Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 26/04/2013, a pag. 16, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Gli Usa: Assad ha usato armi chimiche " e la sua intervista a David Schenker dal titolo " L’Occidente intervenga o perderà la faccia ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 44, l'articolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo " Il visto d'ingresso come propaganda, così il regime siriano denigra i ribelli ".
Ecco i pezzi:
La STAMPA - Maurizio Molinari : " Gli Usa: Assad ha usato armi chimiche "


Maurizio Molinari
La Casa Bianca ritiene che il regime di Bashar Assad abbia usato in due occasioni armi chimiche contro i civili siriani, si aspetta che le Nazioni Unite svolgano un’inchiesta per fare «piena luce su quanto avvenuto» e promette di «coordinare la risposta da dare» con i «nostri alleati», Paesi Nato e arabi.
Il passo dell’amministrazione Obama arriva con una lettera di Miguel Rodriguez, capo egli Affari Legislativi alla Casa Bianca, al presidente della commissione Difesa del Senato, Carl Levin, ed al repubblicano John McCain, nella quale afferma che «la nostra intelligence ritiene, con diversi gradi di certezza, che il regime di Bashar Assad ha usato armi chimiche su piccola scala in Siria» precisando che «in particolare si tratta dell’agente sarin».
In agosto il presidente Barack Obama aveva ammonito Assad sul fatto che l’uso di armi chimiche avrebbe significato il «superamento di una linea rossa» innescando una nuova fase dell’approccio internazionale nella guerra civile in Siria, iniziata due anni fa e costata la vita almeno a 70 mila persone. «Proprio perché il presidente prende tale questione così seriamente afferma Caitlin Hayden, portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale - bisogna svolgere un’inchiesta completa in merito per arrivare a disporre di prove definitive».
Da qui l’attesa per «gli accertamenti da parte delle Nazioni Unite», aggiunge Hayden, anche se non è ben chiaro cosa possa fare l’Onu in quanto il regime di Assad non consente al suo personale di operare liberamente. Il ministro della Difesa, Chuck Hagel, parla dagli Emirati Arabi Uniti affermando che «le informazioni di intelligence sull’uso del sarin sono giunte nelle ultime 24 ore» e il Segretario di Stato John Kerry aggiunge che si tratta di «due episodi». Uno dei quali è avvenuto in un villaggio a Ovest di Aleppo lo scorso 19 marzo, come già denunciato da Parigi e Londra. Fonti europee a Washington affermano che «altri episodi» sarebbero avvenuti a Homs ed alla periferia della capitale Damasco, rispettivamente il 19 e il 24 marzo. Un alto funzionario della Casa Bianca, durante un’audioconferenza con un gruppo di reporter, parla di «prove fisiologiche» in mano all’intelligence, ribadisce la necessità di «ulteriori accertamenti», sottolinea che «il regime di Assad è responsabile» e preannuncia una «fase di consultazioni con partner ed alleati per coordinare la risposta».
In particolare Washington vuole accordarsi con Gran Bretagna, Francia, i Paesi del Golfo, Turchia e la Giordania, il cui re Abdallah è in arrivo proprio oggi alla Casa Bianca. Sebbene l’alto funzionario eviti di citare Israele, gli accertamenti in corso investono l’intelligence dello Stato Ebraico che, tre giorni fa, aveva dato la notizia del sarin durante la visita di Hagel a Gerusalemme.
L’impressione è che l’amministrazione Obama non voglia accelerare i tempi della risposta, preferendo condurre ulteriori verifiche perché, come sottolinea Hagel, «esistono diversi gradi di certezza nell’intelligence sull’avvenuto uso di armi chimiche». Il sentiero su quale la Casa Bianca si trova a camminare è molto stretto: da un lato c’è il monito del «New York Times» a non ripetere errori di valutazione simili a quelli sulle armi proibite di Saddam Hussein che portarono l’America a invadere l’Iraq nel 2003 e dall’altro c’è il timore che una reazione troppo debole all’uso del sarin possa indurre Assad a ricorrervi in maniera più massiccia nel tentativo di reprimere la rivolta popolare. Il portavoce della Nato, Oana Lungescu, da Bruxelles avverte comunque Damasco: «In presenza di prove certe, la reazione della comunità internazionale sarà molto forte».
La STAMPA - Maurizio Molinari : " L’Occidente intervenga o perderà la faccia"

David Schenker
La Casa Bianca ha molte opzioni contro Bashar Assad, andiamo incontro a una escalation»: la previsione è di David Schenker, ex consigliere del Pentagono sulla Siria oggi divenuto direttore degli Studi Arabi al Washington Institute.
Come giudica la scelta della Casa Bianca di accusare la Siria di aver adoperato il sarin?
«Da almeno un anno l’amministrazione sta ricevendo informazioni in tal senso. La scelta di Israele e Qatar, nostri alleati, di renderle pubbliche negli ultimi giorni non ha lasciato alternative alla Casa Bianca. L’ammissione era divenuta inevitabile».
Perché gli Usa hanno esitato?
«Per l’importanza del passo da compiere. Accusare la Siria di uso dei gas significa attestare che Assad ha varcato la “linea rossa” stabilita dallo stesso Obama. Ora è la credibilità dell’amministrazione ad essere in gioco. Gli Stati Uniti si trovano obbligati ad agire».
Quali sono le opzioni che il presidente Obama ha davanti?
«Sono numerose. Il Pentagono ci sta lavorando da tempo. Può decidere di proteggere la popolazione civile da nuovi attacchi, di imporre delle no fly zone, di aumentare l’impegno a sostegno dei ribelli oppure di colpire centri e reparti militari coinvolti nell’uso delle armi chimiche. Andiamo incontro ad una escalation».
Gli Stati Uniti agiranno da soli oppure con gli alleati?
«La preferenza di Obama nell’affrontare le crisi in Medio Oriente finora è sempre stata di operare assieme agli alleati. Nel caso specifico c’è già un nucleo di Paesi accomunati dalla denuncia dell’uso delle armi chimiche in Siria perché, oltre a Israele e Qatar, nell’ultimo mese anche Francia e Gran Bretagna n e aveva n o parlato pubblicamente. Obama agirà con prudenza ma non può esimersi dal farlo».
Qual è la priorità di Obama?
«In questa fase è preservare la credibilità americana in Medio Oriente. Non dobbiamo dimenticare che siamo nel bel mezzo della crisi nucleare con l’Iran. Se finora non degenera in guerra aperta è solo perché Obama ha garantito ai Paesi del Golfo e a Israele che non consentirà a Teheran di arrivare all’atomica. Perdere credibilità nella risposta alla Siria significa per la Casa Bianca indebolirsi di molto sull’Iran, con il risultato di accelerare un possibile conflitto».
CORRIERE della SERA - Lorenzo Cremonesi : " Il visto d'ingresso come propaganda, così il regime siriano denigra i ribelli "


Lorenzo Cremonesi Bashar al Assad
Ci risiamo con la strumentalizzazione dei visti ai giornalisti stranieri che vorrebbero andare a Damasco per cercare di capire la politica del regime di fronte all'offensiva delle brigate rivoluzionarie.
Come ogni dittatura che si rispetti, anche quella siriana utilizza le pressioni di sempre: vuoi il visto? Allora devi dimostrare che sei pronto a raccontare la nostra versione dei fatti. Più o meno esplicitato, il messaggio è sempre stato chiaro nelle conseguenze. I giornalisti che si dimostrano troppo critici non otterranno un nuovo visto.
Ora la questione torna all'ordine del giorno dopo che un articolo del New York Times ha denunciato ieri il tentativo da parte del regime di dimostrare che i gruppi dell'opposizione armata non sono altro che pericolosi qaedisti pronti a rilanciare il terrorismo in nome della guerra santa contro l'Occidente. Si spiega così il visto di due settimane concesso ad alcuni inviati del grande giornale americano. Un evento inusuale. Da mesi e mesi ormai gli inviati del quotidiano non avevano accesso al Paese per via ufficiale. Ma ora il premier Wael Nader al-Halqi dichiara ai giornalisti ospiti che Stati Uniti e governo siriano sono «partner nella lotta al terrorismo». E il ministro dell'Informazione, Omran al-Zoubi, cerca di convincerli che «la Siria è l'ultimo Stato laico nel mondo arabo».
I reporter raccontano di essere stati scortati in un carcere dove sono stati presentati loro alcuni prigionieri accusati di essere «pericolosi terroristi arrivati dall'estero».
In realtà, scrivono i reporter, su sette prigionieri intervistati, cinque sono siriani, uno è iracheno e un altro palestinese. In particolare, uno dei prigionieri va ripetendo a tutte le televisioni internazionali che intende farsi saltare in aria in una capitale occidentale. Leciti i dubbi dei colleghi. Ovvia l'operazione del regime, soprattutto mentre gli Stati Uniti raddoppiano gli aiuti «non bellici» ai ribelli e tornano a sospettare che Bashar Assad abbia utilizzato armi chimiche.
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