Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 05/05/2014, a pag. 17, l'articolo di Guido Santevecchi dal titolo "Sharia e lapidazione per gli adulteri. Rivolta contro il sultano del Brunei" e da REPUBBLICA, a pagg 1-19, l'articolo di Nicholas Kristof dal titolo " 'Riportate a casa le ragazze rapite'. L’ira della Nigeria diventa globale"
Ecco gli articoli:
CORRIERE della SERA - Guido Santevecchi - Sharia e lapidazione per gli adulteri. Rivolta contro il sultano del Brunei
Guido Santevecchi Il sultano del Brunei Hassanal Bolkiah
PECHINO — Nelle parole del sultano Hassanal Bolkiah, l’introduzione del codice penale islamico per il felice popolo del Brunei è «un atto di fede e gratitudine nei confronti di Allah, l’onnipotente». Si tratta di infliggere pene come la flagellazione, l’amputazione degli arti ai ladri e la morte per lapidazione agli adulteri e a chi commette atti sessuali contro natura. La decisione è stata presa dopo una lunga polemica che ha coinvolto le organizzazioni internazionali per i diritti dell’uomo. Ma il sultano, dall’alto dei suoi 20 miliardi di dollari di ricchezza personale costruita sul petrolio e del diritto divino al regno sui 416 mila sudditi del suo minuscolo Stato incuneato nel Borneo, il primo maggio ha emanato il decreto. Come riportato dalle cronache mondane, il sultano vive in un palazzo di 1.788 stanze, si fa proteggere da una guarnigione di mille soldati britannici ereditati dall’epoca coloniale ed è noto per la stravaganza: quando festeggiò i 50 anni, ingaggiò Michael Jackson per una serata costata 17 milioni di dollari. Come regalo di nozze alla terza moglie, una star televisiva che ha meno della metà dei suoi anni, pensò a un corano d’oro da quattro milioni. Gli eccessi contraddistinguono la famiglia regnante.
Il fratello del sultano, Jefri Bolkiah, ha un harem e un superyacht che si chiama «Tits» (tette) e due barche d’appoggio battezzate «Nipple 1» e «Nipple 2» (capezzolo uno e due). Tempo fa i fratelli si scontrarono per un ammanco miliardario nelle casse del sultanato.
Oggi Hassanal Bolkiah ha 67 anni e con l’età, dicono i politologi, sta diventando sempre più religioso. Forse si prepara all’aldilà. Il sultano, secondo i sondaggi, gode dell’appoggio di quel 70 per cento della popolazione del Brunei che è formato da musulmani di rito sunnita. Il resto è composto da un 15 per cento di cinesi e da una minoranza cattolica e anglicana. La legge coranica si applicherà anche a loro e i vescovi locali già temono di dover sospendere i battesimi per non incorrere nei rigori del codice.
Bolkiah sostiene che il codice penale islamico difenderà il regno dall’esterno, dalla globalizzazione che porta influssi decadenti, tentazioni che vengono diffuse via Internet: «Queste leggi sono un aiuto di Dio». Il codice legato alla Sharia sarà introdotto in tre fasi. Nella prima subiranno ammende e pene detentive coloro che saranno trovati colpevoli di condotta indecente, metteranno al mondo figli al di fuori del matrimonio o non frequenteranno la moschea il venerdì. Nella seconda fase, a fine anno, i condannati per furti e rapine saranno frustati pubblicamente o avranno le mani tagliate. L’anno prossimo la fase finale: lapidazione a morte per adulterio e sodomia.
La protesta della Commissione diritti Umani delle Nazioni Unite non ha fermato il sultano. Lo ha lasciato indifferente anche la minaccia di Londra di rivedere l’accordo che fornisce al Brunei (a pagamento) il battaglione di soldati di Sua Maestà britannica.
Si sta mobilitando anche un fronte di personalità del jet set internazionale, guidato dall’attore inglese Stephen Fry e dalla star americana Ellen DeGeneres. «Dobbiamo mandare al sultano un chiaro messaggio: cominciamo boicottando la sua catena di alberghi a cinque stelle Dorchester Collection», ha scritto su Twitter Fry, che si rivolge ai suoi 6,7 milioni di followers. Si è unito il designer di scarpe americano Brian Atwood, che ha incitato l’industria della moda a disertare gli alberghi Dorchester di Londra, Parigi e Milano durante le settimane delle sfilate. La catena comprende tra gli altri il Bel-Air di Los Angeles, il Dorchester di Londra, l’Athenée a Parigi, il Principe di Savoia a Milano. I dipendenti degli alberghi hanno diffuso un comunicato: «Noi con le questioni religiose e politiche non c’entriamo».
LA REPUBBLICA - Nicholas Kristof - 'Riportate a casa le ragazze rapite'. L’ira della Nigeria diventa globale


Nicholas Kristof Terroristi di Boko Haram in Nigeria
Una notte decine di terroristi con armi pesanti hanno fatto incursione in una cittadina sonnolenta con un convoglio di camion, autobus e furgoncini. E si sono fatti largo nel collegio femminile. Le alunne delle scuole superiori, che dormivano nel loro dormitorio, sono state svegliate da colpi di arma da fuoco. Gli aggressori hanno fatto irruzione nella scuola, hanno appiccato il fuoco e, a detta dei residenti, hanno poi ammassato diverse centinaia di ragazze terrorizzate, costringendole a salire a bordo dei loro veicoli. Poi si sono allontanati facendo perdere le loro
tracce.
Tutto ciò accadeva il 15 aprile nella Nigeria settentrionale. Le giovani sono state rapite da un gruppo islamico estremista denominato Boko Haram, il cui nome in lingua hausa significa “l’educazione occidentale è peccato”.
Di età compresa tra i 15 e i 18 anni, cristiane e musulmane, le ragazze conoscevano i rischi legati al fatto di studiare, e infatti le scuole dell’intera regione a marzo erano state chiuse. Questa sola scuola, però, era stata riaperta affinché le giovani — le migliori dei loro villaggi — potessero sostenere gli esami di fine anno. Poi avrebbero potuto continuare a studiare e diventare insegnanti, medici, avvocati. Invece, sembra che le giovani siano state messe all’asta a 12 dollari l’una e comprate per diventare “mogli” dei miliziani. Una cinquantina di ragazze è riuscita a scappare, ma la polizia riferisce che mancano all’appello ancora 276 adolescenti. E il governo nigeriano non ha fatto pressoché nulla
per ritrovarle.
«Chiediamo alle potenze mondiali di intervenire», mi ha detto a telefono il padre disperato di Ayesha, una diciottenne scomparsa, che ha aggiunto che i genitori ormai hanno rinunciato a rivolgersi alle autorità del governo nigeriano. «Ci stanno soltanto mentendo». Adesso sono risoluti a far sì che le pressioni internazionali consentano di salvare le ragazze.
Armati di archi e frecce i genitori delle adolescenti hanno inseguito i rapitori, miliziani armati di AK-47. Alla fine, però, hanno dovuto rinunciare e tornare indietro. Il padre di Ayesha, che ha chiesto di non divulgare il suo nome per paura di ritorsioni, dice che le famiglie stanno pregando Dio che Stati Uniti e Nazioni Unite intervengano per restituire loro le ragazze. Negli ultimi tempi c’è stata una vasta caccia internazionale accompagnata da una copertura incessante delle notizie per individuare le persone scomparse a bordo del volo della compagnia aerea malaysiana MH370, mentre una ricerca vera e propria delle ragazze scomparse, in numero addirittura superiore ai passeggeri dell’aereo, non è stata neppure iniziata.
Ho parlato a telefono con il segretario di Stato John Kerry che si trova in visita in Africa e gli ho chiesto se gli Stati Uniti non potrebbero esortare garbatamente le autorità nigeriane a fare di più. Kerry ha risposto: «Stiamo esercitando pressioni su di loro... per la questione delle ragazze. Dio santo! Certamente!». Kerry ha parlato dell’episodio in termini di «un caso di traffico umano di massa, vergognoso, non certo un atto di terrorismo ». Gli ho chiesto se gli Usa possono avvalersi di satelliti o agenti dell’intelligence per cercare di individuare le ragazze: «Ci stiamo lavorando», ha detto.
Nella speranza di esercitare una pressione da più parti sulle autorità nigeriane, hanno preso il via sul sito web della Casa Bianca alcune campagne, e così pure su Change. org e su Facebook, con lo slogan: «Riportateci le nostre figlie ». Forse servirà, forse no. Ma vale la pena provare. L’assalto in Nigeria va inquadrato in un’iniziativa di repressione globale dell’istruzione femminile voluta dagli estremisti. I taliban pakistani hanno sparato a Malala Yousufzai in testa, quando aveva 15 anni, perché promuoveva l’istruzione femminile. Gli estremisti hanno scagliato acido in faccia alle ragazzine che vanno a piedi a scuola in Afghanistan. E in Nigeria soltanto l’anno scorso i miliziani hanno distrutto cinquanta scuole. Se le ragazze non saranno trovate e salvate, «nessun genitore permetterà a sua figlia di tornare a scuola» ha detto Hadiza Bala Uzman, che ha guidato le proteste a sostegno delle ragazze rapite. La Nigeria settentrionale è un’area profondamente conservatrice e se le alunne saranno trovate sarà molto difficile in ogni caso farle sposare, perché su di loro aleggerà il sospetto che non siano più vergini.
«Le alunne rapite sono mie sorelle» mi ha detto Malala in una mail dalla Gran Bretagna, dove si sta riprendendo dall’aggressione subita dai taliban, «e io esorto la comunità internazionale e il governo della Nigeria a passare all’azione ». Malala ha ragione. Oltre 200 ragazze adolescenti sono state fatte schiave perché avevano l’intelligenza e il fegato di voler diventare insegnanti o medici. Meritano di essere salvate da un serio sforzo della comunità internazionale
New York Times
News Service
Traduzione di Anna Bisanti
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