Sull'incredibile sentenza della Corte d'Appello del tribunale di Milano, riprendiamo oggi, 13/02/2013, la cronaca sulla STAMPA , a pag. 21,di Paolo Colonnello, dal FOGLIO, a pag.3, l'editoriale.
La morale è presto detta, il terrorismo ne esce esaltato, chi lo combatte sbattuto in galera.
La Stampa-Paolo Colonnello:" Abu Omar, dieci anni all'ex capo del Sismi"

Abu Omar
Non era mai accaduto che un (ex) capo dei servizi segreti italiani venisse condannato a 10 anni di reclusione. Soprattutto un capo come Niccolò Pollari, confermato da governi di destra e di sinistra e poi «scivolato» proprio sulla vicenda del sequestro Abu Omar, per il quale si è sempre proclamato innocente. Ma questo ha deciso ieri la Corte d’Appello milanese - in riforma della precedente sentenza di proscioglimento dopo l’annullamento della Cassazione - con una sentenza che inchioda Pollari per il rapimento dell’ex imam milanese Abu Omar, impacchettato in una strada della periferia milanese dalla Cia il 17 febbraio del 2003, torturato e lasciato a marcire per anni in un carcere egiziano.
E dieci anni in secondo grado, due in meno di quanti ne aveva chiesti la pubblica accusa, non sono uno scherzo: se venissero confermati in Cassazione aprirebbero per l’ex direttore del Sismi, già ex capo della Guardia di Finanza, le porte di un carcere militare. Così come potrebbe accadere anche a Marco Mancini, ex capo dell’antiterrorismo del controspionaggio militare, già coinvolto (e archiviato) nella vicenda Telecom, e ora condannato a 9 anni di reclusione. Infine agli altri tre dirigenti del servizio coinvolti in quello che l’accusa ha ritenuto essere un appoggio logistico: Raffaele Di Troia, Luciano Gregorio e Giuseppe Ciorra, sei anni per ciascuno. Per tutti l’accusa, rappresentata dal pg Piero De Petris aveva chiesto due anni di reclusione in più. Ma il vero vincitore «morale» di questo processo è il procuratore, attualmente in forza a Lodi, Armando Spataro che ha sempre sostenuto il coinvolgimento dei nostri servizi nelle «extraordinary rendition» americane che, dopo l’11 Settembre, hanno rappresentato il lato più oscuro della «guerra sporca» contro il terrorismo islamico. Non a caso, il 1° febbraio scorso, sempre la Corte d’Appello aveva condannato anche l’ex capo della Cia in Italia Jeff Castelli a 7 anni di reclusione. Mentre altri 23 agenti della Cia sono già stati condannati anche in Cassazione. Ben diversamente la pensano i difensori degli imputati: «Non ce l’aspettavamo, siamo sconcertati - ha detto il legale di Pollari, Titta Madia - Il generale è stato condannato nonostante il segreto di Stato opposto da tre diversi governi. Segreto che gli ha impedito di difendersi nel merito». I giudici di Milano hanno stabilito anche un risarcimento a titolo provvisionale a favore dell’ex imam di un milione di euro (ne aveva chiesti 10), mentre per la moglie, che ne denunciò in lacrime la scomparsa, il risarcimento sarà di 500 mila euro. Ulteriori danni verranno liquidati in sede civile. Ma la partita non è ancora conclusa. Infatti, in contemporanea al verdetto, sono giunti in Corte Costituzionale gli atti relativi a un nuovo conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal governo proprio nei confronti della Cassazione che aveva annullato il precedente proscioglimento degli agenti del Sismi, in relazione alla parte di sentenza «che contiene statuizioni che incidono sulla sfera di competenza riservata al presidente del Consiglio in materia di segreto di Stato». L’annullamento del proscioglimento per Pollari, Mancini e gli altri 3 agenti, avrebbe «leso le attribuizioni costituzionali» della presidenza del Consiglio «nell’esercizio dell’attività politica volta alla tutela della sicurezza dello Stato».
Il Foglio- "L'assurda condanna di Pollari"

Niccolò Pollari
La IV sezione della Corte d’appello del tribunale di Milano ha condannato a dieci anni l’ex direttore del Sismi Nicolò Pollari, a nove il suo vice Marco Mancini e a sei gli agenti Giuseppe Ciorra, Raffaele Di Troia e Luciano Di Gregorio nel processo per il sequestro dell’ex imam di Milano Abu Omar, avvenuto nel febbraio del 2003, in piena guerra internazionale al terrorismo. Una decisione “sconcertante”, come ha commentato Pollari, ma ancor più un esempio evidente di malagiustizia. Non c’è alcuna prova che Pollari abbia partecipato o collaborato al sequestro di Abu Omar, l’apposizione del segreto di stato sulla vicenda da parte di tutti i governi che si sono succeduti – quelli di Romano Prodi, di Silvio Berlusconi e di Mario Monti – ha impedito al generale di portare prove a discolpa, ma in uno stato di diritto non è l’imputato a dover provare la propria innocenza, bensì l’accusa a dimostrare la colpevolezza. Invece l’unico argomento probatorio dell’accusa è proprio il segreto di stato, interpretato come dimostrazione di una copertura istituzionale a reati dei quali non ci sono altre prove. La questione è stata sottoposta alla Corte costituzionale dal governo attualmente in carica, che ha ritenuto lesivo del rapporto costituzionale tra i poteri l’annullamento, da parte della Cassazione, della precedente sentenza di proscioglimento. Ma il tribunale d’Appello milanese non ha voluto aspettare il pronunciamento della Consulta e ha voluto condannare, condannare, condannare. L’iter giudiziario sarà ancora lungo e prima o poi, c’è da sperare, si troverà un giudice interessato ai fatti, invece che a stabilire un principio politico abnorme: quello secondo cui i governi non possono apporre il segreto di stato su materie su cui indaga la magistratura in sede penale. Al di là delle questioni processuali e procedurali sopra ricordate, l’abnormità della condanna nasce da qualcosa di più profondo. In sostanza, il tribunale milanese non ha processato degli imputati per un reato, ma il principio stesso secondo cui i governi possono avvalersi del segreto di stato a protezione della sicurezza nazionale. Di questo si tratta. E si tratta di una questione essenziale, che riguarda un punto delicatissimo dell’equilibrio tra i poteri dello stato. Si intende in sostanza abolire un potere dell’esecutivo sancito dalle leggi e dalla Costituzione, semplicemente rifiutando per via giudiziaria di accettare l’esercizio nei fatti di quel potere e trasformandolo addirittura in una prova di colpevolezza. Questo è inaccettabile. Ma a dare la misura della lunare estraneità alla realtà storica e politica di certa magistratura basta un fatto: qualche giorno fa un rapporto dell’Open Society Justice Initiative di New York (ne ha parlato il Foglio il 5 febbraio) ha dimostrato che dopo l’11 settembre tutti i governi europei, persino quelli dichiaratamente ostili alla “guerra americana”, hanno partecipato alle “rendition” della Cia. Centinaia di “casi Abu Omar”, che hanno difeso l’Europa dal terrorismo, e su cui nessuna magistratura di nessun paese democratico ha avuto da ridire. Tranne in Italia.
Per inviare alla Stampa, Il Foglio, la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante