Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Siria: Obama pronto a intervenire dalla Giordania intanto i ribelli massacrano la comunità armena. Cronaca di Daniele Raineri, intervista di Leonardo Piccini
Testata:Il Foglio - Libero Autore: Daniele Raineri - Leonardo Piccini Titolo: «Obama in Siria - Intervista a Georges Yegghiayan - Un nuovo genocidio armeno nella Siria degli anti Assad»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 19/04/2013, in prima pagina, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo " Obama in Siria ". Da LIBERO, a pag. 16, l'articolo di Leonardo Piccini dal titolo " «Un nuovo genocidio armeno nella Siria degli anti Assad» ". Ecco i pezzi:
Il FOGLIO - Daniele Raineri : " Obama in Siria "
Daniele Raineri Barack Obama
Roma. La notizia non è messa in evidenza nel titolo, ma è presente in un pezzo di ieri sul Los Angeles Times: l’Amministrazione Obama manda 200 militari americani in Giordania, al confine con la Siria, con il compito di allestire un posto di comando e “la missione si potrebbe espandere a 20 mila uomini”, in caso l’America dovesse intervenire dentro la Siria per tenere sotto controllo i siti delle armi chimiche. La Giordania è già la testa di ponte dell’intervento americano in Siria al fianco dei ribelli: nelle basi vicino al confine s’addestrano disertori dell’esercito siriano selezionati nei gruppi più lontani dall’estremismo qaidista, e da quella zona passano i rifornimenti di armi pesanti, contrabbandate dai paesi balcanici ai guerriglieri. Queste truppe farebbero parte di una fase preliminare. L’Amministrazione esita, è divisa sugli aiuti ai ribelli: la spaccatura più profonda corre tra il segretario alla Difesa, Chuck Hagel, e il segretario di stato John Kerry. Hagel sostiene che non è possibile distinguere tra gruppi di ribelli “buoni” e “cattivi”, gli aiuti sarebbero destinati inevitabilmente a cadere anche nelle mani delle fazioni legate ad al Qaida. Kerry, che fino a tre anni fa cenava al ristorante con il presidente Bashar el Assad e lo definiva “un riformista”, è favorevole a un intervento più incisivo. La guerra è arrivata ormai alla capitale Damasco. L’eventuale schieramento di ventimila soldati sul confine sarebbe un gran passo per l’Amministrazione Obama, che nel 2011 ha dichiarato la fine delle operazioni militari in Iraq e attende di fare lo stesso in Afghanistan, e che lo stesso anno ha anche partecipato alla campagna aerea in Libia contro il regime di Muammar Gheddafi. Il numero trapelato non è alto. Gli studi del Pentagono fissano in 70 mila il numero di militari necessari per mettere in sicurezza i depositi di armi chimiche in Siria, di recente però sono stati elaborati scenari ridotti che tengono conto dell’aiuto dei soldati giordani e dei ribelli siriani addestrati. Al picco dell’impegno in Iraq i soldati americani erano 150 mila.
LIBERO - Leonardo Piccini : " «Un nuovo genocidio armeno nella Siria degli anti Assad» "
Monsignor Georges Yeghiayan, vicario del Patriarca di Cilicia
Beirut è una delle città più instabili ma allo stesso tempo più affascinanti al mondo. Percorri le suelarghe vie, sullo sfondo ilmare azzurro e le colline verdi con il monte Libano che si staglia alto nel cielo; a destra la zona sciita divisa dal quartiere sunnita da una sottile lingua di asfalto rovente, i negozi accecanti di sfarzo e ricchezza, appena interrotti qua e là da posti di blocco dell’esercito libanese. Il centro è presidiato da guardie armate e da miliziani privati, come quelli della famiglia Hariri che ha eletto a quartier generale la zona attorno all’hotel St. Georges. Proprio lì dove nel 2005, morì il patriarcae d ex primo ministro Rafiq,ammazzato assiemead altre 21 persone e all’amico di una vita, il ministro dell’Economia Bassel Fleihan, nel più classico degli attentati suicidi, con un’auto imbottita di esplosivo. La famiglia Hariri, una delle cento più ricche al mondo(secondo Forbes ha una fortuna stimata in oltre 4,5 miliardi di dollari), qui ha costruito palazzi e grattaceli. In questa zona non noti più la distanza quasi fisica e perciò palpabile tra la vecchia zona Est che un tempo era cristiana e la zona Ovest musulmana. A stordirti è la apparente contraddizione di uno Stato non unitario in cui la convivenza è garantita dalla forza delle singole comunità confessionali, un tempo in armi, oggi in pace. La cattedrale della Chiesa armeno- cattolica di San Gregorio, ti appare d’improvviso in tutta la sua struggente bellezza. In Libano, i fedeli cattolici di rito armeno (o gregoriano) sono circa 550.000; la diocesi patriarcale è quella di Beirut. Il primate è Nersès Bedros XIX Tarmouni, e per il governo di questa diocesi e di quella di Gerusalemme, si avvale di vicari patriarcali. La Chiesa armeno-cattolica, è una Chiesa cattolica patriarcale nata nel 1742 dalla Chiesa nazionale armena. È presente con comunità in Libano, Iran, Iraq, Egitto, Siria, Turchia, Israele e in molte altre realtà della diaspora armena nel mondo. Libero ha incontrato Monsignor Georges Yeghiayan, vicario del Patriarca di Cilicia, un teologo e un intellettuale molto apprezzato in tutto il Libano, un sacerdote che ha compiuto i suoi studi all’Università Gregoriana di Roma e che parla perfettamente quattro lingue. Monsignore Yegghiayan, mi ha incuriosito il fatto che la liturgia è celebrata in lingua araba e non in armeno. «Purtroppo nella nostra comunità c’è gente che non parla più l’arme - no. E’la conseguenza terribile delle persecuzioni contro gli armeni. Prima la dominazione ottomana, poi il genocidio perpetrato dai turchi nel1915, hannoinfluitodrammaticamente sulla conoscenza della nostra lingua. Ma il mio popolo, discendente di quella che fu la prima nazione al mondo ad adottare il cristianesimo come religione di Stato, è molto attaccato alla sua Chiesa e alla sua identità. I fedeli che lei vede qui oggi, sono tutti figli di madri e padri massacrati dai turchi e da Stalin per la loro fede e per il loro attaccamento patriottico». Che rapporti avete con la Chiesa Cattolica? «Noi armeni siamo molto attaccati alla Chiesa di Roma, che protesse e difese la nostra identitànazionale e culturale con due grandi Papi pi del passato: papa Benedetto XIV e papa Benedetto XV. L’Arme - nia istituì una propria Chiesa indipendente. Noi abbiamo una lunga tradizione di lotta e di indipendenza: dal 451 d.c. nella prima battaglia contro i Persiani ad oggi, la nostra storia è fatta di battaglie per la Religione e per la Patria. Non siamo mai stati sconfitti. Da questo senso comune di appartenenza discende la nostra speranza per la nostra sopravvivenza e per un futuro migliore». LaSiria vista da qui è molto vicina: dopo due anni di guerra quale è il bilancio per la comunità armena siriana? «Lo dico chiaro e forte perché tutti gli italiani sappiano: assistiamo, ancora una volta nel silenzio totale e complice dell’Occidente, alla distruzione della comunità armena, e questa volta in Siria. Un eccidio Pache avviene proprio in questo momento e che oggi minaccia anche la comunità cattolica. So che forse, non è politicamente corretto, ma tanto gli armeni quanto i cattolici sono sempre stati rispettati e difesi da Assad, perché considerati cittadini leali, intraprendenti e fedeli. Oggi, questa ribellione armata che è capeggiata da Paesi come l’ Ara - bia Saudita e la Turchia, mette in serio pericolo la sopravvivenza stessa degli armeni e dei cattolici. ADeirel Zor, una cittàsimboloper gli armeni, perché qui vennero deportati dai turchi migliaia di nostri fedeli, gli insorti anti Assad hanno distrutto a colpi di razzo il convento e dato alle fiamme il mausoleo che ricordava il nostro olocausto. In Siria abbiamo informazioni dettagliate di linciaggi di armeni e cristiani, e della distruzione sistematica di molte chiese. È una tragedia terribile: chiedo a papa Francesco di alzare alta la voce contro queste uccisioni di massa, perché la pace si fonda solo sulla giustizia dei popoli».
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