Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Mentre la macchina della propaganda macinava telenovelas...28/05/2014
Mentre la macchina della propaganda macinava telenovelas... Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
A destra, terroristi di Hamas
Cari amici,
nei giorni scorsi la macchina dei media ci presentava l'aggressione araba a Israele come un “conflitto” (esattamente come ha descritto l'attentato di Bruxelles come una “sparatoria”) e del “conflitto” hanno naturalmente colpa gli ebrei che per loro natura sono “Erode”, ma soprattutto sono intraprendenti, democratici, inventivi, occidentali – tutte cose che agli occhi dell'ideologia sono colpe, quasi come essere non islamici né cattolici. Però al “conflitto” si può porre rimedio con la buona volontà e la preghiera, magari mettendo in un unico calderone aggrediti ed aggressori, ciò che resta del tempio di Gerusalemme (alla faccia del negazionismo arabo) e la barriera che dà così fastidio perché impedisce ai terroristi di ammazzare in pace chi gli pare.
Anche sul fronte palestinista, le cose si muovono. Sembra che gli incontri ripetuti fra Autorità Palestinese e Hamas abbiano portato a un accordo sul governo, che, se tiene, dovrebbe essere presentato in questi giorni. Sarebbe presentato come governo di unità nazionale, riconosciuto da entrambi, un ministero tecnico, con gli stessi attuali presidente del consiglio, ministro degli esteri e delle finanze (buono per rassicurare i finanziatori internazionali) e con la continuazione della presidenza di Abbas, che è la cosa che conta di più, dato il carattere dittatoriale del regime dell'Autorità Palestinese, il cui parlamento è scaduto quattro anni fa e non si riunisce da sei. Dunque in sostanza, a parte l'inserzione di qualche tecnico d'area, Hamas accetta di dirsi rappresentato da un governo molto simile all'attuale, che non avrà difficoltà a dire che accetta i trattati di Oslo, le trattative e il dialogo con Israele (http://www.jpost.com/Middle-East/Report-Hamas-and-Fatah-agree-on-make-up-of-unity-government-name-ministers-354518). In cambio Hamas conserva la sua autonomia operativa (leggi terrorismo) e manterrà anche il controllo delle sue truppe (leggi terroristi) (http://www.gatestoneinstitute.org/4324/hamas-unity-terrorism-west-bank ) pure dopo le elezioni, che si terranno almeno fra sei mesi. E' facile immaginare che il nuovo governo non metterà il becco a Gaza.
John Kerry
In sostanza si profila una situazione in cui sul piano diplomatico viene presentato un governo unitario rispettoso delle condizioni internazionali; ma in pratica una delle sue componenti continua a fare terrorismo senza problemi. E' la cosiddetta soluzione libanese, perché assomiglia a quel che accade fra governo del Libano e Hezbollah. Vedremo se la cosa tiene, se le ambizioni dei clan e delle mafie non spezzeranno questo equilibrio puramente formale. Certo che se l'Autorità Palestinese ha firmato i trattati per la giustizia internazionale, quelli sulle leggi di guerra ecc., avere un socio attivamente terrorista che non è più ufficialmente ribelle ma sostiene il governo può essere una fonte di gravi problemi, dato che vi è una reponsabilità oggettiva di ogni Stato sui crimini di guerra commessi dal territorio in suo controllo; e non vi è dubbio che sparare missili indiscriminatamente sulla popolazione civile è un crimine di guerra, come lo è organizzare il rapimento di cittadini di altri stati e tante pratiche terroriste cui i palestinisti sono molto attaccati. Anche su questo punto vedremo come andranno le cose. Un punto però è chiaro: Hamas entra nel governo senza rinunciare al terrorismo, e questo renderà impossibile la ripresa delle trattative che Kerry ha promesso. Avremo insomma nel prossimo futuro una situazione di scontro più grave e aperto fra Israele e palestinisti, almeno sul piano politico. Ci possiamo immaginare momenti di tensione, iniziative clamorose, appelli al boicottaggio. Altro che buona volontà e pregare assieme. Quanto poi questo inciderà sul terreno, in particolare delle città nel territorio controllato dall'Autorità Palestinese, dove ormai esiste un ceto medio assai più interessato a fare il suo lavoro e a vivere meglio che a fare la guerriglia, sarà un tema decisivo dei prossimi anni.