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Luce nel buio del tunnel. Come gli ostaggi a Gaza celebravano Hanukkah 13/12/2025

Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.



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Forse Esther 05/01/2015

Forse Esther
Katja Petrowskaja
Traduzione Ada Vigliani
Adelphi euro 18,00

Un capolavoro come raramente se ne vedono nel panorama letterario. “Forse Esther”, volume che segna per l’autrice – la 44enne scrittrice ucraina Katja Petrowskaja – un commovente ritorno alle proprie radici attraverso drammi e complessità del Novecento, arriva nelle librerie italiane grazie alla casa editrice Adelphi, abile nel battere sul tempo i grandi editori americani e francesi.

Nel grande boulevard di carta che per il fiume dei visitatori della Buchmesse costituisce un passaggio quasi obbligato, l’editore Suhrkamp ne ha fatto una bandiera. Lei a Francoforte si è mostrata appena, come se quello che aveva da dire lo avesse già detto, come se la copertina del suo libro fosse più che sufficiente, come qualcuno che è troppo timido per affrontare l’assalto della folla, o forse ancora e maliziosamente come qualcuno che è troppo grande per aver bisogno di andare a caccia del suo pubblico. In ogni caso nessuno nasconde la consapevolezza di trovarsi di fronte a un nuovo miracolo della letteratura tedesca. Katja Petrowskaja, l’autrice di Forse Esther (che Adelphi riesce in queste ore a mandare nelle librerie italiane in una bella versione di Ada Vigliani battendo sul tempo i grandi editori americani e francesi che se ne sono assicurati i diritti), la piccola ebrea ucraina emigrata a Berlino una decina d’anni fa ha cominciato a studiare il tedesco a 26 anni. Anche se è nota la prodigiosa abilità di chi padroneggia le lingue slave nell’apprendere altre lingue, come ha fatto a sfornare scrivendo direttamente in tedesco quello che in pochi mesi sembra già avviato a divenire un classico della letteratura tedesca? Come ha fatto a stravincere in estate il premio Ingeborg Bachmann, il riconoscimento più prestigioso cui può puntare uno scrittore esordiente di lingua tedesca, assegnato a Klagenfurt, la città di Robert Musil, nel nome della stessa poetessa e scrittrice carinziana che visse e morì come una meteora nella Roma della Dolce vita? Il premio, fortemente voluto da Vienna, ma radicato nel polo austriaco di quell’angolo d’Europa, fra Carinzia, Slovenia e Friuli Venezia Giulia dove si toccano le anime latina, slava e germanica d’Europa, porta in realtà il segno di Marcel Reich-Ranicki, considerato il massimo critico letterario tedesco del Novecento. E il percorso della Petrowskaja è segnato da molti paralleli con quello del grande letterato e giornalista, scomparso nel 2013 e nume tutelare delle pagine culturali della Frankfurter Allgemeine Zeitung. Sopravvissuto della Shoah e combattente polacco del ghetto di Varsavia l’uno, emigrata ucraina di lingua madre russa discendente da famiglie ebraiche travolte dalle persecuzioni e le dittature l’altra. Destini di stranieri che si sono avvicinati all’estrema difficoltà della lingua tedesca fino a domarla tanto bene da divenirne un faro. Si chiamava davvero Esther quella bisnonna che, nella Kiev del 1941, chiese fiduciosa a due soldati tedeschi la strada per Babij Jar, la fossa comune degli ebrei, ricevendone come risposta un distratta rivoltellata? Forse. E dell’intera famiglia, dispersa fra Polonia, Russia e Austria, che cosa ne è stato? Il monolite sovietico conosceva l’avvenire, non la memoria. Per ricostruire quella ramificata genealogia, quel vivace intreccio di culture e di lingue – yiddish, polacco, ucraino, ebraico, russo, tedesco –, la Petrowskaja intraprende, sulle tracce degli scomparsi, un intenso viaggio a ritroso nella storia di un Novecento sul quale incombono la stella gialla e quella rossa, e in cui si incrociano i destini di figure indimenticabili: Rosa, la logopedista di Varsavia, che salva duecento bambini sopravvissuti all’assedio di Leningrado; il nonno ucraino, prigioniero di guerra a Mauthausen e riemerso da un gulag dopo decenni; il prozio Judas Stern, che spara a un diplomatico tedesco nella Mosca del 1932; il fratello Semën, il rivoluzionario di Odessa, che passando ai bolscevichi cambia in Petrovskij un cognome troppo ebraico… Ma indimenticabili protagonisti – avverte l’editore – sono anche i paesaggi: l’immane pianura russa invasa dai tedeschi e le città della vecchia Europa: Kiev, Mosca, Varsavia, Berlino. E i ghetti, i gulag e i lager nazisti. In questo romanzo vero, vibrante, venato di ironia – il migliore che la letteratura tedesca ci abbia dato dopo Austerlitz di Sebald – mondi inabissati risorgono vividi, rapinosi e più che mai contemporanei.

Pagine ebraiche




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