Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 20/06/2013, a pag. 14, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo " Obama copia Jfk e Reagan per disinnescare il nucleare".

Fiamma Nirenstein

Vladimir Putin
in alto a destra, Barack Obama
Sia Kennedy che Reagan dissero quattro parole a testa alla Porta di Brandeburgo, uno nel 1963, l’altro nel 1987. John disse: “Ich Bin Ein Berliner”, due anni dopo che il muro fra il mondo comunista e quello democratico era stato eretto. Voleva dire che il muro era il maggiore segnale del fallimento del comunismo e aveva ragione. Voleva riaffermare che gli Stati Uniti erano completamente, assolutamente anticomunisti e che avrebbero combattuto per i sudditi del comunismo come fossero stati loro cittadini. Ronald Reagan, dopo che tutti i consiglieri e i diplomatici glielo avevano caldamente sconsigliato, disse invece: “Tear down this wall”. Tira giù questo muro, se pensi davvero alla giustizia e alla libertà, signor Gorbaciov. C’era abbastanza decisione, ispirazione e insieme anche severità (fu Reagan a promuovere il decisivo emendamento Jackson and Vanick che aprì le porte dell’URSS) come si usa fra gente sincera, nella formula semplice usata dal presidente americano nel 1987, quella di chi sente che la storia preme, che ci siamo, e che non c’è bisogno di argomentare le proprie ragioni se si ha ragione. C’era poco da spiegare, molto da fare.
Obama ieri alla porta di Brandeburgo ha tentato il discorso storico che ogni presidente deve lasciare nel suo retaggio, ma ha usato una quantità di parole e di concetti dilaganti, una marea estiva, un ammiccamento a chiunque condivida buoni sentimenti. Il punto centrale era forte e innovativo, la proposta alla Russia della diminuzione di un terzo delle armi nucleari, ma se ci sia qui del realismo e una effettiva prospettiva politica, è difficile dire, e soprattutto forse,c on tutti i problemi che oggi tormentano il mondo, sarebbe stato più bello che Obama scendesse finalmente dal suo piedistallo di panna, dal suo monumento di bontà, e ci dicesse qualcosa di più sul ruolo che gli USA vogliono avere per aiutare questo mondo in crisi. Invece non mancava nulla del primo Obama, quello di prima dei guai attuali, del monitoraggio dei cittadini, dei problemi economici, delle impossibili incertezze sulla politica estera che hanno lasciato fiorire un mondo sempre più difficile. Obama ha affogato la sua proposta in una quantità di retorica, che suggerisce di “alzare gli occhi” (un riferimento kennediano) tanto in alto da perderli nel nulla. Obama ha abbracciato tutta la lotta all’ingiustizia sociale, ha proposto il cambiamento globale, la necessità di aiutare il mondo dei poveri, la lotta al terrorismo e al catastrofico cambiamento climatico, la pace, la giustizia, il rispetto di tutti gli immigrati, la povertà dei bambini, la terra da coltivare, la medicina dottori nel mondo, la sicurezza e libertà bilanciate quanto lo richiede oggi dopo l’ultimo scandalo l’opinione pubblica internazionale… E chi può dissentire? La proposta di ridurre le armi nucleari di Obama si è dunque presentata nell’ambito di un discorso molto fecondo ma confuso nelle proposte, con alla base la poco nuova idea di chiudere per sempre tutte le guerre.
Obama peraltro non è nuovo alla proposta di riduzione del nucleare, è stata una proposta tipica del suo primo mandato, ed una parte del lavoro è già in atto, ma le questioni ancora aperte con la Russia, i disaccordi e la concorrenza che si esprimono basilarmente nella polemica sulla Siria e anche nella questione di missili americani in Europa che indispettisce e insospettisce Putin, hanno causato una risposta freddina da parte della Russia. Essa vuole, per decidere “il coinvolgimento di altri Paesi”. E subito gli americani hanno risposto, scendendo dalle stelle,che “le riduzioni dell’arsenale nucleare.. non riguardano le armi dispiegate in Europa in appoggio alla Nato”. Una delle proposte di denuclearizzazione fu fatta proprio quando giungevano notizie sugli esperimenti nucleari della Corea del Nord.
Ma è bello sperare: piacerebbe a tutti un mondo denuclearizzato, ma contestualmente forse sarebbe opportuno per un leader mondiale fornire risposte sulle tre grandi domande che oggi preoccupano il mondo: la Corea del Nord, l’Iran, e il Pakistan. Invece purtroppo questi tre Paesi restano un’incognita sul futuro di tutti coloro che essi considerano nemici. E la questione del Pakistan può ravvivarsi proprio adesso che nella giornata di ieri il presidente Afghano Karzai ha dichiarato tutta la sua ira e la sua preoccupazione per l’apertura di Obama ai talebani, con cui gli USA hanno annunciato trattative. Il confine è sempre in fibrillazione per gli attacchi dal Pakistan. Per Karzai certo una delusione adesso lasciare che si dia credito ai persecutori del proprio popolo, agli acerrimi nemici islamisti estremi dopo aver fatto largo agli americani per tanti anni, è quasi assurdo pensare che gli USA ora facciano patti con i fanatici assassini di donne, di omosessuali, di dissidenti che hanno tormentato la vita della gente. Obama non dice nulla su questo come sulla Siria o sui Fratelli Musulmani. Perché mal si concilierebbe con la prospettiva di pace mondiale di cui è stata irrorata la folla berlinese.
www.fiammanirenstein.com
Per inviare la propria opinione al Giornale, cliccare sull'e-mail sottostante