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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio Rassegna Stampa
08.09.2016 'Tweet ateo': duemila frustate in Arabia Saudita. Ma il Foglio assolve l'oscurantismo cattolico
Due casi diversi, entrambi da condannare

Testata: Il Foglio
Data: 08 settembre 2016
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: «Duemila frustate per un tweet ateo»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 08/09/2016, a pag. 3, l'editoriale "Duemila frustate per un tweet ateo".

"I nostri coraggiosi atei militanti dovrebbero uscire dall’ossessione per il cosiddetto “oscurantismo cattolico” e dare uno sguardo a quanto accade loro nelle teocrazie islamiche", conclude il Foglio. Ma la condanna di un regime medievale come quello dell'Arabia Saudita, fondato sulla lettera del Corano, non può far dimenticare l'oscurantismo cattolico, ancora ben presente in Italia, e di cui il Foglio stesso è un esponente. Certo, non paragonabile, noi abbiamo avuto la Breccia di Porta Pia, l'islam no.

Ecco l'articolo:

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Frustate pubbliche: una pena diffusa in Arabia Saudita contro l'ateismo

L’International Humanist and Ethical Union, l’associazione che raggruppa centoventi organizzazioni “atee, razionaliste e umaniste” in oltre quaranta nazioni, tempo fa ha pubblicato la sua “watch list” per denunciare i paesi che perseguitano i “senza dio”. In classifica svettano sette paesi islamici, Afghanistan, Iran, Maldive, Mauritania, Pakistan, Arabia Saudita e Sudan, dove gli atei rischiano la morte. In Arabia Saudita un ragazzo è stato appena condannato a dieci anni di carcere e a duemila frustate per aver twittato di essere ateo. Il reo ventottenne si è rifiutato di pentirsi, insistendo che quello che ha scritto rifletteva le sue convinzioni e che aveva il diritto di esprimerle.

Il defunto re Abdullah dell’Arabia Saudita aveva introdotto leggi che definiscono gli atei come dei terroristi, punendo “il pensiero ateo in qualunque forma, per la messa in discussione dei fondamenti della religione islamica, che è la base di questo paese”. E la polizia religiosa del regno islamico, che monitora i social network, ha già punito 600 tweet che negano l’esistenza di Allah e irridono i versetti coranici. Accade in Arabia Saudita, che lo scrittore algerino Kamel Daoud ha emblematicamente definito “uno Stato islamico che ce l’ha fatta”. Ma accade anche in un partner strategico “moderato” per l’Europa come la Turchia, dove Bulent Kenes, ex caporedattore del quotidiano turco Zaman, è stato condannato a due anni di carcere per aver “insultato” il presidente Recep Tayyip Erdogan in una serie di tweet. I nostri coraggiosi atei militanti dovrebbero uscire dall’ossessione per il cosiddetto “oscurantismo cattolico” e dare uno sguardo a quanto accade loro nelle teocrazie islamiche.

Per inviare la propria opinione al Foglio, telefonare 06/589090, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@ilfoglio.it

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