Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Se è israeliano non può parlare: ecco l'islam 'moderato' Commento di Marco Ventura
Testata: Corriere della Sera Data: 04 giugno 2014 Pagina: 34 Autore: Marco Ventura Titolo: «All'istituto islamico si discute di diritti ma non è ammesso il professore israeliano»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 04/06/2014, a pag. 34, l'editoriale di Marco Ventura dal titolo "All'istituto islamico si discute di diritti ma non è ammesso il professore israeliano"
A destra, Asher Maoz, docente di diritto all'Università di Tel Aviv
Marco Ventura
Logo dell' Al-Mahdi Intitute di Birmingham
Asher Maoz è uno dei più autorevoli studiosi di diritto ebraico, le sue pagine su diritti umani e religione sono una pietra miliare. Per la comunità scientifica internazionale, il professore di Tel Aviv è uomo di scienza, di dialogo e di dibattito. Ma per gli ebrei ultraortodossi è un laico che profana le fonti sacre; e per i musulmani radicali è un sionista in maschera accademica. Nel febbraio scorso un ente musulmano di cultura, il britannico Al-Mahdi Institute di Birmingham ha invitato Maoz a parlare in un convegno che si terrà in agosto. Maoz ha accettato. L' Al-Mahdi Institute ha sfruttato la reputazione del professore per pubblicizzare l'evento. Poi, una settimana fa, la doccia fredda. Il consiglio d'amministrazione dell'istituto ha disdetto l'invito. Troppo forte la protesta, troppo energica la pressione di chi non vuole un illustre israeliano sul podio di un istituto islamico. «La sua presenza», si legge nell'email inviata a Maoz, «minaccerebbe l'apoliticità dell'istituto e sposterebbe il fulcro dell'incontro dal tema diritti umani e religione al conflitto israelo-palestinese». La sua stessa persona, scrivono a Maoz gli organizzatori, si troverebbe in imbarazzo davanti alla contestazione. Insomma, conclude l'Al-Mahdi Institute, con Maoz in sala il congresso non potrebbe rappresentare uno «sforzo scientifico». Lo schema è tipico: da un lato una pavida élite musulmana vorrebbe ma non può, fa un passo avanti e due indietro; dall'altro un reticolo di violenti e di violenze oscura il pensiero. Ne risulta, come nel caso di Maoz, un mondo sottosopra. Il professore invitato si tramuta in molesto invasore. Lo studioso ostracizzato per la sua competenza diventa sinonimo di «non scientificità». La vittima della politicizzazione ne è infine il responsabile. E soprattutto, il minacciato si ritrova nei panni di chi fomenta il disordine. Alla goffa disdetta, Asher Maoz ha risposto da signore: «volete dibattere di diritti umani e religione senza ebraismo? Buona fortuna». Non c'è altro da dire a una comunità islamica che deve uscire da sola dal suo mondo all'incontrario. Buona fortuna.
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