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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
21.04.2016 Siria: la Russia ha provocato soltanto disastri, ed è alleata degli ayatollah che vogliono la fine di Israele
Commento di Lorenzo Cremonesi

Testata: Corriere della Sera
Data: 21 aprile 2016
Pagina: 25
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: «Non funziona la ricetta russa, in Siria infuria una guerra civile»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 21/04/2016, a pag. 25, con il titolo "Non funziona la ricetta russa, in Siria infuria una guerra civile", il commento di Lorenzo Cremonesi.

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Lorenzo Cremonesi

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Vladimi Putin stringe la mano con il macellaio Assad: entrambi sono alleati dell'Iran

Fine del cessate il fuoco e paralisi, se non fallimento totale, dei negoziati a Ginevra tra fronte delle milizie ribelli e regime di Bashar Assad: la Siria ripiomba nell’incubo della guerra senza prospettive di uscita. Gli sviluppi drammatici degli ultimi giorni sul terreno e al tavolo della diplomazia paiono soprattutto indebolire le fondamenta della strategia di Vladimir Putin in Medio Oriente. Poco più di due mesi fa pareva il grande vincitore, il condottiero senza paura che, prima intervenendo militarmente al fianco di Assad e poi spingendo per il negoziato da una posizione di forza, poteva porre fine a cinque anni di scontro fratricida e addirittura sferrare l’attacco finale contro Isis.

La scelta di annunciare unilateralmente il cessate il fuoco a partire dal 27 febbraio, seguita dalla cacciata di Isis da Palmira e due settimane fa la ripresa dei negoziati sotto l’egida dell’Onu, sembrava davvero vincente. Ma la situazione si è fatta sempre più complicata. Assad e il suo regime sono più aggressivi che mai. Non esitano a riprendere la strategia degli attacchi indiscriminati contro la popolazione nelle zone controllate dai ribelli. Da qui il risentimento delle controparti esploso a Ginevra. Intanto Stati Uniti, Arabia Saudita e Paesi del Golfo hanno ripreso a sostenere massicciamente quelle stesse milizie sunnite «moderate» (ovvero che, almeno a parole, non hanno alcun rapporto con Isis e i qaedisti di Al Nusra) che oggi abbandonano la città svizzera. Risultato: il cessate il fuoco è progressivamente decaduto. La classica ultima goccia che fa traboccare il vaso sono stati i bombardamenti dell’aviazione di Damasco martedì sui villaggi a sud di Aleppo e presso Idlib, dove si conterebbero oltre 60 morti, per lo più civili che andavano al mercato.

Lasciando Ginevra i rappresentanti dell’opposizione siriana hanno accusato il regime di «seppellire» la tregua. Dura la replica di Bashar Ja’afari, ambasciatore del governo siriano all’Onu e capo negoziatore, che li definisce «politicamente immaturi» e «ostacolo maggiore alla pace», sino a gioire per la loro partenza. Ben poco lascia dunque presagire vi sia spazio a breve periodo per un rilancio del negoziato. Con un’osservazione ulteriore: se la guerra a Isis resta l’obbiettivo centrale del mondo occidentale, gli attori mediorientali mostrano avere altre priorità.

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