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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Giornale-La Stampa Rassegna Stampa
25.05.2014 Viaggio del Papa in M.O. prima tappa
Commenti di Fiamma Nirenstein, Maurizio Molinari

Testata:Il Giornale-La Stampa
Autore: Fiamma Nirenstein-Maurizio Molinari
Titolo: «Solo Bergoglio si ricorda della Siria-Abdallah e AlSisi fanno a gara nel giocarsi la carta cristiana-Scherzando su fede e Boca Junior mi fece capire il valore del dialogo»

Prima tappa del viaggio del Papa in M.O. Riprendiamo oggi, 25/05/2014, commenti e interviste di Fiamma Nirenstein sul GIORNALE e Maurizio Molinari sulla STAMPA:


L'arrivo a Amman

Il Giornale-Fiamma Nirenstein: " Solo Bergoglio si ricorda della Siria "


Fiamma Nirenstein  Siria:guerra civile

Il Giordano, fiume povero d'acqua, tuttavia fluisce potente nella mente dell'umanità intera, fonte battesimale di Gesù e dei suoi seguaci, polla vitale per tutta l'area, confine fra stati, immemore linea blu di pace e di guerra nel rosso del deserto. Uno Stato ne deriva il suo nome, e Francesco, che da là ha cominciato la sua visita, lo ha onorato osando, con tutto il suo peso, affrontare un tema ormai diventato tabù, che Obama e Putin nemmeno più sussurrano, che l'Europa ormai non nomina se non in occasioni di circostanza. Il Papa ha detto il nome proibito, «Siria», grande scandalo morale del mondo contemporaneo, dove noi nazioni civilizzate lasciamo che si compia una mattanza quotidiana. No, il Papa non ha divisioni ma ha la parola. E magari i suoi colleghi nel passato l'avessero sempre usata, quando si ammazzavano decine, centinania di migliaia, milioni di persone nelle loro vicinanze. Il Papa ha lodato la Giordania perché accoglie i profughi cristiani siriani. Vi ha aggiunto anche quelli iracheni e palestinesi: quando dici «profugo» e sei il Papa ricorri agli stilemi classici: tutti però sanno che si parla di ere (1948 e'67, guerre fatali per Israele) e di motivazioni diverse (Saddam, Al Qaida, violenza sciita): ma in Siria tutto è davanti ai nostri occhi, 160mila uccisi, 4 milioni di profughi che cercano rifugio fuori dai confini, mentre la povera Giordania ne fa in parte le spese. Una marea fugge perché ha alle spalle crocifissioni, uso impunito di armi chimiche, un odio ideologico che porta il nome maledetto di Al Qaida e la beffarda maschera di Assad, che non è nemico dei cristiani, ma certo lo è del genere umano per quello che ha fatto alla sua gente. Le disfatte della diplomazia mondiale si spiaggeranno sulle incredibili elezioni che rieleggeranno Assad raìs della Siria il 3 di giugno, dopo il fallimento a gennaio del summit mondiale cui hanno partecipato 39 stati, logica conseguenza del «gran rifiuto di Obama» che, a San Pietroburgo a settembre, di fronte a un accordo con Putin che somigliava a un ricatto, ha accettato di dimenticarsi la sua «linea rossa» fatta di gas nervino. Così, di attacchi col gas, adesso chlorin, ne abbiamo dovuto vedere ancora fino a questo maggio. La Ohchr, la commissione per i diritti umani dell'Onu ha annunciato che cessa di contare i morti per mancanza di informazioni, i camion con i soccorsi, unico risultato del summit di Ginevra, sono spesso rimasti fuori delle città assediate. C'è di che disperarsi, di che immaginare che niente può l'uomo di fronte al male. Forse il Papa ha pensato che quelle crocifissioni non doveva, non poteva accettarle, che troppo gli ricordavano quelle narrate da Flavio Giuseppe di cui era rimasto vittima, poco prima, anche Gesù. E ha parlato. Questo è un buon punto a favore del viaggio: per il resto, la diplomazia e gli speech writers, vogliono la loro parte.

La Stampa-Maurizio Molinari: " Abdallah e AlSisi fanno a gara nel giocarsi la carta cristiana"


Maurizio Molinari            Al Sisi                             Abdallah di Giordania

Nel parterre dello stadio di Amman i fedeli sventolano le bandiere di Giordania ed Egitto suggerendo chi sono i leader arabi che rassicurano le minoranze cristiane assediate dal fondamentalismo islamico. Le parole pronunciate da re Abdallah accogliendo Papa Francesco e le azioni compiute dal generale Abdel Fattah Al Sisi nell'ultimo anno descrivono un approccio convergente. «Gli arabi cristiani sono parte integrante del Medio Oriente» dice il sovrano hashemita, sottolineando una pari dignità che va oltre la difesa dei diritti delle minoranze e coincide con il rafforzamento del concetto di «cittadinanza» incluso da Al Sisi nel testo della nuova Costituzione egiziana. E lo stesso approccio «avuto dai vescovi del Medio Oriente quando si sono riuniti a Roma - osserva David Neuhaus, del vicariato latino di Gerusalemme - perché si rafforza la figura giuridica dei cittadini in quanto tali, senza dividerli in maggioranza e minoranza». In un Medio Oriente dove i cristiani, dalla Siria all'Iraq fino al Libano, devono affrontare un Islam politico sempre più aggressivo, le eccezioni giordana ed egiziana spiccano. Anche perché tanto Al Si-si che re Abdallah sembrano determinati a continuare il cammino intrapreso. Il generale egiziano ha più volte incontrato il Pope dei copti, Tawadros II, durante la campagna presidenziale appena conclusa, sottolineando con gesti concreti il rispetto per i cristiani: dalle visite in cattedrale agli auguri per la Pasqua di Resurrezione. E Abdallah ieri è andato anche oltre individuando in Cristianesimo e Islam «due fedi che compongono oltre la metà della popolazione del mondo e sono vicine ovunque» lasciando intendere di perseguire una nuova stagione di tolleranza. Le scelte parallele di Amman e del Cairo non sono frutto di ecumenismo religioso ma di un interesse concreto: rivalutare l'identità araba nelle rispettive nazioni per ridimensionare il ruolo dei gruppi islamici, a cominciare dai Fratelli Musulmani nemici giurati di entrambi. Ma non è tutto perché, nel caso di re Abdallah, c'è dell'altro. Quando si definisce «il 41 discendente del Profeta, custode dei luoghi santi cristiani e musulmani di Gerusalemme» sottolinea di voler essere lui a tutelare gli interessi del Vaticano nelle trattative con Israele sullo status definitivo della Città Santa per le tre fedi monoteiste.

La Stampa-Maurizio Molinari: " Scherzando su fede e Boca Junior mi fece capire il valore del dialogo "

 
Jorge Kirszenbaum

«Papa Francesco è un uomo di profonda fede cattolica che conosce gli ebrei come pochi». Ad affermarlo è Jorge Kirszenbaum, l'ex presidente della Daia - la maggiore organizzazione ebraica argentina - che fu al centro dell'intenso dialogo interreigioso quando Bergoglio era arcivescovo di Buenos Aires. Quando vi siede conosduti? «Nel 2002, lo invitammo alla Daia e lui ricambiò l'invito nella Cattedrale. A noi della Delegacion de Asociaciones Israelitas Argenti-nas che lo incontrammo si manifestò subito come un uomo umile, con una fede profonda e uno spiccato senso dell'humour. Nacque un'amicizia personale e una collaborazione fra istituzioni di fedi diverse che ha giovato molto all'Argentina». Ci può fare degli esempi concreti di questo stretto rapporto fra Bergoglio e gli ebrei di Buenos Ai res? «Bergoglio lanciò un'iniziativa, si chiamava "Dialogo argentino", per creare dei momenti di incontro fra cattolici, ebrei, musulmani e protestanti. Ebbe un grande successo, rese evidente la fede nell'ecumenismo. Al tempo stesso Ber-goglio fu immediato nel denunciare violenze ed attacchi contro gli ebrei argentini quando si manifestarono. Non ebbe mai esitazioni a tale riguardo». A cosa portarono tali convergenze? «Alla moltiplicazione degli inviti per averlo ospite nella nostra sinagoga. Ci è venuto spesso. Per partecipare all'accensione della Cha-nukkià, che ricorda la riconsacrazione del Tempio di Gerusalemme nell'Antica Giudea, come per le Selihot, le preghiere che accompagnano i giorni penitenziali. Grazie a lui le relazioni fra ebrei e cattolici in Argentina sono diventate molto strette. Proprio come avvenuto con i musulmani e i protestanti». Cosa ricorda in particolare degli incontri avuti con lui? «In un'occasione mi disse: "Tu rappresenti i nostri fratelli maggiori ma in realtà stai sotto a noi perché tifi per il Boca Junior mentre sono del San Lorenzo e vinciamo sempre noi". Questo è Bergoglio, fede e humour sul calcio». Checosa si aspetta dalla visita del Papa? «Si svolge in tre tappe ad Amman, Betlemme e Gerusalemme. E un percorso che descrive la volontà di esaltare l'ecumenismo, di dialogare con tutte le fedi. Bergoglio è un amico degli ebrei e invierà un messaggio di pace che tutti potranno ascoltare»

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