Daniel Libeskind è uno dei più grandi architetti viventi, Gillo Dorfles -ultra centenario - una mente che continua a nutrirci con la sua lucida intelligenza.
Dorfles è stato di recente a Berlino e ha visitato il Museo ebraico. Le sue riflessioni sono contenute nell'articolo che segue, pubblicato oggi sul CORRIERE della SERA, a pag.41, con il titolo " Elogio di un Museo sconcertante". La descrizione che ne fa Dorfles è perfetta, ha capito tutto, non si può che restarne ammirati. L'unica discordanza è nel giudizio che dà su un possibile risultato in disaccordo con quanto Libeskind si proponeva. Su IC abbiamo dedicato pagine a Daniel Libeskind, l'abbiamo ascoltato in svariate conferenze, il Museo di Berlino da lui pensato e realizzato è esattamente conforme al suo progetto e riflette in pieno le valutazioni essenziali di Dorfles. Nessuna discordanza, quindi. Quell'edificio -nella sua struttura architettonica - vale quanto e forse di più delle attività culturali che il Museo ospita, spesso oggetto di scelte decisamente discutibili. Tra le ultime, l'aver ospitato l'odiatrice di Israele Judith Butler.
Ci auguriamo che il pezzo di Dorfles susciti il desiderio tra i nostri lettori di conoscere quello che riteniamo il capolavoro di Daniel Libeskind.


Daniel Libeskind Gillo Dorfles

Berlino, il Museo Ebraico
Ecco l'articolo:
In un recente incontro berlinese ho avuto occasione di aggiornare le mie conoscenze architettoniche della capitale tedesca. Oltre a quelle ben note di Mies van Der Rohe, di Gropius, di Poelzig, e alle più recenti e ben note di Scharoun e di Renzo Piano, già molto discusse, vorrei spendere due parole soprattutto per l'importante museo ebraico di Daniel Libeskind. Quest'opera infatti costituisce l'esempio insolito di un capolavoro architettonico da molti punti di vista sconcertante. Infatti lo stile adottato dall'autore è,in un certo senso, uno specchio della situazione anomala e spesso tragica del popolo ebraico e cerca da un lato di creare un omaggio alla grande civiltà di questo stesso popolo, dall'altro di commemorare l'enorme tragedia della Shoah e delle persecuzioni dell'epoca nazista. Il Jüdisches Museum di Libeskind risale all'anno 2001 e il concorso è stato vinto dall'architetto polacco (i946) dopo un'accesa competizione; ma la ragione per cui questo importante edificio lascia perplessi è la sua indubbia apparenza insolita e spesso addirittura scostante. Non a caso la stessa pianta del museo è basata su una linea zigzagante che incrocia una linea retta, creando dei vuoti di forma trapezoidale che interrompono l'articolazione normale dello spazio. In questa maniera tutto l'insieme dell'area museale viene così ad essere improntato a una decisa asimmetria e a uno slivellamento, sia longitudinale che trasversale. Non solo, ma le stesse finestre vengono sostituite da feritoie irregolari che creano nell'interno una luce incostante con alternative tra la totale oscurità e una luminosità frammentaria. Naturalmente in questo modo non è certo possibile vedere l'esterno al di là delle feritoie. Non solo, ma all'interno si ha una sensazione di incertezza e impossibilità di comunicazione con il mondo esterno. La scomodità e la disagevolezza della permanenza interna evidentemente corrispondono a quanto l'architetto aveva voluto simboleggiare per quanto riguarda, appunto, la situazione equivoca del periodo nazista mentre i lunghi corridoi che si intersecano simboleggiano le vie di liberazione dai campi di concentramento e dalle tragiche detenzioni. È difficile decidere fino a che punto questo edificio, che indubbiamente è un solenne memorandum di un'epoca drammatica, possa effettivamente corrispondere a quella glorificazione dell'ebraismo che l'architetto perseguiva; ma credo tutto sommato che la spiacevolezza dell'insieme corrisponda a una condizione di insicurezza e di contrasto costante che può essere considerata come caratteristica del pensiero ebraico. Naturalmente la presenza di costruzioni simboliche all'interno della stesso edificio del museo può anche lasciare perplessi. II fatto che non ci sia un'entrata diretta e che molto spesso la mancanza di luce di certi ambienti voglia alludere al buio delle deportazioni al pari dell'uso simbolico della stella di Davide in una forma «distorta» (quale facsimile delle persecuzioni subite dal popolo ebraico) sono tutti atteggiamenti che concorrono a determinare l'atmosfera di un'aberrazione rituale. Un'atmosfera che, peraltro, può provocare nel visitatore non particolarmente erudito una sensazione decisamente sgradevole tanto da poter affermare che questo capolavoro architettoñico (quale sicuramente il Jüdisches Museum di Berlino di Libeskind può essere considerato) finisce per essere più che una glorificazione, una sorta di malinconica e tragica odissea. Il che, tutto sommato, consente di lodarlo dal punto di vista architettonico e storico, ma non permette di accettarne a pieno lo stilema artistico.
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