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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
10.09.2014 Il nuovo governo iracheno: l'offensiva contro lo Stato Islamico non può aspettare
Analisi di Lorenzo Cremonesi

Testata: Corriere della Sera
Data: 10 settembre 2014
Pagina: 13
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: «Un governo per sanare le divisioni»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/09/2014, a pag. 13, con il titolo "Un governo per sanare le divisioni", l'analisi di Lorenzo Cremonesi.


Lorenzo Cremonesi       Nouri al Maliki


Haider al Abadi, nuovo premier iracheno

Da Washington a Teheran, passando per l'Europa e larga parte dei vicini arabi: è molto ampio il consenso per il nuovo premier iracheno e per il suo governo di unità nazionale. Ampio, ma già gravato di richieste. Uno il ragionamento che lo sottintende: se è vero che il suo predecessore Nouri al Maliki è stato tra le ragioni prime del collasso iracheno, allora Haider al Abadi deve rappresentarne la soluzione. Tutti si attendono qualche cosa da lui e proprio in questa pletora variegata di aspettative si colgono le difficoltà a venire. Domanda primaria è che sconfigga finalmente i fanatici dello Stato islamico. Con l'aiuto degli Stati Uniti, ora ben contenti di non dover più trattare con Maliki, e degli altri alleati pronti a inviare armi (tra cui l'Italia), dovrebbe essere possibile. Però è condizionato dalle domande dei suoi partner in Iraq. Gli sciiti, in particolare il suo partito Dawa, esigono di mantenere il monopolio sui dicasteri chiave. Il nuovo non deve surclassare il vecchio. Per contro i sunniti pretendono una svolta politica radicale, che li veda promossi a partner nella guida del Paese. Non a caso durante i recenti negoziati hanno chiesto la scarcerazione dell'ex braccio destro di Saddam Hussein per la politica estera, quello stesso Tareq Aziz che dal 2003 incarna le sofferenze delle vittime della debaathificazione. Abadi si è dato una settimana per scegliere i responsabili dei dicasteri Interni e Difesa: due posti chiave per la ricostruzione della polizia e soprattutto dell'esercito battuto dai jihadisti in giugno. In genere il ministro della Difesa è un sunnita. Ma di recente era stato fatto il nome di quello stesso Qais al Khazali che guida la sanguinaria milizia sciita Aisab Ahl al Haq, responsabile delle recenti decapitazioni di sunniti nella zona di Amerli. Ovvio che Abadi abbia dovuto rinviare. La questione è aperta. Come del resto sono ancora da sciogliere i nodi con i curdi: le spinte autonomistiche, la questione petrolifera, i rapporti tra peshmerga ed esercito nazionale. La strada resta in salita.

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