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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
08.05.2014 Le truppe di Bashar Assad riconquistano Homs
Commento di Davide Frattini

Testata: Corriere della Sera
Data: 08 maggio 2014
Pagina: 39
Autore: Davide Frattini
Titolo: «La Caduta di Homs, città simbolo. Adesso il Regime di Assad è più forte»
Riprendiamo, dal CORRIERE della SERA di oggi, 08/05/2014, a pag. 39, l'articolo di Davide Frattini dal titolo "La Caduta di Homs, città simbolo. Adesso il Regime di Assad è più forte"


Davide Frattini      La città di Homs


«Chi controlla Homs controlla la Siria». Lo proclamava due anni fa Ghassan Abdel Al, allora governatore della provincia, le sue parole accompagnate dai primi colpi di artiglieria dell’esercito. Perché il regime non ha mai smesso di bombardare i quartieri di quella che era stata chiamata «la capitale della rivoluzione», le aree dove i ribelli si erano asserragliati con le famiglie: da Baba Amr — sotto assedio e devastata — gli insorti si erano spostati nella Città Vecchia. Fino alla tregua e all’accordo di ieri.
Adesso le ruspe di Bashar Assad abbattono le barricate, la polizia scorta fuori da Homs gli autobus riempiti con gli oppositori armati, verso il nord e il confine con la Turchia, verso le campagne dove ancora si combatte. Per il presidente uscente e di certo rientrante è una vittoria simbolica a meno di un mese dal voto. È anche una conquista strategica: chi controlla Homs controlla la strada che porta da Damasco verso il Mediterraneo, chi controlla Homs è in grado di stabilire una fascia di sicurezza tra la capitale e le città sulla costa dove vivono in maggioranza gli alauiti, la setta del clan al potere minoranza nel Paese.
Così Assad si prepara a ottenere il quarto mandato in elezioni con solo altri due candidati. Anche per molti siriani affamati e stremati da oltre tre anni di conflitto il leader sembra essere diventato quel «male minore» vagheggiato dai diplomatici occidentali. Tony Blair l’ha ammesso: Bashar deve restare al potere per un periodo e facilitare la transizione.
La proposta dell’ex premier britannico sembra valutare solo il tragico presente della Siria. Come se le prime proteste del marzo 2011 non fossero state pacifiche, come se la repressione degli oppositori politici non continuasse ad andare avanti, come se i morti non fossero cresciuti fino a 150 mila, come se non ci fossero state le torture documentate e la fame-arma di guerra usata dal regime contro i civili. L’intellettuale siriano-americana Amal Hanano scrive: «Osservare il presente per cercare una soluzione non è solo ingenuo, è immorale»

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