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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa Rassegna Stampa
05.09.2014 Come fermare l'Isis: parla l'ammiraglio Stavridis
Intervista di Maurizio Molinari all'ammiraglio James Stavridis

Testata: La Stampa
Data: 05 settembre 2014
Pagina: 7
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Stavridis: c'è una base a Baghdad, usiamola per colpire gli islamisti»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 05/09/2014, a pag. 7, con il titolo "Stavridis: c'è una base a Baghdad, usiamola per colpire gli islamisti", l'intervista di Maurizio Molinari all'ammiraglio James Stavridis.

 
Maurizio Molinari     L'ammiraglio James Stavridis

"La Nato si trova davanti alla minaccia di Isis ma ha molte carte per prevalere": parola dell’ex ammiraglio James Stavridis che fino a maggio è stato Comandante Supremo della Nato ed ora guida la Fletcher School della Tufts University in Massachusetts.

Quali sono i pericoli che Isis porta alla Nato?
«Sono quattro. Primo: la Nato ha in Turchia un confine di 800 km a ridosso delle zone dove opera Isis in Siria e Iraq. Secondo: i combattenti stranieri nei ranghi di Isis minacciano di tornare nei Paesi di origine, che in molti casi sono membri della Nato, compiendo attacchi. Terzo: Isis tenta di assumere il controllo in alcune delle aree del Pianeta più ricche di energia. Quarto: Isis opera con un brutalità barbarica che contrasta con i valori fondamentali delle nostre società».
Quali sono le opzioni che l’Alleanza ha contro Isis?
«Sono anzitutto opzioni nazionali perché i singoli Paesi membri possono intervenire fornendo armi ai peshmerga curdi nel Nord, alle forze irachene nel Sud o compiendo raid aerei nell’Ovest. E poi vi sono opzioni collettive».
A che cosa fa riferimento?
«Al centro di addestramento Nato che operava a Baghdad fino al termine del 2011 e che, a mio avviso, dovrebbe essere non solo riaperto ma affiancato da un analogo centro nel Kurdistan iracheno, per aiutare le truppe curde ad essere più efficaci contro i jihadisti. Mi auguro che il summit della Nato in Galles possa adottare una decisione comune sulla lotta ad Isis».
Cosa pensa dell’ipotesi di raid aerei anche in Siria contro Isis?
«È realizzabile».
Eppure c’è chi obietta che l’assenza di truppe locali alleate sul terreno, come sono i peshmerga o i governativi in Iraq, ostacoli l’ipotesi dei raid aerei Usa in Siria. Cosa risponde?
«Rispondo che la disposizione sul terreno delle forze di Isis le rende vulnerabili agli attacchi anche in Siria. Riguardo alle truppe di terra, in caso di necessità, abbiamo le truppe speciali. Sono capaci di intervenire rapidamente».
Isis minaccia la Giordania?
«La Giordania è stabile, un importante partner della Nato con cui abbiamo solidi rapporti. Non è rischio ma se la situazione peggiorasse la Nato sarà al fianco della Giordania come la Giordania è stata al nostro fianco, in Afghanistan e in Libia».
Lei è fra coloro che più conoscono la politica di sicurezza del Cremlino. Cosa sta tentando di fare Vladimir Putin?
«Putin vuole far resuscitare la politica sovietica di ingerenza nei Paesi limitrofi, per garantire sicurezza alla Russia. Per questo è entrato in Georgia, Moldovia, Ucraina, ha annesso la Crimea, condiziona Bielorussia e Kazakhstan. Coglie risultati tattici favorevoli ma sul piano strategico determina il rafforzamento della Nato, l’isolamento economico della Russia e il crollo del rublo. È una strategia perdente».
L’Italia presidente di turno dell’Ue quali mosse può compiere verso Mosca per tentare di superare l’attuale crisi?
«È importante che l’Italia di Renzi si muova in due direzioni: l’applicazione rigida delle sanzioni per accrescere la pressione su Putin; la ricerca di contatti con Mosca nella cornice dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, percepita come neutrale, i cui interventi lungo i confini russi hanno avuto risultati spesso positivi. L’Onu è troppo grande, Usa, Germania e Gran Bretagna non possono dialogare con Mosca. Un passo dell’Italia all’Osce potrebbe contribuire a sbloccare la crisi».

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