finanziamenti è una voce che pesa sul bilancio dell’ANP. Per fortuna, l’aiuto fornito dai Paesi occidentali, così generosi, e dal rispettabile numero di organizzazioni non governative, è sempre disponibile per integrare quel bilancio. Ovviamente, in queste condizioni è difficile finanziare anche ospedali o sviluppare le infrastrutture locali, ma per l’Autorità Palestinese c'è una questione prioritaria, vale a dire l’impegno di aiutare direttamente le famiglie dei cindannati. Avere un marito, un figlio o un fratello in carcere, diventa quindi un reddito garantito, senza contare che il prigioniero dà alla sua famiglia una parte del suo stipendio – sapendo poi che un’altra legge impone alle autorità di trovargli un posto di lavoro o garantirgli una pensione al momento della sua liberazione. Se si pensa che nel 2016 il reddito mensile di questi carcerati è stato cinque volte il salario degli operai nell’ANP, ci si potrebbe domandare se , qualche volta, uno o una “giovane”, constatando la miseria in cui vivono i suoi famigliari, non abbia deciso di sacrificarsi per loro e commettere un atto terroristico, non in nome di un ideale, ma semplicemente per migliorare la vita quotidiana dei suoi parenti. Va da sé che, se l’ “eroe” o l’ “eroina” muore sotto le pallottole dei soldati israeliani, i suoi parenti in lutto beneficeranno di una rendita a vita.