Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 29/10/213, a pag. 28, l'articolo di Stefano Montefiori dal titolo " La femminista miliardaria contro tate e maestre con il velo ".

Elisabeth Badinter
Non capiamo il riferimento alle disponibilità finanziarie di Elisabeth Badinter. Per quale motivo Montefiori le ha citate ?
Una specificazione che ricorda vagamente certi stereotipi del tipo 'ebrei tutti ricchi' ?
In ogni caso, segnaliamo l'importanza delle parole di Badinter nella sua definizione di islamofobia : " In Francia questa è una parola alla moda, che serve per tappare la bocca a chi osa dire la verità: il velo, in molto casi, non è un gesto religioso ma un atto di provocazione politica, di proselitismo, di opposizione militante ai valori della Repubblica".
Ecco il pezzo:
PARIGI — Più la Francia di Hollande pratica il compromesso, persegue soluzioni soft, rincorre il consenso con un tocco di moralismo benpensante, più Élisabeth Badinter alza gli occhi azzurri al cielo.
Una 69enne celebre filosofa di sinistra contro burqa, velo islamico e anche contro il governo della gauche , troppo timido in difesa della laicità; una femminista della prima ora che detesta «il vittimismo» neofemminista e la misandria, una donna da sempre socialista che è anche ereditiera del colosso pubblicitario Publicis, e che ha votato il bonus record di 16 milioni di euro per il manager Maurice Lévy proprio quando François Hollande si abbandonava alla retorica anti ricchi: Élisabeth, nata Bleustein-Blanchet e moglie del grande ministro della Giustizia mitterrandiano Robert Badinter, riesce a essere una figura centrale del potere francese, intellettuale e non, e allo stesso tempo tiene posizioni da eretica.
La sua ultima battaglia è contro la pretesa del governo di abolire la prostituzione, cominciando da una legge che punirà solo chi compra prestazioni sessuali, e non anche chi le offre: la Badinter sarebbe per non punire nessuno.
La incontriamo, insieme a qualche altro giornalista straniero, in un ristorante a due passi dall’Assemblea nazionale, la Camera dei deputati dove spesso le viene chiesto un parere autorevole in occasione dei dibattiti parlamentari.
«Esiste la prostituzione libera — dice —, praticata da persone che decidono consapevolmente e senza costrizione di disporre del proprio corpo. Io, da vecchia femminista degli anni Settanta, penso che una donna abbia il diritto di usarlo come vuole. O lo Stato vuole promuovere l’ideale di una sessualità sempre e solo legata all’amore? E chi gliene dà il diritto?».
La proposta di legge presentata dal capogruppo socialista Bruno Le Roux prevede una multa di 1.500 euro (raddoppiati in caso di recidiva) a carico del cliente di una prostituta. Il testo — ricalcato sul modello svedese — sarà discusso a partire dal 17 novembre, e Élisabeth Badinter ha deciso di dare battaglia. Per ragioni pratiche («gli sfruttatori non vengono toccati», «nessuno ascolta il parere delle prostitute») e una ideologica, fondamentale: «La visione prevalente oggi prevede che la donna sia vittima e l’uomo mascalzone. Lo vediamo in tutti i contesti, ma è falso. Dall’America degli anni Ottanta in poi, ha finito per prendere piede questo strano discorso femminista che vuole per esempio proibire la prostituzione, o la pornografia, perché necessariamente strumenti dell’oppressione delle donne. A me sembra un passo indietro».
Élisabeth Badinter, grande studiosa del secolo dei Lumi, combatte in questi giorni contro un’altra tentazione della Francia hollandiana: la mollezza nei confronti dell’Islam radicale, incarnata dalla sconfitta di fatto nel caso «Baby Loup».
Una donna musulmana, Fatima Afif, nel 2008 è stata licenziata dall’asilo «Baby Loup» a Chanteloup-les-Vignes, nella periferia parigina, perché voleva occuparsi dei bambini tenendo il velo islamico. Ne è nata una battaglia giudiziaria — non ancora terminata — che nel marzo scorso ha visto la Cassazione annullare il licenziamento. Nel frattempo, quell’asilo va verso la chiusura: «La direttrice viene insultata per strada perché tutta la cittadina è in mano ai salafisti — dice Badinter — e del resto una donna che non porta il velo lì viene trattata pubblicamente da puttana. Alcune indossano il burqa, nonostante sia illegale, e se per caso un poliziotto cerca di fare rispettare la legge rischia di innescare una rivolta, come è successo quest’estate a Trappes».
Anche qui Badinter denuncia una marcia indietro della società: «Le prime ragazzine musulmane nelle nostre scuole erano straordinarie allieve che studiavano più delle altre per integrarsi, e ci riuscivano. Da 15 anni a questa parte assistiamo al grande riflusso: le ragazze di origine maghrebina si coprono, si mettono il velo, si rinchiudono nella dimensione spesso opprimente delle loro famiglie. In Tunisia le ragazze musulmane scendono giustamente in piazza contro il progetto di Costituzione che dà loro un “ruolo complementare” all’uomo, mentre in Francia si mettono il burqa. È deprimente. E una parte della sinistra è troppo accomodante, perché ha il terrore di essere tacciata di islamofobia. In Francia questa è una parola alla moda, che serve per tappare la bocca a chi osa dire la verità: il velo, in molto casi, non è un gesto religioso ma un atto di provocazione politica, di proselitismo, di opposizione militante ai valori della Repubblica».
Badinter è a favore dell’allargamento alle tate e maestre degli asili privati e alle università del divieto del velo islamico. «Ci deve essere un contesto, ed è quello dell’educazione, in cui ognuno possa liberarsi del fardello dell’appartenenza etnica e religiosa. Per imparare e per crescere insieme». Sì alla prostituzione, no al velo. Élisabeth Badinter, ancora una volta, non manca di coraggio.
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