Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Negazionismo: iniziare a punire chi nega la Shoah cronaca e intervista alla senatrice PD Slvana Amati di Francesco Grignetti
Testata:La Stampa - Il Foglio Autore: Francesco Grignetti - Andrea Marcenaro Titolo: «Foibe e Armeni come la Shoah. 'Ma così tutto è negazionismo' - Ma intanto iniziamo a punire chi mente sull’Olocausto»
Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 29/01/2014, a pag.18, l'articolo di Francesco Grignetti dal titolo " Foibe e Armeni come la Shoah. 'Ma così tutto è negazionismo' " e la sua intervista alla senatrice PD Silvana Amati dal titolo " Ma intanto iniziamo a punire chi mente sull’Olocausto ". Segue il commento di Andrea's Version sul FOGLIO del 28/01/2014
La STAMPA - Francesco Grignetti : " Foibe e Armeni come la Shoah. 'Ma così tutto è negazionismo' "
Francesco Grignetti
A un passo dalla verità, ossia alla vigilia del voto previsto per oggi al Senato sul nuovo reato di negazionismo, che prevede una pena da 1 a 5 anni per chi «nega l’esistenza di crimini di guerra o di genocidio o contro l’umanità», si alzano i toni tra i favorevoli e i contrari. Lo storico-senatore del Pd Miguel Gotor due giorni fa ha inviato una lettera a tutti i senatori per metterli in guardia dal rischio di un passo falso. «È una proposta di legge che giudico inutile e controproducente». Gli hanno risposto in sessanta, d’accordo con lui. Anche un’altra brillante storica-senatrice del Pd, Emma Fattorini, ha mandato una lettera aperta ai colleghi: «Farne un reato ha significato in Francia, enfatizzarne l’importanza, farlo uscire dall’isolamento e dall’insignificanza». Il dibattito attraversa innanzitutto il gruppo del Pd, però, perché sono dem anche quelli che più sostengono la necessità di un nuovo reato. Così almeno la pensano Silvana Amati, Daniela Valentini, e Monica Cirinnà. Ma anche Lucio Malan, Pdl. E con loro ci sono senatori di tutti i gruppi. Il tema divide, anche se è universale e scontata la riprovazione per i negazionisti. Il senatore Carlo Giovanardi, Ncd, è il più perplesso di tutti: «Nel testo non si parla affatto di Shoah. Al contrario, si parla genericamente di crimini di guerra così come sanciti dal tribunale internazionale dell’Aja. Ma pochi sanno che lì sono pendenti oltre 8000 processi. Vogliamo vietare di discutere, in futuro, di Balcani, di Africa, o di Medio Oriente?». Giovanardi sostiene che il nuovo reato potrebbe avere effetti paradossali. «Qualcuno non ha ben capito che Israele ha tutto da perderci: non appena ci fosse qualche condanna all’Aja per crimini di guerra a Gaza, diventerebbe reato metterla in discussione. Pensiamo solo alle Fosse di Katyn: per cinquant’anni c’è stata una sentenza della magistratura polacca che diceva essere una strage nazista, poi abbiamo scoperto che erano stati i sovietici». Felice Casson, dopo aver collaborato alla riscrittura del ddl in commissione, che l’ha trasformato sostanzialmente in un’aggravante per chi commette poi reati specifici, ieri sera era alla ricerca di una mediazione. «Da una parte c’è una richiesta sovranazionale da parte dell’Unione europea, che mi pare un po’ esagerata. C’è poi un’attesa dell’opinione pubblica che mi pare comprensibile. Dall’altra, sono contrario ai reati di apologia». In effetti di nuovo, in occasione della Giornata della Memoria, la Commissione europea è tornata alla carica perché diciannove Paesi, tra cui l’Italia, non avrebbero ancora risposto alle sollecitazioni comunitarie del 2008, quando fu adottata all’unanimità una decisione quadro contro il razzismo e la xenofobia, che ci impegna a considerare reati «la negazione, l’apologia o la grossolana banalizzazione dei reati rivolti contro un gruppo razziale, etnico o religioso». La commissaria «Tra le nazioni europee in pace - diceva la vicepresidente della Commissione, Viviane Reding - rimane una sfida: continuare sul sentiero della ricerca della tolleranza nelle nostre società. Nessuno dovrebbe mai subire i discorsi o i crimini legati all’odio razziale». Come se ne esce? Risposta di Casson: «Prevedendo il dolo specifico: a quel punto sarebbe reato solo se si nega un genocidio in luogo pubblico e a scopo di proselitismo. La libera ricerca storica, che è un bene costituzionale, sarebbe salva».
La STAMPA - Francesco Grignetti : " Ma intanto iniziamo a punire chi mente sull’Olocausto "
Silvana Amati
La senatrice Silvana Amati, Pd, combattiva marchigiana che si batte da quattro legislature per le donne, la pace e i diritti degli animali, è anche l’ispiratrice del ddl che introduce il reato di negazionismo. Nonostante la sollevazione degli storici, lei insiste. Perché? «Perché vedo i segni di un rinascente neonazismo e non sono affatto tranquilla».
Gli storici però sono tutti contro. Anche quelli di sinistra. Anche quelli che siedono con lei nel Gruppo Pd del Senato come Miguel Gotor o Emma Fattorini. Sbuffa. «Già, tutti molto cattolici, molto osservanti, questi storici che mi fanno il processo...».
Dicono che il reato è un grande errore. «Premesso che è l’Europa che ce lo chiede, e che si sono già adeguate Francia, Germania, Austria, Belgio, Polonia e Svizzera, tutti Paesi sufficientemente democratici e rispettosi della libertà di pensiero, sono io a chiedere: scusate, ma non vedete i rigurgiti di neonazismo che attraversano il continente?».
In effetti è sotto gli occhi di tutti il successo di formazioni politiche xenofobe, antisemite e persino neonaziste. Ma è per legge che si ferma questo fenomeno? «Guardi, è l’Europa che si preoccupa dei rigurgiti di antisemitismo. Vanno riconosciuti come un delitto. Anche perché sono segni di altro. Di pericoli anche più gravi. Bisogna mandare un segnale di fermezza».
Con il reato, gli storici dicono che si verrà a creare una verità di Stato. «Mi dicono: così crei delle vittime! Forse, è un pericolo che bisogna correre. Gli storici, poi, si preoccupano tanto della loro autonomia di pensiero, ma io sento molto odore di casta. Questi quattro storici che vogliono essere lasciati alle loro speculazioni intellettuali, che vanno ai convegni e poi le loro cose restano lì, si mettono in cattedra e intanto la gente muore».
Il punto è se sia meglio combattere il negazionismo con le armi della cultura o con il codice penale. «Capisco il discorso. Ma da quanto tempo è che andiamo nelle scuole? Quant’è che i sopravissuti, poverini, vanno a raccontare le loro storie? Oppure quanto è che se ne discute in televisione e nelle cerimonie pubbliche? Oddio, con l’Olocausto è come la mimosa dell’8 marzo: si svegliano tutti solo alla data giusta. E vi sembra che le cose migliorino? A me non pare. Ci sono sempre più scritte sui muri. Ora pure le teste di maiale per posta. Vedo siti internet orribili, dove si brinda alla morte di Shlomo Venezia perché così c’è un testimone in meno. Quelli sono siti che andrebbero chiusi come quelli dei pedofili, ma per il momento lasciamo perdere. Insomma, la verità è che la cultura da sola non basta».
Scusi, ma non è un po’ troppo allargare il reato a tutti i crimini di guerra? Finirebbe sotto processo pure chi discute di Bosnia o di Ruanda. «Noi prevediamo di affidare al Tribunale internazionale dell’Aja la “verità storica” sui crimini di guerra. Però sono disponibile a fissare intanto il principio che sia un delitto negare la Shoah. Poi, come i francesi, potremmo fare una legge contro chi nega il genocidio degli armeni».
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