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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa - Corriere della Sera Rassegna Stampa
07.10.2013 Guerra al terrorismo: catturata in Libia la mente di al Qaeda
cronache e commenti di Paolo Mastrolilli, Guido Olimpio

Testata:La Stampa - Corriere della Sera
Autore: Paolo Mastrolilli - Guido Olimpio
Titolo: «Tripoli, presa la mente di AlQaeda - La guerra segreta al terrore in Africa. Così l’America si appoggia all’Italia»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 07/10/2013, a pag. 10, gli articoli di Paolo Mastrolilli titolati "  Tripoli, presa la mente di Al Qaeda" e "  Quel terrorista che faceva da contro figura a Osama". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 12, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " La guerra segreta al terrore in Africa. Così l’America si appoggia all’Italia ".
Ecco i pezzi:

La STAMPA - Paolo Mastrolilli : " Tripoli, presa la mente di Al Qaeda "


Paolo Mastrolilli     al Qaeda

L’Africa settentrionale è la nuova frontiera più calda della lotta al terrorismo. Lo dimostrano i raid fattidagliUsa quasi incontemporanea, ma a 3.000 miglia di distanza, a Tripoli e in Somalia. Il primo, condotto all’alba di sabato da militari americani e forse libici, assistiti da Fbi e Cia,ha portato alla cattura di Abu Anas al- Libi, leader di al Qaeda considerato responsabile degli attentati del 1998 contro le ambasciate diNairobi e Dar es Saalam. Il secondo, lanciato nella città di Baraawe dallo stesso Team6 dei Navy Seal che aveva ucciso Osama bin Laden, aveva lo scopo di catturare un capo del gruppo al Shabaab, probabilmente Mukhtar Abu Zubeyr noto come Ahmed Godane, per punirlo dell’assalto del 21 settembre al centro commerciale di Nairobi. Questo raid ha fallito l’obiettivo della cattura, dopo una sparatoria, in cui però èmorto almeno unmilitante.
Mesi di preparazione
La prima operazione era stata programmata da tempo. Al-Libi, ricercato da quindici anni, era tornato nel suo paese per la rivoluzione contro Gheddafi. La Cia lo seguiva, e mentre il presidente Obama valutava i raid in Siria, o discuteva con i repubblicani la crisi dello shutdown, sapeva che il blitz era imminente. Il secondo attacco invece è stato organizzato nelleultimedue settimane.
Successo a Tripoli
Secondo la stessa moglie di al-Libi, il marito stava tornando dalla preghiera mattutina, quando tre auto lo hanno circondato. Sono scesi una decina di uomini che hanno rotto il finestrino, tolto la pistola all’uomo e lo hanno portato via.La moglie ha detto di averli sentiti parlare in dialetto libico. Poco dopo c’è stata anche una sparatoria con quindici vittime in un posto di blocco nel quartiere dove vive il clan del terrorista. Al-Libi è già fuori dal paese, e oggi stesso potrebbe arrivare a NewYork, dove è stato incriminato.
Battaglia in Somalia
Nelle stesse ore i Seals hanno assalito una casa di Baraawe, città a sud di Mogadiscio nota base di al Shabaab. Sono arrivati dalle navi che li ospitano nell’Oceano Indiano con piccoli sommergibili. Hanno raggiunto l’edificio dove c’erano una dozzina di terroristi addestrati per unamissioneall’estero.È scoppiato uno scontro a fuoco e quindi non sono riusciti a catturare l’obiettivo, ma hanno ucciso almeno un militante. Poi sono fuggiti, per evitare vittime civili, o disastri come quello dell’elicottero Black Hawk abbattuto a Mogadiscio nel 1993. La reazione libica
Il governo di Tripoli ha chiesto chiarimenti a quello americano sul «rapimento », per dimostrare che era estraneo all’operazione. All’inizio però gli Usa avevano detto che le autorità locali erano informate, e se lamoglie di al-Libi ha sentito bene, la cattura è stata condotta da libici. Il problema è che il governo è debole, e la complicità in una simile operazione lo espone a contraccolpi da partedegli estremisti islamici.
La risposta della CasaBianca
Washington ha deciso di agire proprio perché Tripoli non collaborava nella lotta ai terroristi, mentre una fonte governativa ha rivelato che al-Libi lavorava al rilancio di al Qaeda nel Nordafrica. Ora nelmirino potrebbero finire i sospettati per l’attacco di Bengasi. Shabab invece deve essere decapitata, prima che diventi ancora più ambiziosa. «Questa operazione - ha detto la Casa Bianca - dovrebbe essere un chiaro richiamo che gli Usa puniranno coloro che attaccanogli americani, enon dimenticheranno mai le vittime del terrorismo».

La STAMPA - Paolo Mastrolilli : "  Quel terrorista che faceva da controfigura a Osama"


Anas al-Libi

Si racconta che Anas al-Libi fosse così vicino e uguale ad Osama bin Laden, da fungere anche come sua controfigura.Giusta o no, questa diceria spiega perché raccontare la sua storia significa raccontare quella dell’organizzazione. Nazih Abd al Hamid al-Rughay, chiamato Anas al-Libi nel codice di alQaeda,è nato 49anni fa nel paese allora dominato da Gheddafi. Il colonnello era stato feroce contro gli estremisti islamici, quindi Anas aveva trovato rifugio all’estero, unendosi aBin Laden prima in Sudan, e poi in Afghanistan. Era considerato l’esperto di computer dell’organizzazione, e aveva compiti operativi gestionali molto importanti. Nel 1993 si era trasferito a Nairobi, nella casa del militante marocchino L’Houssaine Kherchtou, per decidere come colpire l’ambasciata americana su Moi Avenue. Nell’agosto del 1998, un camion bomba aveva ucciso 213 persone. All’epoca dell’attacco al-Libi si era già rifugiato in Gran Bretagna,come perseguitato di Gheddafi. Quando gli americani avevano rivelato agli inglesi il suo vero ruolo, Scotland Yard aveva assalito l’appartamento diManchester dove si era nascosto. Luieragiàfuggito,maavevalasciato dietro un computer col “Manuale delTerrore”.Scritto in arabo,conteneva 180 pagine divise in 18 capitoli, intitolate «Studi militari nella jihad contro i tiranni».Spiegava come falsificare documenti, scrivere in codice, creare rifugi sicuri, uccidere col coltello, il veleno, le corde, gli oggetti occasionali,e anche le mani nude. Scappato dalla Gran Bretagna, al-Libi si era riunito ai militanti di al Qaeda per gli attacchi dell’11 settembre. La caduta di Gheddafi gli ha riaperto le porte del suo paese. Girava senza precauzioni nel centro di Tripoli, e anche se qualche analista sostiene che in pratica si era ritirato, la sua presenza dimostra che gli estremisti islamici non sono solo nella zona occidentale dellaLibia, e il governo non può, o non fa nulla percontrollarli.Ora è nelle mani degli americani, che prima cercheranno di ottenere informazioni, e poi lo processeranno.

CORRIERE della SERA  - Guido Olimpio : " La guerra segreta al terrore in Africa. Così l’America si appoggia all’Italia "


Guido Olimpio      

WASHINGTON — C’è la portaerei Italia ad appoggiare la caccia ai terroristi in Africa. Con le basi di Sigonella e Vicenza a sostenere le operazioni segrete Usa, retrovie per le unità speciali protagoniste di raid simili a quelli lanciati, in contemporanea, in Somalia e in Libia. Il primo fallito, il secondo chiusosi con la cattura del qaedista Anas Al Libi.
Notte tra venerdì e sabato. Il Seal Team Six della Marina, noto come Devgru e autore del blitz contro bin Laden, è piombato su Baraawe, cittadina a sud di Mogadiscio. I militari sono arrivati dal mare utilizzando un mercantile come nave appoggio, quindi i gommoni. Incursione per catturare un importante dirigente Shebab, forse il capo in testa, Mukthar Abu Zubery «Godane», o un luogotenente, insieme ad una quindicina di complici pronti ad attuare un attentato simile a quello di Nairobi. L’azione dei Navy Seals ha incontrato difficoltà, forse hanno sottovalutato le difese. Gli Shebab, trincerati in una villa, hanno opposto una resistenza tenace. Svanito l’effetto sorpresa i commandos americani hanno deciso di «sganciarsi» sotto la protezione degli elicotteri.
Ore 6.30 di sabato. Tripoli. Abdul Hamed Al Ruqai, alias Anas Al Libi, è sulla sua auto quando è bloccato da tre vetture. Scendono una decina di uomini con il volto coperto. Sfondano i vetri, impediscono che il bersaglio raggiunga una pistola, lo portano via in pochi istanti. Solo nella serata da Washington confermano di aver «prelevato» Al Libi e di averlo trasferito in un luogo sicuro all’estero, probabilmente Sigonella o una base in Spagna. Il terrorista era ricercato da 15 anni, avevano offerto una taglia di 5 milioni di dollari, era accusato di aver organizzato gli attentati di Nairobi e Dar Es Salaam nell’agosto 1998. Per gli americani una figura importante, sospettato di essere legato ad una nuova cellula di Al Qaeda in Libia, forse finito nella trama dell’attacco al consolato di Bengasi. Meno sicuri di ciò diversi analisti. Il libico — sostengono — è stato un personaggio di peso nel passato, poi aveva cercato di galleggiare, rifugiato prima in Afghanistan e quindi in Iran. Rientrato nel 2012 a Tripoli non si nascondeva e la sua presenza era stata segnalata persino dalla Cnn . Gli amici gli avevano consigliato di usare prudenza, ma Al Libi ostentava sicurezza. Gli americani lo hanno portato via con un’azione che ricorda i sequestri di terroristi condotti dalla Cia durante la presidenza Bush. Tanto è vero che il governo locale ha protestato chiedendo «spiegazioni», dagli Stati Uniti hanno risposto con un «erano informati». Il figlio ha sostenuto che tra i rapitori c’erano dei libici. Tripoli si muove sul filo. Le autorità, infatti, hanno ostacolato le richieste Usa per arrestare pericolosi estremisti in Cirenaica, nuovo focolaio di integralismo violento. Altro aspetto interessante nel caso Al Libi: dovrebbe comparire davanti ad un giudice di New York (dove è stato incriminato nel 2000) e non a Guantánamo.
Il doppio colpo ha significati simbolici e pratici. L’attacco di Baraawe segue di pochi giorni l’anniversario della battaglia di Mogadiscio dell’ottobre ‘93, dove persero la vita 18 ranger Usa. Il mai dimenticato «Black Hawk Down». Inoltre avviene a ridosso del massacro al centro commerciale Westgate. Così la Casa Bianca manda un messaggio di deterrenza: terrorizziamo i terroristi ovunque si trovino. Usando i Seals, quando è possibile, al posto dei contestati droni. E per farlo ha messo in piedi un network di basi dall’Europa all’Africa. Ecco il ruolo di installazioni cruciali come Sigonella, dove sono ospitati reparti speciali e i droni da sorveglianza Global Hawk, Aviano, avamposto fondamentale per il Comando Africa. Un’inchiesta della rivista Mother Jones ha censito 59 siti militari americani in Italia, 13 mila soldati e un budget di 2 miliardi di dollari spesi dalla fine della Guerra fredda nel nostro Paese. A Washington hanno gradito la «flessibilità» da parte delle autorità italiane rispetto alla rigidità del governo tedesco.
Fondamentali, poi, le postazioni nei Paesi africani, dalla quale partono droni da attacco, aerei per la guerra elettronica, nuclei d’élite contro le formazioni qaediste regionali. Un apparato integrato con l’assistenza diretta a truppe locali. Ecco perché l’Uganda o le spiagge somale sono il nuovo campo di battaglia della guerra di Obama.

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