Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 12/09/2013, a pag. 8, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Disarmo, Parigi dà 15 giorni al raiss. La Russia dice no". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 15, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " Smantellare l’arsenale? Una missione (quasi) impossibile ". Dal GIORNALE, a pag. 12, l'articolo di Roberto Fabbri dal titolo " La farsa degli ispettori. L’indagine Onu in Siria non riguarda la strage ".
Ecco i pezzi:
La STAMPA - Maurizio Molinari : " Disarmo, Parigi dà 15 giorni al raiss. La Russia dice no "


Maurizio Molinari
John Kerry e Sergei Lavrov si incontrano oggi a Ginevra nel tentativo superare i disaccordi sul piano di disarmo chimico della Siria di Bashar Assad. Alla base delle divergenze c’è la volontà di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna di includere nella risoluzione dell’Onu sul disarmo la minaccia dell’uso della forza in caso di mancata ottemperanza siriana. La bozza di risoluzione preparata da Parigi per il Consiglio di Sicurezza è esplicita in proposito perché include la frase «se le autorità siriane non rispetteranno gli obblighi saranno adottate ulteriori misure sulla base del capitolo VII della Carta Onu» che prevede il ricorso alla forza.
Dietro il testo francese, redatto assieme a Londra e Washington, ci sono le parole pronunciate da Barack Obama nel discorso notturno alla nazione: «È stata la nostra credibile minaccia dell’uso della forza ad aver reso possibile l’opzione diplomatica». Jay Carney, portavoce della Casa Bianca, aggiunge: «Per due anni Siria e Russia si sono opposte a ogni concessione, ora il disarmo chimico è una strada positiva, il merito è della nostra scelta di minacciare la forza, ora serve una risoluzione garante di un disarmo credibile, immediato e verificabile».
È tale approccio a spiegare la scelta del presidente americano di mantenere lo schieramento militare attorno alla Siria: dal Mediterraneo Orientale al Mar Rosso fino all’Oceano Indiano ed al Golfo Persico la Us Navy è in grado di lanciare in qualsiasi momento l’attacco missilistico. Per Obama, come per l’alleato francese François Hollande, l’opzione diplomatica è un risultato delle minacce militari e dunque questo doppio binario deve riflettersi nel testo della risoluzione sul disarmo chimico.
Il Cremino si trova su posizioni opposte. È il presidente Vladimir Putin a dirlo dagli schermi della tv russa, con una scelta di tempi tesa a ribattere a quanto detto da Obama dall’East Room della Casa Bianca. «La nostra proposta per il disarmo siriano può funzionare se gli Stati Uniti e tutti coloro che li sostengono - afferma Putin - rinunciano all’uso della forza, in quanto è difficile obbligare la Siria o qualsiasi altra nazione a disarmare unilateralmente sotto la minaccia di un attacco». Da qui la scelta del ministro degli Esteri russo Lavrov di definire «inaccettabile» la bozza francese, minacciando il veto per bloccarla. Lo scontro sul riferimento al capitolo VII della Carta Onu ha tenuto banco ieri sera fino a tarda ora al Palazzo di Vetro nella riunione a porte chiuse fra i cinque membri permanenti: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina. In attesa di vedere che Kerry e Lavrov riusciranno a sciogliere il nodo, il negoziato al Palazzo di Vetro investe però gli altri aspetti del piano di disarmo. La Francia propone un ultimatum di quindici giorni a Damasco per consegnare l’elenco «completo e definitivo» di quantità e depositi armi proibite, l’accesso «immediato e senza restrizione a tutti i siti» e la «denuncia al Tribunale penale internazionale di chi ha commesso crimini di guerra».
C’è però anche un testo russo, che Lavrov ha recapitato al Dipartimento di Stato ieri, basato sull’intesa raggiunta con Bashar Assad, i cui dettagli restano al momento top secret. Anche se è verosimile che Mosca desideri impedire l’incriminazione del raiss e dei suoi più stretti collaboratori per aver usato i gas contro i civili.
Sullo sfondo del negoziato fra Washington, Parigi e Mosca c’è Ban Ki-moon. Il Segretario generale dell’Onu spinge per accelerare l’intesa: da un lato conta sulla veloce pubblicazione dei risultati delle ispezioni a Damasco e dall’altro dà rilievo al rapporto del Consiglio dei Diritti Umani secondo il quale fra maggio e luglio sono avvenuti «almeno 9 massacri di civili in Siria»: otto da parte delle forze governative, che hanno anche bombardato degli ospedali, e uno da parte dei ribelli. «Le opposte fazioni commettono ogni sorta di violenze perché si sentono protette dall’impunità» si legge nel rapporto.
CORRIERE della SERA - Guido Olimpio : " Smantellare l’arsenale? Una missione (quasi) impossibile "


Guido Olimpio
WASHINGTON — Sono stati gli esperti a offrire il titolo ai media: la missione impossibile. Censire, mettere sotto controllo ed eventualmente distruggere le armi chimiche in Siria è considerato un compito titanico, che richiede dai 3 ai 4 anni. In questo momento, però, non sembrano esserci alternative e giustamente si tenta la via diplomatica.
CENSIMENTO
Mosca ha promesso collaborazione agli Stati Uniti, ma il problema è che Vladimir Putin non è visto come un mediatore imparziale. E’ alleato di Assad e la Russia ha fornito una parte dei gas. Tantomeno ci si fida di Damasco che ha già dimostrato in passato di ostacolare le indagini. Come primo passo è necessario «contare» l’arsenale, stimato in mille tonnellate di gas sparpagliate tra rifugi sotterranei, caserme e laboratori. Si parla di 5 centri principali e di dozzine di altri minori. Un vecchio rapporto li stimava in 40-50, uno americano e più recente parla di 19 «indirizzi conosciuti». A questi si aggiungono impianti «doppio uso», militare e civile. Nel frattempo il regime può aver disperso, per ragioni di sicurezza, il materiale e non è detto che sia disposto a raccontare l’intera verità sui sistemi strategici. Significativo il caso della base di Al Safir: un anno fa l’esercito avrebbe mosso i gas verso l’area di Homs. Le informazioni che il regime renderà pubbliche dovranno essere verificate dall’intelligence. Inoltre per il lavoro di indagine serviranno centinaia di funzionari delle Nazioni Unite, personale che deve essere ben addestrato. E di quale Paese? Possono scattare veti su nazionalità sgradite. Tutti ancora ricordano gli ostacoli e le tattiche opposte da Saddam Hussein al personale Onu prima dell’invasione del 2003. L’accesso negato agli edifici o basi, il depistaggio, le manovre per guadagnare tempo, il classico gioco delle tre carte. Un duello snervante che contribuisce ad alzare la tensione ed alimentare i sospetti.
SICUREZZA
Ci sarà un cessate il fuoco? Servirà una scorta per chi indaga? Se si continua a sparare diventa problematico per gli investigatori andare in giro. Dopo la strage del 21 agosto, una ricognizione Onu è stata sospesa perché qualcuno ha sparato contro le vetture degli ispettori. Ma attualmente nessuna delle parti sembra disposta alla tregua. Ed è arduo immaginare che convogli con i gas possano muovere attraverso zone sconvolte dai combattimenti. Un’ipotesi, emersa sulla stampa Usa, è che ordigni e razzi siano trasferiti a Tartus, dove i russi hanno un punto d’appoggio nella base navale siriana. Nelle scorse settimane si è anche parlato di portare tutto in Russia. Qualsiasi spostamento richiede un livello di sicurezza assoluto. E se qualche formazione ribelle è entrata in possesso delle armi proibite e le usa? E’ evidente che basta poco per inceppare la macchina, specie in una realtà frammentata come quella in Siria.
DISTRUZIONE
I proiettili al gas sono distrutti attraverso speciali inceneritori mentre altre componenti sono interrate. E’ un processo lento quanto costoso. Gli Usa sono ancora impegnati nell’eliminazione del loro gigantesco arsenale, un’operazione iniziata nel 1997 con un budget di spesa iniziale di 3 miliardi di dollari e salito a 35. Gli «addetti» affermano che per eliminare ogni mezzo chilogrammo servono non meno di 5 mila dollari. Chi pagherà? L’Onu? La Russia o lo stesso regime di Assad? E’ tutto da definire. Per questo oggi all’incontro tra il segretario di Stato John Kerry e il ministro degli Esteri Lavrov ci saranno anche i tecnici della «missione impossibile». Consulenti americani che dovranno verificare se esistono condizioni di fattibilità per un’operazione dove il Diavolo è davvero nei dettagli.
Il GIORNALE - Roberto Fabbri : " La farsa degli ispettori. L’indagine Onu in Siria non riguarda la strage "

Il rapporto degli ispettori inviati dall’Onu in Siria per verificare chi e come vi abbia impiegato armi chimiche non fornisce elementi utili alla causa dell’attacco contro Assad. Intanto perché ha preso in considerazione un periodo che finisce il 15 luglio, cioè oltre un mese prima della strage del 21 agosto di cui Assad viene accusato. E poi perché comunque fino a lunedì non sarà presentato. Le anticipazioni indicano che vi si sostiene che i gas letali sarebbero stati usati «prevalentemente» dalle forze legate al regime, e chissà cosa vorrà mai dire. Si tratta tra l’altro di conclusioni che paiono contraddire le informazioni fin qui disponibili, tanto che perfino la solitamente prudentissima Lady Ashton che rappresenta l’evanescente politica estera dell’Unione Europea - si è sentita in dovere di ricordare che in Siria «solo il regime dispone di armi chimiche e della capacità di lanciarle».
In attesa di meglio conoscere i contenuti delle indagini dell’Onu, continua la faticosa quotidianità della diplomazia. La Russia ha fatto avere agli Stati Uniti la propria bozza di un piano per mettere le armi chimiche siriane sotto controllo internazionale. Obama - che ieri mattina al Pentagono ha tenuto un discorso commemorativodell’Undici Settembre ricordando che «finché ci saranno pericoli bisogna restare vigili per difendere il nostro Paese» accetta di tenerne conto, ma John Kerry ammonisce che la Casa Bianca «non attenderà a lungo»: il segretario di Stato discuterà della questione a Ginevra «per almeno due giorni» con il collega russo Serghei Lavrov. Secondo fonti israeliane peraltro per recuperare e distruggere tutte le armi chimiche presenti in Siria potrebbero volerci anni.
Rimane forte il sospetto che Assad abbia accettato sotto pressione russa di darsi disponibile a consegnare il proprio arsenale chimico per guadagnare tempo ed evitare un attacco. Non a caso la Francia ha annunciato chela bozza che intende presentare in Consiglio di Sicurezza contiene un ultimatum a Damasco: 15 giorni di tempo per dichiarare e portare le armi chimiche «sotto il controllo internazionale», pena il deferimento della Siria alla Corte penale internazionale affinché Bashar Assad sia giudicato per crimini contro l’umanità e la minaccia dell’uso della forza se Damasco non rispetterà gli impegni assunti.
Continuano in queste ore al Palazzo di Vetro di New York i contatti informali tra le delegazioni di Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia, i cinque «grandi» che dispongono di un seggio permanente con diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza. Riunioni blindate, alla ricerca di una difficile intesa sulla proposta russa diaffidare le armi chimiche siriane alla comunità internazionale. Gli occidentali vorrebbero una risoluzione vincolante che includa un riferimento al capitolo VII della Carta Onu (che autorizza all’uso della forza in caso di mancato rispetto degli accordi) mentre Mosca non vuole che vada oltre una generica dichiarazione priva di eventuali effetti sanzionatori.
La Casa Bianca conferma che «stiamo lavorando con le Nazioni Unite e la Russia» e trova il modo di cantare vittoria: «È un dato di fatto che fino a due giorni fa il regime di Assad non ammetteva neppure di possedere delle armi chimiche. Abbiamo visto più cooperazione negli ultimi due giorni che negli ultimi due anni, la pressione esercitata ha sortito i suoi effetti».
Al tempo stesso, però, in Siria continuano i massacri nell’assolutospregio delle regole minime di civiltà che dovrebbero regolare anche i conflitti. Una Ong vicina all’opposizione ha denunciato, citando testimonianze di medici e di civili oltre che di militanti, che «almeno 11 persone» sono morte ieri in un raid aereo delle forze armate del regime condotto contro un ospedale di fortuna ad Al-Bab nella provincia di Aleppo.
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