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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa - La Repubblica Rassegna Stampa
25.02.2013 Detenuto palestinese in sciopero della fame muore in carcere
Cronache di Aldo Baquis e Fabio Scuto a confronto

Testata:La Stampa - La Repubblica
Autore: Aldo Baquis - Fabio Scuto
Titolo: «Muore detenuto, rivolta in Palestina - Muore un detenuto palestinese, rischio Intifada»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 25/02/2013, a pag. 14, l'articolo di Aldo Baquis dal titolo " Muore detenuto, rivolta in Palestina ". Da REPUBBLICA, a pag. 22, l'articolo di Fabio Scuto dal titolo " Muore un detenuto palestinese, rischio Intifada ".

Una considerazione
 
Come deve essere considerata una persona che lancia pietre contro dei militari o anche semplici cittadini ? In Italia si sono verificati casi del genere, ad esempio bande di teppisti dall'alto dei cavalcavia sulle autostrade. Dovevano essere considerati non punibili oppure meritevoli di essere giudicati da un tribunale ?
In questo caso non c'erano motivazioni politiche, solo criminalità comune, ma ai fini del risultato fa poca differenza. Lo stato ha il dovere di garantire la sicurezza dei propri cittadini e delle proprie forze armate , chi contravviene la legge va fermato, trattenuto in carcere in attesa del processo.
Una delle armi di maggiore effetto nelle mani della propaganda palestinese è l'atteggiarsi a vittime, una tecnica che va diritto alla sensibilità delle società occidentali (si veda l'articolo di Federico Steinhaus in altra pagina di IC) e lo sciopero della fame è l'arma più efficace. In una cultura dove la vita conta meno della morte, diventare 'martire' è la massima delle ambizioni. Non stupisce quindi l'uso strumentale di prossime morti nelle carceri israeliane, visto che l'alimentazione forzata non è ammessa dalle leggi internazionali ( i terroristi dell'IRA morti in carcere per non aver voluto interrompere lo sciopero della fame ce lo ricordano). Che deve fare Israele ? Giudicare caso per caso, senza lasciarsi impressionare dagli alti lai che arriveranno da ogni dove. Se la vittima è palestinese, il dito puntato è garantito. Ma è l'osservanza della legge che deve prevalere.
Ecco i pezzi:

La STAMPA - Aldo Baquis : " Muore detenuto, rivolta in Palestina "


 Arafat Jaradat

Israele e Anp sono venuti a trovarsi ieri nuovamente in rotta di collisione in seguito alla morte di un palestinese, Arafat Jaradat, 35 anni, in una cella di custodia dello Shin Bet, i servizi di sicurezza interni, nella prigione di Megiddo (Galilea).

Anche dopo un’autopsia condotta assieme da esperti israeliani e palestinesi, l’atmosfera è rimasta surriscaldata. «Sulla salma non c’erano segni di violenza, a parte due costole rotte forse per gli sforzi di rianimazione», ha detto il ministero israeliano della sanità. «Il martire Jaradat - ha replicato il ministro palestinese per i prigionieri Issa Qaraqe - è stato seviziato a morte».

Tutto attorno, la protesta sta rapidamente montando. Migliaia di palestinesi reclusi in Israele hanno rifiutato il cibo. Quattro di loro, impegnati da mesi in scioperi della fame a oltranza, sono in condizioni di salute gravissime e rischiano la morte. La Cisgiordania è in fermento. Barricate, scontri con l’esercito, lanci di bottiglie molotov sono segnalati in molte zone.

Jaradat era, al massimo, un «soldato semplice» della protesta palestinese. A novembre, durante i combattimenti fra Israele e Hamas a Gaza, aveva forse lanciato pietre contro veicoli israeliani in transito in Cisgiordania. Il 18 febbraio è stato arrestato nella sua abitazione presso Hebron. La moglie, Dalal Ayayda, ha detto che è stato brutalizzato, che urlava di dolore. Tre giorni dopo il suo avvocato, Kamil Sabagh, lo ha visto ripiegato su stesso su una panca di una corte militare. La schiena gli doleva, ha spiegato, per essere stato obbligato dallo Shin Bet a restare a lungo con le mani ammanettate dietro la schiena.

Sabagh ha chiesto al giudice militare che Jaradat fosse sottoposto a visite mediche e psichiatriche. Troppo tardi. Il 23 febbraio Jaradat è morto a Megiddo, in quello che il servizio carcerario ha qualificato come «un apparente infarto». Nell’autopsia la causa immediata della morte non è stata stabilita. Ma il padre ha riferito di aver visto che il corpo del figlio appariva martoriato, come «se fosse stato colpito dalla testa ai piedi».

Le tecniche di interrogatorio dello Shin Bet - che secondo l’Anp hanno appunto causato la morte di Jaradat - sono il tema di un film-documentario israeliano («The Gatekeepers») candidato all’Oscar. Un ex capo dello Shin Bet orientato a sinistra, Amy Ayalon, ha commentato ieri che proprio i disordini in Cisgiordania possono fornire a Israele e Anp l’occasione di rilanciare trattative di pace. Un altro ex capo dello Shin Bet orientato a destra, Avi Dichter, ha invece accusato AL Fatah di aver ispirato le violente.

Il premier Benjamin Netanyahu ha intanto sollecitato ieri i dirigenti di Ramallah a riprendere subito le redini della situazione. E ha autorizzato, per allentare la tensione, il trasferimento all’Anp di 100 milioni di dollari di dazi doganali spettanti ai palestinesi e trattenuti da Israele come ritorsione contro atti di violenza. Ma adesso il rischio - titolano con trasporto i tabloid israeliani - è che si scivoli verso una terza intifada.

La REPUBBLICA - Fabio Scuto : " Muore un detenuto palestinese, rischio Intifada"

GERUSALEMME — La morte di un detenuto palestinese deceduto in circostanze che restano oscure anche dopo l’autopsia, sta infiammando i Territori occupati, incidenti e scontri si moltiplicano nei principali centri della Cisgiordania con l’esercito israeliano chiamato a fronteggiare quella che nei titoli dei giornali è già “una terza intifada”. Gruppi di dimostranti hanno ingaggiato ieri battaglia con l'esercito a Hebron, Betlemme e Ramallah; decine di persone sono rimaste intossicate dai gas o ferite da proiettili di gomma. E ieri migliaia di detenuti palestinesi hanno osservato uno sciopero della fame, è il terzo in dieci giorni, contro le detenzioni amministrative – cioè senza un accusa specifica né un processo - e le condizioni di vita nelle carceri. Quattro prigionieri palestinesi, poi, da mesi rifiutano il cibo e le loro condizioni sono disperate, la morte di uno di loro potrebbe accendere ancora di più le tensioni. Il premier Benjamin Netanyahu, preoccupato del divenire degli eventi, ha avvertito l’Anp che suo dovere arginare gli incidenti ma sarà difficile anche per la polizia di Abu Mazen fronteggiare tanta rabbia. Il caso del detenuto Arafat Jaradat è stata la miccia che ha dato il via a questa nuova ondata di violenze. Jaradat, un benzinaio di 35 anni, sposato con due figli era stato arrestato il 18 febbraio dalla sicurezza interna israeliana – lo Shin Bet – con l’accusa di aver lanciato pietre contro una pattuglia dell’esercito. Per questo era stato rinchiuso nel carcere speciale di Megiddo, dove secondo le autorità israeliane sarebbe morto per un attacco cardiaco. Ma all’autopsia – eseguita dai due luminari forensi israeliani – era presente anche il dottor Saber Aloul, capo del dipartimento di patologia clinica dell’Anp. I pareri divergono completamente: per i medici israeliani è morto di infarto mentre per il medico palestinese sono evidenti i segni delle torture subite. Il 21 febbraio Jaradat aveva incontrato il suo avvocato, Kamil Sabagh: «La schiena gli faceva male e si è lamentato di essere stato costretto dallo Shin Bet a restare per ore in una posizione dolorosa». Sabagh aveva chiesto al giudice militare che Jaradat fosse sottoposto a visite mediche e psichiatriche. Ma non c'è stato tempo. Il 23 febbraio è morto “di infarto”. L'esercito israeliano in Cisgiordania è da ieri nella massima allerta nel timore che la protesta possa dilagare. Oggi altri momenti di tensione si avranno quando vicino Hebron avranno luogo i funerali di Jaradat.

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