Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 27/02/2013, a pag. 30, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Siria, l’Arabia arma i ribelli con i cannoni della Croazia ". Dal FOGLIO, in prima pagina, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo " Così Obama non aiuta i ribelli in Siria? Smascherato dal Nyt" .
Ecco i pezzi:
La STAMPA - Maurizio Molinari : " Siria, l’Arabia arma i ribelli con i cannoni della Croazia "


Maurizio Molinari Re Abdallah di Giordania
L’ Arabia Saudita rifornisce i ribelli siriani con armi croate, che arrivano a destinazione passando per la Giordania.
La rivelazione del «New York Times», alla vigilia della riunione romana dei Paesi «Amici della Siria», lascia intendere che Riad è determinata a mettere sotto pressione la Casa Bianca affinché faccia cadere in fretta il veto sulle forniture di armi ai ribelli, ritenendolo un passaggio necessario per accelerare la caduta del regime di Bashar Assad. Il piano saudita è un’operazione logistica assai accurata: Riad acquista da interlocutori a Zagabria ingenti quantità di armamenti di fanteria risalenti alle guerre balcaniche degli Anni Novanta, che vengono imbarcati su aerei Ilyushin 76 e trasportati in Giordania da dove, via terra, raggiungono le postazioni dei ribelli in Siria. Sarebbe stato proprio un inviato croato, secondo il quotidiano newyorchese, a far conoscere lo scorso anno a Washington l’esistenza di ingenti forniture di armamenti di fanteria leggera pronte ad essere vendute ma l’amministrazione Obama si divise: Dipartimento di Stato, Cia e Pentagono si dissero favorevoli ad armare i ribelli mentre la Casa Bianca si oppose, per espressa volontà del presidente Barack Obama.
La scelta della monarchia wahabita fu dunque di subentrare alle esitazioni americane, scegliendo di diventare la nazione guida dell’invio di armamenti ai ribelli che, nel corso degli ultimi mesi, hanno consentito di mettere sulla difensiva le forze del regime. A essere particolarmente efficaci sono infatti i missili tipo-stinger, che minacciano elicotteri e aerei, così come i pezzi di artiglieria leggera perché consentono di dare l’assalto alle basi e ostacola con efficacia i movimenti dei carri armati di produzione russa.
Il duello fra armi di provenienza croata in mano ai ribelli e forniture russe negli arsenali di Assad ripropone in Siria le caratteristiche tattiche dei conflitti balcanici, dove erano i serbi a battersi con fornituredell’ex Urss.
L’ « O p e r a z i o n e Croazia», formalmente smentita da Zagabria, non è tuttavia l’unico flusso di armi che i sauditi fanno arrivare ai ribelli come dimostrato dal fatto che questi possiedono caricatori di fucili prodotti in Ucraina, bombe a mano svizzere e fucili belgi. Il massiccio impegno saudita nasce dalla volontà di bilanciare le forniture di armi di Teheran alle forze di Assad, che avvengono ricorrendo ad aerei da trasporto dell’esercito iraniano con le insegne della «Maharaj Airlines».
La frequenza di tali consegne è talmente intensa da essere stata soprannominata «la latteria» da parte dei servizi occidentali. Far trapelare tali dettagli alla vigilia della riunione multilaterale di Roma implica la volontà dei sauditi di tornare a mettere sotto pressione l’amministrazione Obama affinché riveda l’opposizione alle forniture di armi.
In tale ottica la scelta dei ribelli siriani di far pesare al Segretario di Stato John Kerry la loro adesione al summit di Roma assomiglia ad un primo esplicito monito: se Washington continuerà a far mancare le armi, la potenza di riferimento degli insorti diventerà l’Arabia Saudita. Alle cui spalle vi sono i fondi delle altre monarchie del Golfo, a cominciare da Qatar ed Emirati Arabi Uniti.
Il FOGLIO - Daniele Raineri : "Così Obama non aiuta i ribelli in Siria? Smascherato dal Nyt"


Daniele Raineri Joh Kerry
Roma. Il New York Times scopre finalmente chi sta armando i ribelli siriani moderati per controbilanciare il potere dei ribelli islamisti e anche per imprimere più velocità alla guerra contro il presidente Bashar el Assad, che per il momento va avanti con esasperante lentezza. “Secondo fonti del governo americano e di governi occidentali”, l’Arabia Saudita ha finanziato un acquisto massiccio di armi pesanti da fanteria in Croazia e le ha trasferite con discrezione sul fronte siriano, e questo spiega i numerosi avvistamenti sul campo di battaglia che erano stati descritti anche dal Foglio quindici giorni fa. Cannoni senza rinculo, mortai, razzi controcarro, mitragliatrici, che danno ai ribelli la capacità di affrontare i corazzati dell’esercito regolare di Damasco, da dicembre passano attraverso il confine sud – con la Giordania – e finiscono nelle mani dei battaglioni che meno indulgono alla retorica della guerra di religione. Il capo del primo battaglione a ricevere le nuove armi in arrivo dalla ex Yugoslavia ha incontrato e si è fatto fotografare con leader cristiani, per significare che le minoranze religiose non hanno da temere dal rovesciamento del governo di Assad. L’Arabia Saudita quindi non finanzia gli estremisti di gruppi come Jabhat al Nusra, come sembrano suggerire i rumor che circolano in Siria, ma i gruppi rivali (vero è che i finanziamenti privati dal Golfo spesso vanno ai battaglioni più radicali e pericolosi). Sabato il giornale croato Jutarnji ha scritto che nei mesi scorsi c’è stato un numero elevato e insolito di voli di aerei cargo giordani in partenza dall’aeroporto Plaso della capitale Zagabria. La proposta di usare l’arsenale croato, rimasto inutilizzato dopo le guerre nei Balcani degli anni Novanta, è stata fatta per la prima volta da un funzionario croato agli americani la scorsa estate durante una visita a Washington. Questo particolare – l’offerta croata fatta agli americani e poi passata ai sauditi – e il fatto che le armi passino dalla frontiera giordana – che gli americani hanno trasformato in un punto avanzato di sorveglianza e sostegno ai ribelli siriani, anche con l’invio di soldati – rafforzano la tesi che l’America abbia approvato l’operazione saudita. L’idea che l’Amministrazione Obama non stia intervenendo a favore dei ribelli a questo punto è una posa farsesca a uso di Russia e Iran. Si tratta di un “leading from very behind” (il “leading from behind”, guidare dalla retrovia gli sforzi altrui, è l’approccio strategico scelto da Obama in Libia: fare senza esporsi). Mentre non è ancora chiaro se l’America manderà almeno “equipaggiamento non letale”, sembra che stia facendo pressione sui partner europei perché provvedano ai ribelli siriani materiale importante – e non più solo walkie-talkie – come visori notturni per combattere al buio e mezzi blindati.
Joe Biden telefona all’opposizione siriana
Ieri il nuovo segretario di stato americano, John Kerry, impegnato nel suo primo viaggio, ha incontrato a Berlino il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, che il giorno prima aveva visto a Mosca il ministro degli Esteri siriano, Walid al Muallem, e gli aveva fatto dire una frase storica: “Il governo siriano è pronto a trattare anche con i gruppi armati” (finora Assad ha sprezzantemente rifiutato di considerarli interlocutori). E’ una catena pianificata di incontri: lunedì Lavrov incontra Muallem a Mosca, martedì Lavrov vede Kerry a Berlino, giovedì Kerry vedrà a Roma il capo dell’opposizione siriana Moaz al Khatib. Kerry è riuscito a convincere al Khatib a venire a Roma domani per parlare dopo che il siriano aveva minacciato di boicottare l’appuntamento (Khatib ha anche ricevuto la chiamata grata del vicepresidente Joe Biden, questo rafforza l’idea che Washington stia aumentando la pressione). Entrambi i fronti, governo e opposizione, pongono per ora condizioni considerate troppo pesanti per cominciare i negoziati: la cacciata e il processo di Assad contro il disarmo dei gruppi ribelli. Eppure lunedì si è saputo che Moaz al Khatib ha incontrato la settimana scorsa Muhammad Hamsho, importante uomo d’affari siriano vicino a Maher al Assad, fratello del presidente e violento capo militare (Hamsho è anche sulla lista degli uomini di potere siriani colpiti dalle sanzioni contro Assad). Regime e opposizione adesso si parlano. E l’America fa fare all’Arabia Saudita il lavoro sporco, ma approva e spinge sul traffico d’armi per sbloccare questo stallo politico-militare da 150 morti al giorno.
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