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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Giornale-LaStampa-Corriere della Sera Rassegna Stampa
13.10.2013 Priebke & altri nazisti
di Fiamma Nirenstein, Maurizio Molinari, Stefano Montefiori

Testata:Il Giornale-LaStampa-Corriere della Sera
Autore: Fiamma Nirenstein-Maurizio Molinari-Stefano Montefiori
Titolo: «Ancora in fuga dalla storia, ecco i criminali nazisti più ricercati del mondo-Per uno spietato carnefice ogni perdono è impossibile-Lui, Eichmann e gli altri boia felici di esserlo senza mai un rimorso»

Sul caso Priebke, riprendiamo oggi, 13/10/2013, gli articoli più significativi, Fiamma Nirenstein sul GIORNALE, Maurizio Molinari sulla STAMPA, Stefano Montefiori sul CORRIERE della SERA che intervista il 'cacciatore di nazisti' Serge Klarsfeld.

 

Il Giornale-Fiamma Nirenstein: " Per uno spietato carnefice ogni perdono è impossibile "

Fiamma Nirenstein

Un giorno di inverno durante l'intifada iniziata nel 2001, un terrorista si erafatto saltare per aria al mercato di Mahanei Yehuda a Gerusalemme. Sono corsa là col blocco di appunti. Le bancarelle erano montagne di schegge insanguinate, gli infermieri con i gilé arancioni raccoglievano i feriti urlanti, le compagnie di pietà raccoglievano corpi di innocenti, membra, brandelli. Il terrorista aveva scelto un luogo più affollato possibile, i vecchi che fanno la spesa la mattina in ciabatte, le donne coni brutti carrelli a ruote, i bambini perla mano. Mi girava la testa, procedevo brancolando sulla strada, i cameraman si affollavano, la polizia mi spingeva fuori con gli altri giornalisti... E camminando scavalcai un tronco nero di cenere e di fuoco. Quasi ci inciampavo. Quando mi sono voltata per capire cos'era, ho capito che era il corpo del terrorista. Non ho sentito nulla, proprio nulla. Nessun sentimento. Era un carrarmato atterrato, il residuo ferruginoso di una bomba a mano usata, era uno strumento d'odio. Così Priebke. Uno strumento di ferro contro l'umanità. Né per lui né per quel terrorista ho pensato che, come dice l'ebraismo che prescrive una sepoltura quanto più celere pensando alla resurrezione, il suo corpo fosse sacro a causa della intimità che la nostra rappresentazione fisica ha con l'anima. Ora si discute della sepoltura negata a Priebke. Il nazismo non ha niente a che fare, come invece è diventato purtroppo moda sostenere, con «la banalità del male». Non c'era banalità in Priebke, c'era il male, che ha una sua forma ben definita, che è fatta di ferocia, di prepotenza e disprezzo perla vita, e che nella storia prende la forma di varie ideologie, il nazismo, il comunismo, l'islamismo estremo, che poi alla fine finiscono, ciascuna, per odiare e uccidere gli ebrei. Priebke si è appellato al dovere dell'obbedienza, come fece a suo tempo Eichmann, ma - ciascuno a suo modo - erano, come ha scritto Daniel Goldhagen, volenterosi carnefici di Hitler. Non si vede obbedienza nella scelta di eccedere l'ordine della decimazione. Si vede il fanatismo confermato fino all'ultimo, fino alla più penosamente demenziale delle forme di antisemitismo, il negazionismo della shoah. Se qualcuno si vuole interessare alla messa e alla sepoltura di un corpo che era un tronco nero, non per questo dev'essere ascritto alla medesima famiglia, può anche farlo perché la ritiene una forma di pietas. Io conservo la mia pietas per categorie che non comprendono i terroristi, i nazisti e gli altri assassini ideologici. Troppa è la sofferenza che deriva dal loro operato perché resti spazio oltre la cura delle loro vittime.

La Stampa-Maurizio Molinari: "Ancora in fuga dalla storia, ecco i criminali nazisti più ricercati del mondo"

 Maurizio Molinari

Nel suo piccolo ufficio viennese al numero 9 di Saltzorgasse, poco lontano dal Danubio, Simon Wiesenthal riceveva ricercatori e studenti spiegando che l'obiettivo della caccia ai criminali nazisti era «fare giustizia, non vendetta» e la priorità non era «solo la cattura ma anche l'esposizione delle loro atrocità» affmché «vengano ricordate dalle nuove generazioni». Scomparso nel 2005, Wiesenthal ha lasciato tale missione a cacciatori di nazisti con cui ebbe occasione di lavorare assieme e - data la sua nota tempra - anche di avere vivaci alterchi. L'erede più diretto è Efraim Zuroff, uno storico israeliano di origine americana che vive a Efrat e coordina la ricerca dei criminali nazisti «Most Wanted» - più ricercati - per il «Simon Wiesenthal Center», il cui quartier generale oggi è a Los Angeles. Zuroff iniziò a collaborare con Wiesenthal nel 1978 e dall'indomani della caduta del Muro di Berlino si è dedicato in particolare a identificare i responsabili di atrocità commesse da ex collaboratori dei nazisti residenti nei Paesi dell'Est. I maggiori successi sono arrivati nei Paesi Baltici e in Croazia. Ad esempio fu lui che trovò e fece arrestare in Argentina Dinko Salde, ex comandante ustascia del campo di Jasenovac, poi condannato a venti anni di reclusione dalla giustizia di Zagabria. Zuroff cura la pubblicazione annuale del «Report» - creato da Simon Wiesenthal - con l'elenco dei criminali nazisti più ricercati. In cima alla lista, da molti anni, c'è Alois Brunner, l'ex collaboratore di Adolf Eichmann nella deportazione degli ebrei europei che dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale trovò rifugio in Siria, diventando uno stretto consigliere di Ha-fez Assad, padre dell'attuale presidente. Il suo ultimo avvistamento in Siria risale al 2001 e anche le tracce del secondo «Most Wanted» portano nei Paesi arabi perché Aribert Heim, il dottore degli esperimenti sui prigionieri nel lager di Mauthausen, sarebbe morto al Cairo nel 1992. Ma se Zuroff lo include nella lista - ed è andato a cercarlo a casa della figlia in Brasile - è perché in Egitto non si è mai trovata nè la salma nè alcun campione del suo Dna. Il terzo «Most Wanted» riguarda invece l'Italia perché Gerhard Sommer è l'ex comandante delle SS condannato nel 2005 a La Spezia per la strage di Sant'Anna di Stazema - 560 vittime - che vive tranquillamente in Germania dove «nessuna accusa gli è stata ancora formalizzata» afferma Zuroff, che dedica gran parte del suo tempo a esercitare pressioni proprio su quei Paesi - come Germania, Canada, Lituania e Lettonia - dove la riconosciuta presenza di criminali nazisti e loro collaboratori non porta ancora a processarli in tribunale. In Francia sono Serge e Beate Klarsfeld, fondatori dell'Associazione dei figli e delle figlie della Shoà, ad aver contribuito alla cattura di tedeschi e francesi responsabili di atrocità commesse durante l'occupazione, dal «Boia di Lione» Klaus Barbie a Renè Bousquet, ex capo della polizia di Vichy. L'esposizione delle responsabilità francesi è peri Klarsfeld parte fondamentale del loro lavoro. Ma il cacciatore di nazisti che può vantare maggiori risultati è Eli Rosenbaum che dal 1995 guida l'apposita task force del Dipartimento di Giustizia di Washington. In precedenza era stato lui, come capo dell'unità investigativa del Congresso mondiale ebraico, a svelare i trascorsi nazisti di Kurt Waldheim, e lavorando per il governo americano è riuscito a identificare almeno 30 ex nazisti, responsabili di reati di diversa natura e gravità, rifugiatisi negli Stati Uniti. Molti sono stati estradati o deportati, come l'ex guardia del lager di Sobibor Ivan Demjanjuk trasferito in Germania nel 2009 e deceduto nel 2012 o l'ex agente della Gestapo estone lvflkhail Gorshow consegnato a Tallinn nel 2011 I risultati di Rosenbaum sono stati tali da spingere il Dipartimento di Giustizia ad affidargli le indagini anche sui responsabili di altri crimini - commessi in Bosnia, Ruanda o altri conflitti - rifugiatisi in America negli ultimi anni: ne ha trovati 80.

Corriere della Sera-Stefano Montefiori: " Lui, Eichmann e gli altri boia felici di esserlo senza mai un rimorso "

 

Serge Klarsfeld                                             Stefano Montefiori

Nel 1943 Serge Klarsfeld sfuggì alla Gestapo, a Nizza. Suo padre venne catturato e deportato a Auschwitz. Serge aveva 8 anni. Il resto della sua vita lo ha dedicato a ritrovare — con l'aiuto della moglie Beate —i capi nazisti per trascinarli in tribunale.
Signor Klarsfeld, è sorpreso dal testamento di Erich Priebke? Quel suo ripetere che l'Olocausto è un'invenzione, che ad Auschwitz c'erano cucine più che camere a gas, che lui comunque non ha mai fatto altro che ubbidire agli ordini?
«No, sarei sorpreso del contrario. Io ho ritrovato e fatto processare tra gli altri anche Klaus Barbie (soprannominato "il macellaio di Lione", ndr), che deportò centinaia di ebrei di Francia e in particolare 44 bambini. Abbiamo mai sentito da lui una parola di pentimento? L'abbiamo mai udita da Adolf Eichmann? Priebke è un boia uguale a tutti gli altri, non fa che ripetere il copione tipico di tutti i nazisti che sono stati catturati dopo la guerra».
Perché, secondo lei? Forse non voleva deludere quelli che avrebbero poi scritto sui muri «onore a Priebke» con la croce celtica? C'è un clima, in Europa, che rende possibile queste assurdità?
«No, non credo sia questo il motivo e non mi sento di lanciare allarmi. A parte qualche imbecille, l'opinione pubblica europea sa che l'Olocausto è esistito e Priebke è morto sapendo di suscitare il disgusto nella stragrande maggioranza della popolazione».
Quindi Priebke è rimasto fedele a una linea concordata?
«Sì, tutti i nazisti catturati hanno sempre risposto allo stesso modo, con quel ritornello di ubbidire agli ordini... Né Priebke né nessun altro ha avuto mai la forza di assumersi le sue responsabilità di boia, di dire la verità, cioè "ammazzavo gli ebrei perché potevo farlo ed ero contento". Si sono tutti dati un gran da fare nel dare la colpa agli altri, a chi dava gli ordini, anche se molti ordini li hanno dati loro stessi Forse, in qualche Paese del Medio Oriente dove si contesta ancora l'esistenza stessa dell'Olocausto, Priebke avrebbe persino rivendicato le sue gesta. Non poteva farlo in Italia, in Europa. Ha scelto la rimozione, la negazione. E qualcosa di psichiatrico, comune a tutti loro. Qualcosa che forse ha anche a che fare con il bisogno di poter guardare ancora in faccia i figli, i famigliari. C'è una distanza che lascia sgomenti tra le loro azioni durante la guerra e il loro umore da sconfitti in fuga. Non uno che sia crollato sotto il peso del rimorso».
Che pensa del rifiuto di Roma e dell'Argentina di accoglierne la salma?
«Non saprei, neanche questo mi sorprende. Come non mi ha turbato il fatto che Priebke abbia vissuto tanto. La durata e la qualità della vita non dipendono affatto dalla moralità della persona, come si vede. Altri gerarchi hanno vissuto molto a lungo. Mi consola pensare che anche alcuni deportati sopravvissuti ad Auschwitz ci sono riusciti. Israele disperse le ceneri di Eichmann in mare, l'Argentina non vuole esaudire il desiderio di Priebke di essere sepolto accanto a sua moglie. Mi è tutto sommato indifferente».
Signor Klarsfeld, la sua battaglia continua?
«Continua la mia battaglia per tenere viva la memoria dei deportati, con la mia Associazione dei figli e delle figlie dei deportati ebrei di Francia. Ma la caccia ai criminali nazisti ormai si sta concludendo. Ho sempre cercato di colpire i pesci grossi, quelli che realmente avevano delle responsabilità enormi nell'esecuzione del massacro, e quelli sono morti o sono negli ultimi mesi di vita. A questo punto della vicenda storica bisogna fare molta attenzione»
Che cosa intende?
«Dobbiamo essere in grado di fermarci, di non accanirci I grandi colpevoli non ci sono più. Resta qualche pesce piccolo, e il problema con loro è accertarsi che abbiamo davvero commesso crimini contro l'umanità. La legge tedesca è la meno selettiva nella materia, consente di arrivare fino ai guardiani dei campi. Ma a questo punto, siamo sicuri che solo per questo siano responsabili? La prospettiva di condannare un innocente mi spaventa tanto quanto quella di lasciare indisturbato un massacratore. Nei prossimi mesi nel Baden-Wurttemberg verrà organizzato un processo contro uno di questi guardiani, ormai molto anziano. E io non so ancora se vorrò partecipare»

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