Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Siria: ribelli moderati contro ribelli pro al Qaeda cronaca di Giordano Stabile
Testata: La Stampa Data: 13 gennaio 2014 Pagina: 11 Autore: Giordano Stabile Titolo: «Ad Aleppo è diventata una guerra fra ribelli moderati e jihadisti»
Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 13/01/2014, a pag. 11, l'articolo di Giordano Stabile dal titolo "Ad Aleppo è diventata una guerra fra ribelli moderati e jihadisti".
Giordano Stabile
La seconda guerra civile siriana è partita con l’acceleratore schiacciato al massimo. Mille morti in due settimane, 697 registrati dall’Osservatorio per i diritti umani, finora maggiore fonte indipendente per questo tipo di statistiche. Se il bilancio complessivo, in tre anni di insurrezione contro il presidente Bashar al Assad, oscilla fra le 100 e le 120 mila vittime, la novità del 2014 è lo scontro a tutto campo fra gli oltranzisti islamici dell’Isis (Stato islamico dell’Iraq e del Levante) e i gruppi di autodifesa, islamici moderati, che sono sorti sulle ceneri del liquefatto Esercito libero siriano. Ribelli «patrioti» che combattono jihadisti in gran parte stranieri e in teoria arrivati ad aiutarli ad abbattere il raiss. L’esercito regolare sembra invece aver rinunciato alla vasta area di confine che va da Aleppo a Dar Az Zour, passando per Raqqa. Tutte città cadute sotto il tallone di una sharia di ferro dell’Isis (costola di Al Qaeda ancora più sanguinaria). La dittatura degli jihadisti, per di più stranieri, è però diventata insopportabile per gli insorti, che hanno pagato un prezzo altissimo nel cacciare le forze del regime. Nuove formazioni, come il Fronte islamico siriano, hanno puntato kalashnikov e razzi contro gli uomini in nero dell’Isis. E li hanno cacciati da gran parte di Aleppo e di Raqqa. Gli jihadisti (forti di 6-8mila uomini contro 20-30mila) hanno perso 246 combattenti, gli insorti 351. Il nuovo fronte interno dà fiato al regime. A Nord e a Est si limita ai raid dell’aviazione, che infliggono pesanti perditi civili ma non logorano le sue forze. Concentrate invece a «ripulire» la vasta periferia di Damasco (cinque milioni di abitanti sui 25 che contava il Paese prima della guerra). Ieri si è arreso il sobborgo di Madaya, dopo un assedio di cinque mesi. Senza acqua, cibo, medicine, 500 ribelli hanno accettato il cessate il fuoco e di fatto hanno abbassato le armi. Per Assad un buon viatico in vista della conferenza di pace di Ginevra del 22, anche se il capo dell’opposizione, Ahmed al Jarba, ribadisce che «non c’è posto per lui e la sua famiglia nel futuro della Siria». Ma con Assad, ieri apparso in una moschea di Damasco per festeggiare il giorno della nascita di Maometto, bisognerà fare i conti.
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