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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa Rassegna Stampa
23.04.2015 L'Occidente non ha difeso i Fratelli Musulmani: allora comincia a capire ?
Analisi di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 23 aprile 2015
Pagina: 13
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Morsi, 'la speranza democratica' dimenticata subito dall'Occidente»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 23/04/2015, a pag. 13, con il titolo "Morsi, 'la speranza democratica' dimenticata subito dall'Occidente", l'analisi di Maurizio Molinari.


Maurizio Molinari e il suo recente libro "Il Califfato del terrore"


La cancelliera tedesca Angela Merkel aveva ricevuto nel 2013 a Berlino  Morsi, come tutti gli altri leader

Timide frasi da Washington, silenzio dalle capitali europee con la Commissione di Bruxelles a sottolineare che «non cambierà nulla»: la reazione delle democrazie occidentali alla condanna di Mohammed Morsi, ex presidente egiziano, a 20 anni di prigione indica la conferma del «crescente distacco dai diritti umani» che un recente rapporto delle ong sulle «atrocità siriane» ha imputato all’intero Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

Primavere arabe
Nel 2011 Usa e Ue facevano a gara nel sostenere le «primavere arabe» iniziate in Tunisia, esprimendo un sostegno per le rivolte che portò l’amministrazione Obama a far cadere il Raiss egiziano Mubarak, la Francia di Sarkozy a spingere la Nato all’intervento in Libia per deporre Gheddafi e l’Occidente a compattarsi per imporre le riforme ad Ali Saleh in Yemen e rimproverare all’Arabia Saudita l’intervento in Bahrein contro i manifestanti. Quattro anni dopo quello slancio interventista, che portò Obama ad aprire ai Fratelli Musulmani credendo nell’«Islam politico» di Turchia e Qatar, è azzerato dal timore dilagante per terrorismo e instabilità, fino al punto da far rimpiangere i deposti dittatori, a cominciare da Gheddafi. È Amman il luogo dove più si percepisce il cambiamento dell’Occidente. Nella capitale giordana, dove si susseguono le riunioni fra alleati su lotta all’Isis e sostegno ai profughi siriani, capita di ascoltare gli sfoghi di alti militari sull’«impossibilità di avere risultati concreti perché ci troviamo davanti ad un’area di crisi intrecciate dall’Afghanistan al Marocco come mai avvenuto».

Senza soluzioni
La sensazione di impotenza sui rimedi sommata alla cautela delle diplomazie, intimorite dal rischio di nuovi errori, spiega perché la Casa Bianca si è limitata ad un’espressione di «preoccupazione per la sentenza» su Morsi mentre Catherine Ray, portavoce della Commissione a Bruxelles, ha rotto il silenzio delle capitali nazionali per dice: «L’Ue continuerà ad avere forti relazioni con l’Egitto su molti argomenti». L’assenza di riferimenti, Usa e Ue, ai diritti umani ripropone in Egitto l’approccio alla Siria denunciato dal rapporto di 20 ong secondo cui «la carenza di impegno Onu sull’aiuto umanitario ai civili» nasce da «scarsa trazione politica» ovvero da mancanza di volontà e consenso popolare. Colpisce che, in tale cornice, l’unica nazione a criticare l’Egitto su Morsi sia stata la Turchia di Erdogan che, sostenitrice dei Fratelli Musulmani, sfrutta la situazione per consolidare il ruolo di protettrice degli islamici.
D’altra parte, a confermare i timori Ue di coinvolgimento nelle vicende interne arabe c’è la crisi Stoccolma-Riad: la scelta svedese di criticare i sauditi in pubblico sui diritti umani ha innescato una guerra diplomatica che porta la Lega Araba a rimproverare la capitale Ue per gli «insulti contro i valori islamici». Fino al punto da obbligare il re scandinavo a intervenire cercando una tregua.

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