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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
06.01.2014 Negoziati Israele/palestinesi: Kerry in difficoltà
commenti di Lorenzo Cremonesi

Testata: Corriere della Sera
Data: 06 gennaio 2014
Pagina: 11
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: «Gli ostacoli per Kerry sul percorso di pace - La priorità umanitaria della Siria che oscura le missioni a Gaza»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 06/01/2014, a pag. 11, l'articolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo " Gli ostacoli per Kerry sul percorso di pace ", a pag. 31, l'articolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo " La priorità umanitaria della Siria che oscura le missioni a Gaza ".
Ecco i due articoli:

" Gli ostacoli per Kerry sul percorso di pace "


Lorenzo Cremonesi              John Kerry

GERUSALEMME — John Kerry allarga il campo. Viste le grandi difficoltà incontrate nel formulare un «accordo quadro» per rilanciare i negoziati tra israeliani e palestinesi, il segretario di Stato americano ha cercato ieri alleati ad Amman e Riad, dove ha incontrato i due monarchi, rispettivamente Abdallah e Abdullah. E nei prossimi giorni vedrà altri leader della Lega Araba nella speranza che possano contribuire ad «oliare» il tragitto verso le intese. Le tappe giordana e saudita erano previste già prima dell’arrivo in Israele giovedì, la decima visita mirata a far decollare il suo progetto di «processo di pace» avviato nel luglio scorso. Ma ora acquistano un significato nuovo alla luce degli ostacoli emersi nei colloqui con il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente palestinese Mahmoud Abbas. In particolare il gabinetto israeliano accusa l’Autorità palestinese di «incitare al terrorismo e alla violenza». «Abbiamo fatto progressi. La strada sta diventando più chiara. Il puzzle è più definito. Tutti ora sono consapevoli di quali siano i problemi aperti», ha comunque dichiarato Kerry mostrando l’ottimismo e l’energia del mediatore navigato. Lui dovrebbe tornare a Gerusalemme nelle prossime ore. I temi più scottanti del momento sono almeno due. Il primo riguarda la valle del Giordano e la dozzina di colonie ebraiche ivi erette da Israele dal 1967 ad oggi. I ministri «falchi» nel governo israeliano le hanno ripetutamente visitate negli ultimi giorni, giungendo anche a proporne l’annessione. Netanyahu insiste che debba restare una presenza militare «permanente» lungo il confine. I palestinesi si oppongono e chiedono la resa integrale della regione. Un secondo ostacolo riguarda la proposta israeliana di scambio territoriale: dare al futuro Stato palestinese una zona israeliana densamente popolata da arabi in cambio del mantenimento del controllo su «blocchi di colonie» ebraiche in Cisgiordania. Si tratta di una «condizione base», ha ribadito ieri Avigdor Lieberman, il ministro degli Esteri che ne è tra i più accesi fautori. Ieri lui stesso è tornato a specificarla. «Mi riferisco al piccolo triangolo di Wadi Ara. Non sarà un trasferimento di popolazione. Nessuno sarà espulso o bandito. Semplicemente il confine sarà spostato», ha dichiarato riferendosi alla regione a sud della Galilea abitata da circa 300 mila arabi.  

" La priorità umanitaria della Siria che oscura le missioni a Gaza "

«Ma gli internazionali che dicono di andare a sostenere la gente di Gaza non è meglio che ora provino ad aiutare i profughi siriani?». È quasi commovente la disarmante generosità con cui l’amico libraio palestinese a Gerusalemme est commenta la notizia per cui una «missione umanitaria» straniera, comprendente anche 34 italiani e arrivata a Gaza giovedì, ieri mattina sosteneva di essere «bloccata» nella striscia di Gaza e di non poter tornare al Cairo a causa del caos che regna nel Sinai. Rivela in una battuta l’enormità dei cambiamenti avvenuti in Medio Oriente negli ultimi tre anni e allo stesso tempo quanto appaia pateticamente superato chi si muove sui vecchi parametri. Per decenni, almeno dal 1967, la questione israelo-palestinese è stata al cuore delle attenzioni nella regione. Con essa le sofferenze degli abitanti arabi nei «territori occupati» hanno catalizzato le simpatie e la mobilitazione delle sinistre e delle organizzazioni umanitarie occidentali. Ma ora tutto è cambiato sul campo. Gli stessi palestinesi si dicono «disorientati, confusi». Per decenni loro sono stati le vittime per antonomasia nel mondo arabo. Adesso non più. Gli oltre 130.000 morti in Siria dal marzo 2011, la repressione in Egitto, il caos in Libia, il terrore in Libano, la destabilizzazione generale in tutta la regione sono molto più gravi di quanto avviene tra Gaza, Hebron, Jenin, Gerico o Nablus. «Un mese di scontri attorno ad Aleppo causa molte più vittime di tutti i morti palestinesi in quarant’anni», ammetteva un giornalista di Ramallah tre giorni fa. I 34 italiani tornano a denunciare la crisi negli ospedali di Gaza, ma che dire allora dei profughi siriani abbandonati nella neve in Libano? Come mai si è tanto restii a ricordare che da una settimana l’Onu segnala quotidianamente l’arrivo in Giordania di 450 iracheni in fuga dalle zone di Ramadi e Falluja conquistate dalle milizie qaediste? C’è da chiedersi se i fondi destinati all’Unrwa (l’agenzia Onu che dal 1949 sostiene i profughi palestinesi) non debbano adesso essere utilizzati almeno in parte per emergenze ben più gravi. Con buona pace degli umanitari «intrappolati» a Gaza, che hanno già chiesto l’intervento della Farnesina e l’attenzione dei media.

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