Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Anche l'Algeria è sull'orlo del baratro Commento di Lorenzo Cremonesi
Testata: Corriere della Sera Data: 16 gennaio 2016 Pagina: 30 Autore: Lorenzo Cremonesi Titolo: «Algeria in crisi, Bouteflika assente: la svolta democratica sempre più necessaria»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 16/01/2016, a pag. 30, con il titolo "Algeria in crisi, Bouteflika assente: la svolta democratica sempre più necessaria", il commento di Lorenzo Cremonesi.
Lorenzo Cremonesi
Abdelaziz Bouteflika, presidente in Algeria dal 1999
C’ è una seconda Libia potenzialmente in grado di implodere sulla sponda meridionale del Mediterraneo: l’Algeria. Se ciò avvenisse, le conseguenze sarebbero gravissime per noi europei e italiani in particolare. Tradizionalmente il nostro Paese importa circa un terzo del suo fabbisogno energetico dai terminali algerini. Ma la minaccia maggiore restano il fondamentalismo islamico e le milizie di Isis pronte ad espandersi nella lunga serie di «Stati falliti» di cui è ormai cosparso il Medio Oriente. La causa centrale della crisi si riassume in un nome: Abdelaziz Bouteflika, il 78enne presidente eletto nel 1999 e confermato nel 2014 per il quarto mandato. Un leader malato, ha sofferto almeno due infarti negli ultimi tempi, isolato, che non appare mai in pubblico, non riceve dignitari stranieri. Una sorta di imperatore ombra, di cui non è neppure possibile capire se sia in grado di governare.
Il Financial Times riporta del recente fallito incontro con un gruppo di suoi fedelissimi, che in una lettera pubblica denunciano la presenza al palazzo presidenziale di personaggi oscuri dell’establishment, i quali in modo «illegale e illegittimo» starebbero gestendo gli affari dello Stato in nome di Bouteflika. Ma il problema è che adesso il Paese deve fronteggiare sfide vitali: la caduta del prezzo del greggio ha ridotto le entrate da 70 miliardi di dollari nel 2012 ai 26 previsti per il 2016. Ciò si traduce in aumento dei prezzi di beni e servizi pubblici, incapacità di pagare i salari statali e dunque crescita del malcontento popolare. Una mina che va subito disinnescata. Le micce della rivolta sono pronte. Nel 2011 la popolazione non si unì alle «primavere arabe» perché memore dei circa 250.000 morti nel caos degli anni Novanta e della minaccia islamica. Ma ora quel deterrente è debole. Bouteflika dovrebbe dunque dimettersi e promuovere al più presto la successione democratica in nome della stabilità. Non possiamo più attendere.
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