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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa - L'Unità - Il Fatto Quotidiano - Agi Rassegna Stampa
26.05.2014 Il Papa in Medio Oriente: le nostre critiche
alla cronache che ignorano che la barriera di separazione esiste solo a causa del terrorismo

Testata:La Stampa - L'Unità - Il Fatto Quotidiano - Agi
Autore: Andrea Tornielli - la redazione - Alessio Schiesari
Titolo: «Quell'incontro tra i due leader impossibile da fare in Terrasanta - Il Papa oltre al Muro: 'Servono due Stati' -Papa Bergoglio invita palestinesi e israeliani a far pace in Vaticano - Francesco arrivato in Terra Santa. Messa nello stadio di Amman»
Riprendiamo, dalla STAMPA di oggi, 26/05 2014, a pag. 14, l'articolo di Andrea Tornielli dal titolo "Quell'incontro tra i due leader impossibile da fare in Terrasanta", dall'UNITA', a pag. 10, l'articolo dal titolo "Il Papa oltre al Muro: 'Servono due Stati' ", dal  FATTO QUOTIDIANO, a pag. 8, l'articolo di Alessio Schiesari dal titolo "Papa Bergoglio invita palestinesi e israeliani a far pace in Vaticano", da AGI il lancio del 24/05/2014 dal titolo  "Francesco arrivato in Terra Santa. Messa nello stadio di Amman" .
Tornielli definisce la barriera difensiva
"una struttura che ha blindato la Cisgiordania", il che è falso, dato che essa, contrariamente a quanto viene ripetuto dalla propaganda palestinese, non circonda territori. Tornielli ammette che la barriera  ha avuto un altro effetto, quello di rendere  "più sicura la vita dei cittadini israeliani dagli attacchi terroristici", aggiungendo però che ha "diviso famiglie e intere comunità, e con il suo tracciato ha reso problematici i movimenti e sempre più difficile la creazione di uno Stato palestinese". In realtà, qualora i palestinesi volessero effettivamente pervenire ad un accordo di pace con Israele e porre fine al terrorismo, la barriera di sicurezza non costituirebbe affatto un ostacolo alla nascita di uno Stato palestinese, né al ricongiungimento di comunità e alla libertà di movimento. E' soltanto il terrorismo, infatti,  che rende necessaria la barriera di sicurezza.
Sull'UNITA'  leggiamo che il governo israeliano ha voluto il "
'muro di separazione', chiamato pure 'muro della vergogna' " che "isola Betlemme e tanti altri territori della Palestina, spaccando a metà case, famiglie, spezzando la loro vita" e costituisce un "seggno concreto della sofferenza di un popolo e delle conseguenze del conflitto". Neanche un cenno al terrorismo e alle vite umane salvate dalla barriera.
Sul FATTO QUOTIDIANO  leggiamo addirittura che il "muro" sarebbe stato "
costruito dall'esercito israeliano nel 2002 durante la seconda intifada per tenere lontani i palestinesi della Cisgiordania dalla frontiera con lo Stato ebraico". Omettendo ogni riferimento al terrorismo, si giunge ad attribuire alla barriera  uno scopo  differente da quello per cui è stata creata.
Sul lancio AGI la barriera è definita 
" il 'muro della vergogna', alto e fortificato, che divide Israele dalla Cisgiordania "  (segnalazione di Alessandro Prosperi).

Per il commento di IC sulla visita a Betlemme del Papa si veda il seguente link.

http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=999920&sez=120&id=53549



Il Papa di fronte alla barriera di separazione a Betlemme


LA STAMPA - Andrea Tornielli -  Quell'incontro tra i due leader impossibile da fare in Terrasanta


Andrea Tornielli


Il viaggio «religioso» e «spirituale» di Papa Francesco ha lanciato ieri due messaggi forti ai popoli israeliano e palestinese, al Medio Oriente e alla comunità internazionale.
La «creatività» dei gesti papali, come l’ha definita il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, non deroga di una virgola agli obiettivi del pellegrinaggio: pregare in silenzio davanti a un muro o invitare Oltretevere i leader di due Stati per una preghiera di pace non significa ipotizzare road map o imporre strategie politico-diplomatiche. Tanto più che Francesco s’inserisce nella tradizione della diplomazia vaticana.
Non va dimenticato, a questo proposito, che già Benedetto XVI, il 13 maggio 2009, dallo stesso luogo, aveva detto: «È tragico vedere che vengono tuttora eretti dei muri». Ratzinger aveva auspicato che in futuro venisse abbattuta la barriera di cemento armato. Una struttura che ha blindato la Cisgiordania e ha reso più sicura la vita dei cittadini israeliani dagli attacchi terroristici. Ma ha anche diviso famiglie e intere comunità, e con il suo tracciato ha reso problematici i movimenti e sempre più difficile la creazione di uno Stato palestinese. Francesco non ne ha fatto cenno nei discorsi come il predecessore. Ha «parlato» a suo modo, con un gesto silenzioso ed eloquente.
Se questo è stato il primo fuori programma della giornata palestinese del Papa, di tutt’altra natura è stato l’annuncio dell’incontro in Vaticano con Peres e Abu Mazen. Un’iniziativa che Francesco ha lanciato per smuovere le acque stagnanti del processo di pace tra israeliani e palestinesi. L’incontro, nell’idea del Papa, si sarebbe potuto svolgere già durante questo viaggio, come significativo gesto di pace. Ma non è stato possibile, a motivo delle non semplici alchimie politiche interne dei rapporti tra il presidente Peres e il premier Benjamin Netanyahu, e tra il presidente Abu Mazen e Hamas.
Bergoglio non ha rinunciato al suo «sogno», e con un’iniziativa simile a quella della giornata di preghiera di digiuno e preghiera per la Siria del settembre 2013, prima di partire da Roma per la Terra Santa ha ottenuto il «sì» di entrambi. L’incontro si terrà con ogni probabilità il prossimo 6 giugno in Vaticano.
I tempi sono stretti, perché a fine luglio scade il mandato presidenziale di Peres. «La nostra mano - ha detto il presidente israeliano nel suo saluto a Francesco all’aeroporto di Tel Aviv - è tesa alla pace... Cercheremo la strada giusta per raggiungerla». «Tutti desideriamo la pace», ha detto Francesco annunciando l’invito, e «specialmente coloro che sono posti al servizio dei propri popoli, abbiamo il dovere di farci strumenti e costruttori di pace, prima di tutto nella preghiera. Costruire la pace è difficile, ma vivere senza pace è un tormento». Il Papa ha ricordato che «tutti gli uomini e le donne di questa terra e del mondo intero ci chiedono di portare davanti a Dio la loro ardente aspirazione alla pace».

L'UNITA' - Il Papa oltre al Muro: 'Servono due Stati'

CITTA DEL VATICANO «È giunto per tutti il momento di avere il coraggio della pace»: non è stato un semplice monito, ma l'indicazione di un'azione precisa e urgente quella che Papa Francesco ha avanzato oggi da Betlemme, la città palestinese della Natività. Per superare lo stallo che ha bloccato i negoziati di pace tra israeliani e palestinesi, e soprattutto per porre fine alle sofferenze drammatiche che il popolo palestinese soffre da troppo tempo, ha lanciato il suo invito ai presidenti dello Stato di Palestina, Mahmoud Abbas e di Israele Shimon Peres: ritrovarsi in Vaticano per pregare insieme per la pace. «In questo luogo, dove è nato il Principe della pace, desidero rivolgere - ha detto testualmente Papa Francesco - un invito a Lei, signor presidente Mahmoud Abbas, e al signor presidente Shimon Peres, ad elevare insieme con me un'intensa preghiera invocando da Dio il dono della pace. Offro la mia casa in Vaticano per ospitare questo incontro di preghiera». «Tutti desideriamo la pace - ha proseguito -. Tante persone la costruiscono ogni giorno con piccoli gesti; molti soffrono e sopportano pazientemente la fatica di tanti tentativi per costruirla. E tutti, specialmente coloro che sono posti al servizio dei propri popoli, abbiamo il dovere di farci strumenti e costruttori di pace, prima di tutto nella preghiera. Costruire la pace è difficile, ma vivere senza pace è un tormento. Tutti gli uomini e le donne di questa Terra e del mondo intero ci chiedono di portare davanti a Dio la loro ardente aspirazione alla pace». L'invito è stato raccolto dai due presidenti e si ipotizza già di un possibile incontro in Vaticano per il prossimo giugno. Ma ieri vi è stato un altro gesto sorprende di Papa Francesco: la sosta di riflessione e preghiera davanti al «muro di separazione» chiamato pure «muro della vergogna» voluto dal governo israeliano e che isola Betlemme e tanti altri territori della Palestina, spaccando a metà case, famiglie, spezzando la loro vita. Ha voluto «toccare» quel «muro», segno concreto della sofferenza di un popolo e delle conseguenze del conflitto. Non una parola. È bastato quel gesto per sottolineare l'urgenza della pace tra ebrei e palestinesi nella sicurezza di entrambi gli Stati, indispensabile per porre fine alle sofferenze di un popolo di cui aveva parlato all'incontro con il presidente palestinese Mahmoud Abbas. Papa Francesco proprio al destino dei rifugiati, ai palestinesi cristiani e musulmani dei «territori» o rinchiusi nei campi profughi ha dedicato la sua giornata a Betlemme. Ha pranzato con alcune famiglie palestinesi che gli hanno raccontato i loro drammi. Ha visitato il campo profughi di Dheisheh, dove ha incontrato alcuni bambini «figli della Palestina» provenienti anche dai campi di Aida e Beit Ji-brin. Nelle loro testimonianze ha toccato l'umiliazione di un popolo. C'è chi tra loro non ha mai visto il mare. Chi ha denunciato il dramma di non avere più una casa per effetto dell'occupazione israeliana che «dura da ben 66 anni». «Vogliamo dire al mondo: basta sofferenze e umiliazioni!» gli ha detto uno di loro. «Lavorate e lottate per ottenere le cose che volete. Però, sappiate una cosa - ha detto loro il pontefice - che la violenza non si vince con la violenza! La violenza si vince con la pace!». E fare questo, ha aggiunto, lasciandosi alle spalle ogni logica di vendetta. Proprio alla condizione di sfruttamento disumano dei bambini ha dedicato l'omelia pronunciata nella piazza della Mangiatoia, vicino alla basilica della Natività, davanti a diecimila fedeli. 
È nel pomeriggio che è iniziata la terza tappa del pellegrinaggio in Terra santa di Papa Francesco con la visita in Israele. Ha raggiunto in elicottero l'aeroporto internazionale di Tel Aviv dove ad accoglierlo vi erano il presidente della Repubblica, Shimon Peres e il primo ministro Benjamin Netanyahu. Nel suo saluto Bergoglio ha rilanciato con forza quella soluzione politica al conflitto israelo-palestinese di «due popoli e due Stati» nella sicurezza reciproca avanzata da tempo dalla Santa Sede e riproposta al presidente palestinese. «La soluzione di due Stati diventi realtà e non rimanga un sogno» ha affermato,  rilanciando la cultura dell'inclusione e del confronto che «non lasci spazio all'antisemitismo, in qualsiasi forma si manifesti e per ogni espressione di ostilità, discriminazione o intolleranza verso persone o popoli». Fermissima è stata la sua condanna della Shoah. Parole apprezzate dal premier israeliano Netanyahu, come la ferma condanna espressa dal pontefice per l'attentato al museo ebraico di Bruxelles. Ma è a Gerusalemme, la «città della pace», santa per le tre grandi religioni monoteiste, che vi è stato l'altro grande gesto di Papa Francesco, questo però atteso: l'incontro con il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I nel 50° dello storico abbraccio tra i loro predecessori, Paolo VI e il patriarca Atenagora.
Il vescovo di Roma e quello ortodosso di Costantinopoli sono entrati assieme nella basilica del Sacro Sepolcro e assieme hanno pregato in quel luogo sacro per tutti i cristiani, ma paradossalmente segno di storiche divisioni. È la prima volta che accade. Papa Francesco e il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I hanno pure sottoscritto un'impegnativa «dichiarazione congiunta» che apre una nuova fase nel cammino verso l'unità tra la Chiesa di Roma e la Chiesa d'Oriente.

Il FATTO QUOTIDIANO - Alessio Schiesari -Papa Bergoglio invita palestinesi e israeliani a far pace in Vaticano

Può Papa Francesco riuscire dove persino Barack Obama si è impantanato, fare ripartire il dialogo tra israeliani e palestinesi? Sembra di si. Ieri il pontefice, che in questi giorni è impegnato in un viaggio in Terra Santa, ha invitato il presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, e quello israeliano, Shimon Peres, a "una preghiera intensa invocando l'avvio del dono della pace. Offro la mia casa in Vaticano per ospitare questo incontro". Con grande stupore, entrambi gli interlocutori hanno accolto l'invito: nel giro di poche ore hanno fatto sapere che il meeting si terrà a breve, comunque nel mese di giugno. Non è l'unica sorpresa che Francesco aveva in serbo. Dopo l'incontro con Abu Mazen - in cui il pontefice ha definito il conflitto "sempre più inaccettabile" - si è diretto verso la piazza della Mangiatoia di Betlemme dove, di li a poco, avrebbe celebrato messa. Durante il percorso si è concesso quello che, secondo padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede, è stato un fuori programma. Si è fermato a pregare di fronte al muro costruito dall'esercito israeliano nel 2002 durante la seconda intifada, per tenere lontani i palestinesi della Cisgiordania dalla frontiera con lo Stato ebraico. Qui, di fronte a un murales con la scritta in inglese "Palestina libera" ha appoggiato la mano alla barriera alta otto metri e si è messo a pregare. Dopo la messa, il pontefice ha raggiunto in elicottero Tel Aviv, dove Benjamin Netanyahu lo ha accolto cosi: "Benvenuto in Israele, un'isola di tolleranza in Medio Oriente". Francesco si è poi diretto al Santo Sepolcro, dove ha incontrato il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I. Qui, con il leader spirituali degli ortodossi, si è detto disposto a "discutere il primato petrino" per favorire il riavvicinamento tra le varie confessioni.

AGI - Francesco arrivato in Terra Santa. Messa nello stadio di Amman

Roma, 24 mag. - Papa Francesco e' arrivato ad Amman, prima tappa dello storico viaggio in Terrasanta. Il Pontefice era partito stamane dall'aeroporto di Fiumicino, salendo sull'aereo con l'ormai consueta borsa da viaggio di pelle nera, dopo aver salutato le autorita' presenti, tra cui il minitro Marianna Madia. Domani il Papa andra' prima in Palestina, poi in Israele, mentre lunedi' sera e' atteso il rientro in Vaticano. Francesco arrivera' a Gerusalemme solo domenica sera, ma nella citta' santa gia' sventolano le bandiere bianco-gialle della Citta' del Vaticano. Un piccolo segno, che certo non colpisce all'arrivo come il "muro della vergogna", alto e fortificato, che divide Israele dalla Cisgiordania e accompagna gran parte dei 40 chilometri di autostrada che si percorrono dall'aeroporto Ben Gurion. Francesco lo vedra' domenica mattina quando da Amman si spostera' a Betlemme e visitera' un campo profughi. Il tema della sicurezza, che ha determinato questa imponente quanto angosciante barriera, e' certamente molto avvertito, come dimostrano i lunghi controlli a cui si e' sottoposti alle frontiere e gli ottomila uomini che - secondo la stampa israeliana - saranno impiegati per l'occasione. Ma alla Custodia di Terra Santa, che organizza il pellegrinaggio papale, non sono affatto preoccupati. Francesco e' atteso come un padre dai palestinesi cristiani, gli ultimi nella societa' israeliana e quindi i suoi preferiti. E non si temono nemmeno nuove violenze anticristiane dopo gli episodi di intolleranza di queste ultime settimane causate da gruppi di religiosi ultraortodossi. "La presenza del Papa e'solo un pretesto per questi gruppi per avere visibilita'", spiega il custode, padre Pierbattista Pizzaballa. "La stragrande maggioranza della popolazione - sottolinea il religioso francescano - attende Papa Francesco. E gli episodi di intolleranza sono attribuibili ad alcuni rabbini estremisti, da non sottovalutare perche' fanno molto danno ma che vanno considerati nelle loro giuste proporzioni: gruppi oltranzisti che non rappresentano gli umori prevalenti nella societa' israeliana". Secondo Pizzaballa, "nei luoghi visitati il Pontefice avra' una grande accoglienza". Tuttavia, "le misure di sicurezza saranno pesantissime e non ci saranno bagni di folla". L'appuntamento principale sara' quello al Santo Sepolcro dove Papa Francesco e il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, s'incontreranno a 50 anni dallo storico abbraccio tra i loro predecessori, Paolo VI e Atenagora. L'evento sara' organizzato insieme, per la prima volta, dalla Chiesa cattolica e da quella greco-ortodossa. Cosa che, spiega Pizzaballa in una recente intervista al Servizio Informazione Religiosa, "acquista rilievo anche per i problemi legati allo statu quo; un segno molto forte che getta le basi per il futuro". Bergoglio incontrera' in Terra Santa anche gli altri capi religiosi e compira' una visita al Muro Occidentale, come fecero anche Bendetto XVI e Giovanni Paolo II. Deporra' invece per la prima volta fiori al mausoleo di Theodor Herzl, padre di Israele. Un gesto protocollare molto gradito dagli israeliani, anche se la Santa Sede resta ferma nelle sue posizioni riguardo all'occupazione di Gerusalemme e alla auspicata internazionalizzazione della Citta' Santa. Ma (anche se la siccita' e' ricorrente) molta acqua e' passata nel Giordano da quando Pio X sentenzio' contro i sionisti: "Voi non avete riconosciuto Gesu' Cristo e io non riconosco il vostro diritto". Oggi Francesco arrivera' ad Amman dove celebrera' nello Stadio, poi a Betania oltre il Giordano, visitera' il sito del Battesimo. In Giordania il Papa incontrera' anche dei rifugiati siriani, un gesto molto significativo perche' la Siria nel Medio Oriente, ricorda Pizzaballa, "e' la zona a piu' alta tensione e quello del Papa sara' un abbraccio importante" Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato a Papa Francesco, in partenza per il Medio Oriente, il seguente messaggio: "Santita', desidero farle pervenire il mio piu' sincero ringraziamento per il messaggio che ha voluto indirizzarmi in occasione della sua partenza per il pellegrinaggio in Terra Santa. L'intera comunita' internazionale guarda con grandissima attenzione a questa sua missione in una terra attraversata da tensioni profonde e che tanto rappresenta nella storia e per il mondo intero. Sono certo che il suo pellegrinaggio sara' foriero di un messaggio di speranza per tutti coloro che si impegnano a portare pace e stabilita' in quella terra cui anche l'Italia e' legata da importantissimi vincoli storici e religiosi. Nell'augurarle pieno successo per la sua missione, mi e' gradito, Santita', rinnovarle i sensi della mia profonda stima e amicizia".

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