Ucciso a Beirut un leader Hezbollah, molte le interpretazione sul mandante. Riprendiamo oggi, 05/12/2013, la cronaca da Beirut dall'inviato di REPUBBLICA Alberto Stabile, a pag.17, con il titolo "Il Libano sull'orlo del baratro, ucciso un leader di Hezbollah". Dal FOGLIO il commento di Paola Peduzzi, a pag.3, con il titolo "Perchè Obama non può ignorare l'omicidio del 'tecnico' di Hezbollah", nel quale tira in ballo le responsabilità di Obama.
a destra in alto il No.2
Non si sente molto bene nemmeno il No.1 Nasrallah
(qui sotto)

Sulla STAMPA la cronaca è di Francesca Paci, la quale, magrado la conoscenza della regione mediorientale, ogni tanto si lascia sfuggire 'Tel Aviv' al posto di Gerusalemme. Scrive infatti " tensione tra Beirut e Tel Aviv ", pur sapendo benissimo che il governo di Israele non è a Tel Aviv ma nella capitale.
Invitiamo i nostri lettori a scrivere al direttore della STAMPA per chiedergli di avvisare la sua - di tanto in tanto- smemorata collaboratrice:
direttore@lastampa.it

Francesca Paci
La Repubblica- Alberto Stabile: " Il Libano sull'orlo del baratro, ucciso un leader di Hezbollah"

Milizie sciite Hezbollah in Libano
BEIRUT— Il Libano ha compiuto ieri un altro passo verso il baratro. Nel cuore della notte, in un dei quartieri a Sud di Beirut, Hadath, abitato da sciiti e cristiani, è stato ucciso mentre rincasava uno dei comandanti militari di Hezbollah, Hassan Hulo al Laqiss, 52 anni, un dirigente considerato molto vicino al leader Hassan Nasrallah.
I killer (si parla di tre persone) lo hanno aspettato nel parcheggio del suo palazzo e lo hanno ucciso con una pistola calibro 9 (arma insolita, di alta professionalità) munita di silenziatore: cinque colpi tra il collo e la testa. Omicidio rivendicato da una sigla sconosciuta, le Brigate dei liberi sunniti di Balbeck. Dove gli elementi di riconoscimento, o di depistaggio, sono racchiusi nella parola “sunniti”, per alimentare l’ipotesi che si tratti di un episodio dello scontro settario tra sunniti e sciiti esploso sullo sfondo della guerra in Siria.
Il caso, o la diabolica furbizia dei mandanti, ha voluto che il delitto fosse compiuto poco dopo che una televisione indipendente, avesse mandato in onda un’intervista con Nasrallah, nella quale il capo dell’Hezbollah per la prima volta ha accusato apertamente i servizi segreti dell’Arabia Saudita di essere dietro l’attentato compiuto il 19 novembre contro l’ambasciata dell’Iran a Beirut (25 morti, tra cui l’addetto culturale iraniano, e 150 feriti).
Per quell’attentato, messo a segno da due giovani kamikaze seguaci dello sceicco Hamed Jassir, un leader religioso sunnita di Sidone attualmente latitante, Hezbollah aveva inizialmente puntato il dito contro Israele e “i suoi scherani” locali. Ieri Nasrallah ha corretto il tiro, affermando che l’organizzazione che aveva rivendicato l’attacco
all’ambasciata, le Brigate Abdullah Azzam, è uno strumento in mano ai servizi di sicurezza di Ryad.
Anche a proposito dell’agguato contro al Laqiss, Hezbollah ha accusato Israele, sostenendo che i servizi israeliani avevano cercato di ucciderlo in diverse occasioni. E anche stavolta Israele ha negato.
Al Laqiss non era certamente un pesce piccolo. Dirigente della prima ora, vale a dire sin dalla fondazione del Partito di Dio, partecipante alla guerra del 2006 contro Israele, durante la quale aveva perso un figlio, al Laqiss ha altresì preso parte a diverse operazioni nell’ambito della guerra siriana, al comando di una delle formazioni inviate da Hezbollah a combattere a fianco dell’esercito di Damasco contro i ribelli.
Ora, basta questo dettaglio della biografia della vittima per pensare che anche questo delitto eccellente si debba far risalire al contesto della guerra siriana, dove gli Hezbollah sono direttamente
impegnati sul campo, mentre l’Arabia Saudita, assieme al Qatar, al Kuwait e gli Emirati figurano tra i principali finanziatori e sostenitori della rivolta contro Assad.
Una contrapposizione che trova nel Libano, afflitto da un pernicioso vuoto di potere e dove i due schieramenti sono direttamente e indirettamente presenti, un immediato terreno di contagio, con lo Stato libanese a far la parte del vaso di coccio. Per dirne una, qualche giorno fa, il presidente Suleiman è andato a Ryad per chiedere a re Abdullah di favorire la soluzione della crisi politica libanese, anch’essa figlia della crisi siriana. Per nulla turbato, il vecchio monarca gli ha risposto di mandare prima di tutto l’esercito a bloccare i miliziani Hezbollah che vanno a combattere in Siria.
Il Foglio-Paola Peduzzi: " Perchè Obama non può ignorare l'omicidio del 'tecnico' di Hezbollah"

Milano. C’è stata un’esecuzione, a Beirut, nella notte tra martedì e mercoledì. Hassan al Laqqis, uno dei comandanti militari di Hezbollah, è stato avvicinato mentre era sulla sua auto, tornava dal lavoro attorno a mezzanotte, nel distretto Hadath, a sud di Beirut, ed è stato colpito alla testa con una pistola col silenziatore, secondo la versione riportata dalla Reuters. Pare che un colpo sia stato sufficiente. “Un’operazione professionale”, ha dichiarato Hezbollah ieri mattina, roba da israeliani, insomma. “Il nemico israeliano – recita la dichiarazione del Partito di Dio – ha cercato più volte di colpire il nostro fratello martire, in luoghi diversi, ma i suoi tentativi sono sempre falliti, fino a questo assassinio ripugnante”. Israele “dovrà prendersi tutta la responsabilità” del gesto, naturalmente, anche se il portavoce del ministero degli Esteri israeliano nega ogni coinvolgimento. Nelle stesse ore su Twitter un gruppo sconosciuto, la brigata Ahrar al Sunna Baalbek, ha rivendicato l’omicidio, riportando l’operazione nell’alveo degli altri attacchi che da tempo si verificano in Libano, cioè da quando Hezbollah è andato a combattere in Siria a difesa del regime di Bashar el Assad e contro tutti gli altri: ribelli e al Qaida soprattutto. C’è un indizio piuttosto rilevante che fa pensare che il movente dell’assassinio sia in Siria più che in Israele: Laqqis, uomo molto vicino al leader di Hezbollah Hassan Nasrallah e considerato un “tecnico” esperto nella costruzione di armi sofisticate, ha combattuto in territorio siriano, guidando i miliziani di Hezbollah negli scontri nel nord della Siria. Il ruolo del Partito di Dio nella guerra civile siriana e il flusso continuo di sunniti libanesi che vanno a raggiungere i ribelli contro Assad e combattono con loro in Siria hanno riaperto gli scontri settari in Libano – una delle tante, tremende conseguenze della deci sione dell’occidente di non fermare Assad. Ad agosto un’auto è esplosa a Beirut facendo decine di morti e soltanto il mese scorso un doppio attacco all’ambasciata iraniana nella capitale libanese ha fatto altre 25 vittime. Per quest’ultimo attacco gli iraniani, padrini morali e militari sia di Hezbollah sia del regime di Damasco, accusarono Israele, ma la rivendicazione più attendibile arrivò da un gruppo legato ad al Qaida che opera in Libano, le Brigate Abdullah Azzam. Soltanto due giorni fa, poche ore prima dell’assassinio di Laqqis, il leader di Hezbollah Nasrallah ha detto che non si tratta di un gruppo inventato, “esiste eccome, ha una leadership, e sono convinto che sia collegata all’intelligence saudita”. L’Arabia Saudita è l’altro nemico giurato della coalizione Iran-Hezbollah-Assad, tanto più ora che, tradita da Barack Obama che non ha voluto assecondare Riad nella guerra contro il regime di Damasco ha stretto un’alleanza con Israele. Contingente e temporanea, s’intende, ma fattiva: si parla di un piano congiunto tra sauditi e israeliani per il contenimento dell’Iran. L’accordo sul nucleare iraniano siglato a Ginevra tra l’occidente e Teheran ha rinsaldato l’asse tra i sauditi e gli israeliani, via Parigi, che in questa fase si è dimostrata la capitale più vivace nel costruire argini alla voglia di dialogo imperante. Laqqis è stato sepolto ieri a Balbeek, meravigliosa cittadina che nell’antichità si chiamava Heliopolis, nella valle della Bekaa, a pochi chilometri dal confine siriano. Terra d’origine di Laqqis, e uno dei centri di smistamento di uomini e armi tra la Siria e il Libano in quella che non è più – e da parecchio tempo, pure se l’Amministrazione Obama ha deciso di ignorare la realtà – un conflitto interno alla Siria a uso e consumo di Assad, ma una guerra regionale.
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