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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
04.06.2015 Reclusa in camera a Gaza: non c'è libertà nel regime di Hamas
La fotografa Nidaa Bardawi intervistata da Davide Frattini

Testata: Corriere della Sera
Data: 04 giugno 2015
Pagina: 21
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Gaza, la stanza chiusa»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 04/06/2015, a pag. 21, con il titolo "Gaza, la stanza chiusa", l'intervista di Davide Frattini a Nidaa Badwan, fotografa di Gaza.

L'articolo di Davide Frattini chiarisce quanto le libertà e i diritti umani vengano calpestati a Gaza da parte dei terroristi di Hamas. I "pacifinti" occidentali, però, ignorano il dramma della popolazione di Gaza oppressa dai terroristi e, per puro antisemitismo, prendono di mira l'unico Paese del Medio Oriente dove tutti i cittadini godono di uguali diritti, Israele.

Ecco l'articolo:

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Davide Frattini

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Nidaa Badwan in un suo autoritratto fotografico

Il 19 novembre del 2013 Nidaa Badwan ha chiuso la porta della camera e non è più uscita per quattordici mesi. Il giorno prima i miliziani di Hamas l’avevano fermata mentre aiutava un gruppo di giovani a preparare una mostra. «Perché porti quei pantaloni larghi? Devi indossare il velo non quello cappello colorato di lana. Sei strana, chi sei?». «Un’artista». «Che vuol dire? Che cos’è un’artista e soprattutto che cos’è un’artista donna?».

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La stanza dell’isolamento, della prigionia autoimposta, è piccola nove metri quadrati, una sola finestra, una lampadina appesa ai fili elettrici. Le pareti sono colorate: adesso una è blu-verde oceano, quella di fronte coperta con un arcobaleno di cartoni per le uova. Cambiano come cambia l’ispirazione di Nidaa e soprattutto la luce naturale. «A volte devo aspettare ore per trovare i contrasti che sto immaginando», racconta. A quel punto lo sfondo è già allestito: strumenti musicali (un oud, una chitarra rotta), una vecchia macchina per scrivere, una cucitrice, gomitoli di lana, una scala di legno da imbianchino. Nidaa indossa il costume, risistema l’inquadratura e scatta: autoritratti dove il volto quasi non si riconosce, composizioni che a Marion Slitine, specialista francese di arte contemporanea palestinese, ricordano «le nature morte di Jean-Baptiste-Siméon Chardin, i chiaroscuri di Caravaggio, le scene teatralizzate di Jacques-Louis David».

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Per Nidaa sono le uniche scene che vuole vedere. Non ha lasciato la stanza neppure durante i cinquanta giorni di guerra tra Israele e Hamas l’estate scorsa. La famiglia è scappata da questo villaggio nella parte centrale della Striscia e si è rifugiata verso la città di Gaza. La ragazza, 28 anni, è rimasta sotto i bombardamenti. L’opera realizzata in quelle settimane la mostra mentre si rovescia in testa un secchio pieno d’acqua e vernice rossa, un macabro «ice bucket challenge» per raccontare il sangue attorno a sé.


lettere@corriere.it

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