venerdi 20 giugno 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



Clicca qui






Informazione Corretta Rassegna Stampa
18.04.2016 IC7 - Il commento di Giacomo Kahn: L’Italia (a volte quando è costretta) scopre che i Paesi islamici non sono democrazie
Dal 10 al 16 aprile 2016

Testata: Informazione Corretta
Data: 18 aprile 2016
Pagina: 1
Autore: Giacomo Kahn
Titolo: «IC7 - Il commento di Giacomo Kahn: L’Italia (a volte quando è costretta) scopre che i Paesi islamici non sono democrazie»

IC7 - Il commento di Giacomo Kahn
Dal 10 al 16 aprile 2016

L’Italia (a volte quando è costretta) scopre che i Paesi islamici non sono democrazie

Immagine correlata
Giulio Regeni, ucciso in Egitto, al Cairo

Nel corso della scorsa settimana i temi di politica estera che hanno monopolizzato l’attenzione della stampa italiana sono stati fondamentalmente due: le vicende del giovane ricercatore Giulio Regeni, torturato e massacrato al Cairo, e la visita ufficiale di Matteo Renzi che ha guidato una delegazione di oltre 100 imprenditori e manager a Teheran. I due episodi riportano al centro dei commenti il ruolo che il nostro Paese sta cercando di ritargliarsi all’interno dell’area mediorientale, attraversata in questo momento storico da una nuova forma di terrorismo – quello del Califfato - che minaccia l’occidente ma che è un problema anche per il mondo islamico, dove sono all’ordine del giorno i massacri tra sciiti e sunniti.

Il modo in cui l’Italia sta seguendo il caso Regeni, e le nuove relazioni politico-economiche che la diplomazia italiana sta costruendo con l’Iran, non possono non suscitare alcune considerazioni di carattere generale e lasciare lo spazio anche a qualche perplessità. Contemporaneamente, infatti, il governo italiano è apparso da un lato fermo e risoluto nel pretendere – giustamente – che sul caso Regeni le autorità egiziane forniscano senza reticenze tutte le informazioni e i materiali utili alle indagini. E in questa legittima pretesa di chiarezza Roma ha avvertito che le relazioni Italia-Egitto potranno deteriorarsi, fino a inserire il Cairo nella black-list dei paesi sconsigliati ai turisti italiani, oltre ad una serie di ulteriori misure che potranno progressivamente essere adottate riducendo il partnerariato tra i due Paesi. Le relazioni bilaterali sono quindi oggi appese al filo della prova che il Cairo dovrà fornire che l’uccisione di Regeni non sia stato un omicidio di Stato, rispetto al quale sono state violate tutte le regole e i diritti dell’uomo che vietano la tortura e l’ingiusta detenzione.

Immagine correlata
Iran: il paese con il maggior numero di esecuzioni capitali dopo la Cina

Ma è proprio sulla difesa dei diritti dell’uomo che la politica estera del governo italiano appare francamente contraddittoria. La nostra diplomazia – prima, tra tutte quelle europee – ha accelerato i tempi per fare affari con Teheran, chiudendo gli occhi sulle violazioni dei diritti umani (torture, mutilazioni, rapimenti, assassini, uso smodato della pena di morte, diminuzione delle libertà personali, ecc.) commesse a Teheran, ma che sono però le stesse commesse al Cairo e in tanti altri Paesi islamici contro dissidenti e intellettuali.

Fare affari con le dittature – e tutti i Paesi islamici hanno forme di governo che non possono essere chiamate ‘democrazie’ – non può essere considerato un peccato, ma questo non dovrebbe consentire di dimenticare quale è il genere di interlocutore con il quale si sceglie di stringere la mano. A Teheran, Renzi e tutta la delegazione italiana sembrano essersene dimenticati e questo nonostante un appello (pubblicato prima del viaggio su l’Unità, quotidiano ufficiale del Partito democratico, primi firmatari Roberto Saviano, Susanna Tamaro, Raffaele La Capria, Sandro Veronesi) in cui, si invitava il governo italiano a denunciare “l’allarmante uso della pena di morte”, la “persecuzione delle minoranze sessuali”, la “discriminazione legale nei confronti della donna” e “gli arresti di attivisti per i diritti umani e oppositori politici”, anche “l’invocazione alla distruzione dello Stato d’Israele e il negazionismo della Shoah”.

Di tutto questo non se ne è parlato, né quando Renzi a Roma – due mesi fa - ha incontrato il presidente iraniano Rohani, né quando a Teheran i due si sono incontrati nuovamente. Pecunia non olet, i soldi non hanno odore, dicevano i latini. Oggi, parafrasando si può dire: il business non conosce le ragioni dell’uomo ma solo quelle del portafoglio. Per tali diritti vanno difesi, ma dipende dall’interlocutore, da quanti soldi mette sul tavolo e a quale latitudine esso vive.

Immagine correlata
Giacomo Kahn, direttore di Shalom


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT