Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Egitto: è guerra tra esercito e islamisti La cronaca di Lorenzo Cremonesi
Testata: Corriere della Sera Data: 29 luglio 2013 Pagina: 15 Autore: Lorenzo Cremonesi Titolo: «Gli islamici respingono il diktat dei generali, restiamo in piazza»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 29/07/2013, a pag.15, con il titolo "Gli islamici respingono il diktat dei generali, restiamo in piazza" la cronaca di Lorenzo Cremonesi.
Lorenzo Cremonesi
DAL NOSTRO INVIATO IL CAIRO — Che sarà di questa tesissima tregua armata? Sfocerà ancora nei massacri, come negli ultimi giorni? Avvierà poi una lunga guerra di usura tra un esercito pronto a usare il pugno di ferro e i Fratelli Musulmani progressivamente più arrabbiati, influenzati dalle frange islamiche estremiste? Oppure un compromesso politico è ancora possibile? L'Egitto trattiene il fiato e con esso la diplomazia internazionale. Vista sul campo la situazione resta esplosiva. Ieri il presidente ad interim Adli Man-sour ha dato il compito al premier (a sua volta ad interim) Hazem Al Beblawi di concedere all'esercito pieno mandato di arrestare civili «che disturbino l'ordine pubblico». Un passo formale. Il vero uomo forte che quasi un mese fa ha voluto la defenestrazione del governo dei Fratelli Musulmani, guidati dal presidente ora in cella Mohammed Morsi, resta quello stesso generale Ab-del Fattah Al Sisi che solo sei giorni orsono aveva lanciato un appello alle folle a scendere in piazza per dargli «la piena legittimazione a combattere i terroristi». Ora i suoi soldati hanno una ragione in più per usare le armi. Lo faranno senz'altro contro i gruppi islamici estremisti in Sinai. Anche il ministro degli Interni Mohammad Ibrahim, l'unico rimasto del gabinetto di Morsi, promette che la polizia «manterrà la sicurezza a qualsiasi prezzo. Ma l'attenzione è concentrata sulla mobilitazione di piazza voluta dai Fratelli Musulmani. Nonostante le decine di morti e feriti al Cairo nella notte tra venerdì e sabato (i numeri restano oggetto di contesa, tra i 78 morti ammessi dal ministero della Sanità e il centinaio denunciato dal fronte pro Morsi), cui si aggiunge la dozzina di vittime ad Alessandria e nel resto del Paese, i loro leader insistono per continuare le manifestazioni. Ieri migliaia di attivisti erano ancora accampati nella zona della moschea di Rabaa Al Adawyah e in piazza Nahda, presso il maggior campus universitario della capitale. «Contro il golpe, per la restaurazione della legittimità e il ritorno di Morsi alla presidenza», gridavano i militanti sotto il sole cocente. Trattano i giornalisti stranieri con ogni riguardo. «Denunciate al mondo che siamo vittime di una clamorosa ingiustizia!», sostengono. I reporter egiziani sono invece guardati con grande sospetto, se non aperta ostilità. «Siamo tornati ai vecchi media venduti alla dittatura militare», dicono all'ufficio stampa. I loro servizi d'ordine sono composti da giovani volontari armati di bastoni, molti con elmetti di plastica da operai in testa, intenti a presidiare le barricate fatte di mattoni e sacchetti di sabbia Ben poca roba di fronte ai mezzi blindati militari appostati poco distante. Le violenze sono comunque scoppiate ieri mattina ai funerali delle vittime degli scontri a Port Said e Kafr El Zayat, dove si contano altri due morti e una decina di feriti. Sfiorano così quota 3oo i morti dal 30 giugno, in grande maggioranza militanti del fronte islamico. Un dato che ha spinto Mohammad Badie, considerato tra i più rilevanti capi spirituali dei Fratelli Musulmani, a tornare a denunciare il «regime sanguinario» e lanciare un appello alla «resistenza». Non sarà dunque semplice la missione di Caherine Ashton, arrivata ieri sera al Cairo per contribuire al dialogo, mentre dalle Nazioni Unite il segretario generale Ban Kimoon invoca la calma. E' il secondo viaggio in Egitto della responsabile della politica estera europea nell'ultimo mese. Il 17 luglio era tra l'altro venuta a chiedere la liberazione di Morsi. Domani vedrà i responsabili del governo transitorio, ma anche i leader dei Fratelli Musulmani e dei Tamarrod, il movimento giovanile che con più forza si era mobilitato per rimuovere Morsi.
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