Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Siria: anche Putin appoggia Assad commenti di Daniele Raineri, Antonella Rampino
Testata:Il Foglio - La Stampa Autore: Daniele Raineri - Antonella Rampino Titolo: «Conferenza di pace sulla Siria what? Putin vende missili ad Assad - Kerry: no ai missili russi ad Assad»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 10/05/2013, a pag. 1-4, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo " Conferenza di pace sulla Siria what? Putin vende missili ad Assad". Dalla STAMPA, a pag. 16, l'articolo di Antonella Rampino dal titolo "Kerry: no ai missili russi ad Assad". Ecco i pezzi:
Il FOGLIO - Daniele Raineri : "Conferenza di pace sulla Siria what? Putin vende missili ad Assad "
Daniele Raineri Bashar al Assad con Vladimir Putin (foto d'archivio)
Roma. Ieri Israele ha chiesto alla Russia di non vendere al governo del presidente Bashar el Assad un sofisticato sistema di difesa aerea che renderebbe la Siria “impermeabile” agli attacchi dall’esterno. L’arma è l’S-300, un missile terra aria capace di intercettare e abbattere aerei e anche missili in un raggio di circa 230 chilometri. Secondo il sito del Wall Street Journal, che per primo ha dato la notizia, il pagamento di 900 milioni di dollari da parte di Damasco è già cominciato e la prima consegna sarà entro tre mesi: in totale arriveranno 144 missili, divisi in sei batterie, e anche due squadre di consiglieri militari russi per addestrare i siriani. E’ un missile capace di cambiare i rapporti di forza nell’area, e negli ultimi anni anche l’Iran ha molto insistito senza successo per averlo dalla Russia e rafforzare così le sue difese contro gli strike aerei dall’esterno, come quelli che potrebbero arrivare contro i siti del suo programma atomico militare. Il presidente russo, Vladimir Putin, sta concedendo ad Assad un grande favore, l’immunità aerea. La notizia arriva proprio mentre alcuni senatori americani chiedono all’Amministrazione Obama di colpire l’esercito siriano – come Israele ha fatto già quattro volte, a partire da gennaio. Secondo il Wsj, Putin potrebbe anche fare di più, e trasferire alla Siria gli ancora più temuti missili Sa-5, che grazie alla loro gittata possono colpire gli aerei americani mentre partono dalla base di Cipro, la più avanzata nel caso alla Casa Bianca decidessero di agire. La vendita svuota di significato l’accordo, accolto con grande ottimismo un po’ dappertutto, tra Mosca e Washington per una conferenza di pace sulla Siria da tenersi entro maggio, annunciata martedì dopo aver costretto il segretario di stato, John Kerry, a un’umiliante anticamera di tre ore. Alla conferenza è prevista la partecipazione di rappresentanti dell’opposizione e del governo siriano, e questo è il motivo dell’ottimismo generale (il ministro degli Esteri siriano l’ha celebrata, come pure il Consiglio nazionale siriano, organo rappresentativo, o quasi, di parte dell’opposizone armata) ma in definitiva si tratta di una riproposizione del cosiddetto “piano di Ginevra”, scritto nel giugno 2012, che individua la soluzione in un “governo di transizione”. Con o senza Assad? Tutto ruota attorno a questo punto, che però nessuno chiarisce. Ieri Kerry ha dovuto precisare che la posizione dell’Amministrazione americana è sempre la stessa, Assad se ne deve andare, perché era sembrato che avesse ceduto alle pressioni russe – a Mosca vogliono che Assad resti. Intanto il primo ministro turco, Recep Tayyip Erdogan, ieri ha detto che “Damasco ha usato armi chimiche e ha superato la linea rossa”. Se i missili russi arrivano in Siria, la conferenza di pace entro maggio potrebbe essere l’ultima alla quale gli Stati Uniti siedono con la possibilità ancora di fare qualcosa senza temere particolari contromisure siriane. Dopo, con gli S-300 manovrati dai russi, intervenire sarà più difficile. Christopher Harmer, un esperto dell’Institute for the Study of War di Washington, sostiene che azzerare l’aviazione di Assad non è difficile né costoso quanto imporre una no fly zone: “Lasciare a terra i piloti siriani è semplice come mandare qualche incrociatore dalla base di Norfolk al Mediterraneo orientale e lanciare 250 missili Tomahawk sulla Siria. Si potrebbe facilmente ridurre la già debole aviazione siriana quasi a zero in un’ora soltanto: colpire piste, radar, depositi di carburante e aerei al suolo, e senza nemmeno entrare nello spazio aereo siriano avremmo una no fly zone permanente, ottenuta eliminando la possibilità per loro di alzarsi da terra”.
La STAMPA - Antonella Rampino : " Kerry: no ai missili russi ad Assad "
Antonella Rampino John Kerry
«Sì, certo che sono preoccupato per i missili che la Russia potrebbe inviare a Damasco: sarebbe potenzialmente destabilizzante, specie per Israele. Ma abbiamo deciso di guardare avanti, la soluzione alla crisi siriana non può essere né umanitaria né militare, deve essere politica. Di questo ho parlato a Mosca con Putin e Lavrov, e sono molto soddisfatto che abbiano accettato di implementare gli accordi di Ginevra, e di preparare una nuova conferenza sulla Siria, ne ho discusso anche oggi con Ban Ki-moon».
John Kerry, al secondo giorno di bilaterali a Roma, è in conferenza stampa alla Farnesina, al fianco di Emma Bonino. Risponde alla domanda di un giornalista dell’«Associated Press» che rilancia un titolo del «New York Times» e del «Wall Strreet Journal»: Israele avrebbe avvertito nei giorni scorsi gli Stati Uniti che batterie di missili S-300 potrebbero essere vendute da Mosca a Damasco, mettendo il regime in condizione di ostacolare interventi militari per imporre una no-fly zone, che peraltro proprio non è alle viste. E non a caso il regime di Damasco ha emesso un comunicato dal sapore beffardo, esprimendo «soddisfazione» per l’intesa tra Usa e Russia.
Sul terreno la situazione resta drammatica. Solo per stare a ieri, la Turchia ha inviato tecnici ai confini con la Siria per verificare se sui profughi che arrivano in Libano vi sono tracce di armi chimiche, Bashar Assad ha fatto sapere che darà «a Hezbollah tutto il proprio sostegno, stiamo vivendo la stessa situazione...», e il riferimento è alle incursioni aeree israeliane della scorsa settimana in Siria. E Nasrallah ha ribadito ieri il sostegno alla Siria, «fonte della forza di resistenza in Libano e in Palestina», e rivelato che Damasco gli fornirà «armi che faranno la differenza». Mentre intanto gli insediamenti dei coloni israeliani nei territori palestinesi, informalmente sospesi giusto il tempo dell’incontro tra Tzipi Livni e John Kerry a Roma, sono ripresi. E in tutti i colloqui Kerry, che intende riavviare il percorso di pace entro l’estate, ha ripetuto che va invece «evitato ogni elemento di tensione».
L’attenzione internazionale per l’arrivo di Kerry a Roma è stata altissima, e ha anche rischiato di infittire l’agenda del Segretario di Stato. L’Italia, che punta a diventare sede stabile delle trattative di pace israelopalestinesi, affianca perfettamente gli Stati Uniti anche nel percorso verso «Ginevra 2», la conferenza che si dovrebbe tenere a giugno al fine di preparare l’uscita di scena di Assad e la nascita di un vero governo dell’opposizione siriana (che intanto si estremizza sempre più, ieri il francese Fabius ha proposto di «classificare Al Nusra come organizzazione terroristica»).
La diplomazia non sembra dare gran peso al pericolo che Mosca possa dotare Damasco di contraerea: tutta l’attenzione è ai negoziati. «Con Lavrov abbiamo spostato l’asse del discorso» ha detto Kerry, annunciando anche il negoziato con Mosca continuerà nei prossimi giorni. «Dobbiamo guardare a una soluzione politica» ha insistito Emma Bonino. Al centro dei colloqui anche la Libia, dove la ricostruzione è un miraggio.E l’Egitto. In questione c’è un accordo con l’Fmi per dare stabilizzazione almeno economica al Paese.
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