Non facciamoci illusioni
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Lo stato islamico dell'Iran è come l'Isis. Solo, molto più grande
Cari amici,
bisogna fare attenzione. La politica è una cosa complessa, non tutto è come appare. Soprattutto non vi sono soluzioni semplici. Dopo gli attentati terroristici di Parigi, si è diffusa un'idea semplicistica del problema, che si può riassumere così: quell'atto terroristico è dell'Isis, che ha firmato anche l'attentato di Berut e l'abbattimento dell'aereo russo in Sinai. L'Isis (sempre più spesso chiamato con la sigla araba Daesh, per rendere più oscuro il suo nome che però sia in arabo sia in inglese significa Stato ISLAMICO della Siria e del Levante) “è il demonio” (così Obama). Dunque basterebbe che tutte le forze “di buona volontà” (la Russia, gli Usa, l'Europa, l'Iran, Assad, magari anche la Turchia, l'Arabia Saudita e gli stati del Golfo, che con lo Stato islamico hanno flirtato, chi più (Turchia, Qatar) chi meno (Arabia, Kuwait), per distruggere il maligno e rimettere le cose a posto. Poi gli altri conflitti si aggiusteranno, a partire da quello con Israele, dove la forza della “comunità internazionale” farà nascere il tanto desiderato stato palestinese, che sarà naturalmente simpatico, pacifico, democratico e anche molto carino.
Bello schema, simpatico, ottimista, propagandato da tutti i media. Peccato solo che non funzioni, che sia ingenuo e infantile. In politica il demonio non esiste. Quando lo giudichiamo moralmente, certamente dobbiamo dire che lo Stato Islamico è malvagio e ostenta di esserlo; ma quando ne valutiamo il senso politico, dobbiamo capire perché esso esponga la sua faccia maligna e che cosa ciò significhi. In primo luogo l'IS è diventato una forza politica negli ultimi tre anni, quando cioè Obama ha deciso di abbandonare la presenza americana in Iraq e di lasciarlo in mano agli sciiti, con il cui potere forte, l'Iran, ha cercato di allearsi (ma è stata un'alleanza unilaterale, Obama aiuta l'Iran, che si fa i cavoli suoi e considera ancora gli Usa come il “grande Satana” e non ha interrotto il legame con la Russia). E' questo vuoto di potere e quest'alleanza unilaterale che ha creato l'Isis: reazione araba e sunnita all'espansionismo sciita. Le atrocità dello Stato Islamico, che corrispondono alla lettera dei modelli coranici, sono fatte un po' per terrorizzare l'Occidente, ma soprattutto per reclutare forze e conquistare prestigio nel mondo sunnita.
Insomma, il dato dominante è il riaccendersi della guerra civile, la “fitna” come dicono loro, nel mondo islamico. E' un conflitto millenario (dalle lotte fra faraoni e Impero Persiano a quello fra sciiti e sunniti nelle generazioni immediatamente successive a Maometto) che si era congelato da qualche secolo intorno alla frontiera fra Impero Ottomano e Persia, che è rimasto fermo fino al conflitto fra Saddam Hussein e Khomeini (in cui gli Usa erano dalla parte di Saddam) e che Obama ha riaperto, alleandosi però con l'Iran. Quelli che immaginano un Iran dalla parte della pace, unico avversario dell'Isis, ignorano completamente l'imperialismo persiano, che oggi è appoggiato da tutte le superpotenze. Quanto più il mondo occidentale aiuterà i persiani a costruire un'egemonia dall'Afghanistan al Libano, dal Caucaso allo Yemen, tanto più si troverà davanti un'opposizione implacabile del mondo sunnita. E' un'alleanza che provocherà probabilmente non la distruzione dell'Isis, ma la sua estensione alla maggioranza dell'Islam (che è all'80% sunnita).
Tutti vantano poi l'attivismo russo e lo contrappongono alle penose incertezze di Obama. E' un altro errore. Certamente è vero che Obama esprime una politica di ritirata dell'Occidente e Putin un tentativo di rivincita della Russia. Ma proprio per questo i due seguono la stessa strada. C'è un'ammirazione che è difficile capire oggi per le pose mussoliniane di Putin, il suo farsi fotografare a torso nudo, come cavaliere palombaro judoka e quant'altro (che era esattamente il culto della personalità di Benito). Ma la sua guerra all'Isis è fatta solo di bombardamenti come quella americana, e ha altrettanto poco successo (https://www.washingtonpost.com/world/middle_east/russias-syria-intervention-making-little-progress-on-the-ground/2015/11/14/392831c7-b3fc-4aa9-8dc8-7c94b867ed3e_story.html).
La marcia degli ayatollah, prossimi ormai al nucleare
L'alleanza con l'Iran è la stessa, con la differenza che Putin che l'ha ereditata dal passato la esercita armando gli ayatollah, e Obama vorrebbe averla, lasciando che gli ayatollah si armino. Il problema sarebbe contrastare questa politica, contenere l'Iran, impedirgli di dominare la Siria e l'Iraq come vorrebbe. Solo a queste condizioni, di un equilibrio ricostituito fra sciiti sunniti, sarà possibile distruggere le organizzazioni terroriste. E' ovvio interesse dell'Occidente che nessuna delle due parti prevalga con una vittoria decisiva, che nessuna delle due abbia un'egemonia chiara. Bisognerebbe dunque appoggiare anche militarmente la parte volta volta più debole, come la Gran Bretagna ha fatto per secoli in Europa. Ma queste sono politiche troppo lungimiranti per l'ideologica dirigenza americana e probabilmente anche per il suo elettorato, che è stato formato alla scuola micidiale dell'idiozia politicamente corretta e del senso di colpa “postcoloniale”.
Come vedete non ho parlato di Israele, i cui interessi strategici però coincidono con quelli dell'Occidente. E' Israele ancora una volta ad avvertire che il pericolo vero non viene dall'Isis, militarmente assai più debole di quel che sembra, senza base industriale e povero di popolazione e di coscritti, limitato a uno spazio geografico che a noi sembra grande ma è appena una provincia del Medio Oriente; ma dall'Iran (http://www.rightsreporter.org/attacchi-di-parigi-fanno-perdere-di-vista-vero-pericolo-iran/), che grazie a Obama è sull'orlo dell'arma atomica, ha missili intercontinentali, una tecnologia moderna, molti fondi che vengono dal denaro, una popolazione numerosa e organizzata, uno spazio geopolitico immenso, alleati solidi. Speriamo che l'Occidente se ne accorga, che capisca che l'uso dell'etichetta Isis nel suo territorio è solo una forma propagandistica, se volete un franchising. Il terrorismo nei nostri stati c'era ben prima della fondazione dello stato islamico (Madrid 2004, Londra 2005) e spesso è stato alimentato da Hezbollah, che è un satellite dell'Iran (Buenos Aires 1994, Burgas 2012). Una volta si chiamava Al Qaeda, oggi Isis, in futuro chissà. La chiave per fermarlo non sta in Medio Oriente, ma da noi: blocco dell'immigrazione, chiusura delle moschee estremiste, ripresa del controllo sui quartieri islamizzati, procedure scolastiche di integrazione, liberazione delle donne oppresse. Di nuovo, speriamo che l'Europa se ne accorga prima che sia troppo tardi.
Ugo Volli