Riportiamo dall'ADIGE del 29/01/2013, in prima pagina, l'editoriale di Federico Steinhaus dal titolo "Il Male è banale".


Federico Steinhaus
Anche questa Giornata della Memoria è passata. Ci sono state celebrazioni un po’ ovunque, secondo quanto prescrive la legge; alcune intelligenti e costruttive, altre solo formali, come sempre avviene quando si vogliono ricordare con solennità avvenimenti che si allontanano nel tempo ogni anno di più.
Qualche anno fa il presidente Napolitano ci aveva proposto di ricordare non solo le vittime, ma anche coloro che salvarono delle vite, spesso mettendo a rischio la propria. Un libro, intitolato “I Giusti d’Italia”, ricorda uno ad uno questi coraggiosi. Vorrei però che in queste occasioni si facesse anche una riflessione diversa, sui carnefici e sulla facilità con cui lo si può diventare.
Hannah Arendt scrisse “La banalità del male” dopo aver assistito al processo contro Adolf Eichmann, l’organizzatore materiale della Shoah: aveva l’aspetto di un omuncolo insignificante, un impiegato modello, puntiglioso, ordinato. Era vero allora, ma è vero ancora oggi che il Male si può incarnare nel nostro vicino di casa, nella persona che incontriamo al banco del bar, in quelli che vengono poi frettolosamente definiti “insospettabili”.
Padri di famiglia amorevoli, che non avrebbero mai sparato ad un passerotto per divertimento, che educavano i figli ad obbedire sempre ai loro genitori, che andavano a teatro e leggevano i classici dell’Ottocento come Schiller e Goethe. Questi stessi prendevano per i piedi i neonati e li sbattevano contro un muro per ucciderli, facevano esperimenti medici assurdamente inutili, ammassavano gli ebrei in una sinagoga e poi la incendiavano, costringevano le donne ebree a pulire le strade con la lingua e lo spazzolino da denti, mandavano migliaia di persone nelle camere a gas: il tutto senza un attimo di rimorso, e poi la sera, finita la giornata di “lavoro”, ascoltavano Beethoven sorbendosi un bicchiere di cognac. Non erano i reclusi di prigioni e manicomi assoldati a causa della loro natura criminale; erano decine di migliaia di persone normali, che avevano una vita, una famiglia ed un lavoro normali. Indossata la divisa e ricevuti gli ordini, essi consideravano normale anche uccidere, torturare, massacrare senza pietà, e svestita la divisa nel 1945 sarebbero tornati alle loro normali vite da civili.
Da allora, tutto ciò si è ripetuto in altri luoghi, in Europa, in Asia, in Africa. Le vittime sono sempre le stesse: minoranze, persone che pregano un Dio diverso o che parlano una lingua diversa o che hanno opinioni diverse in politica, gente alla quale per questo non si vuole concedere il privilegio di vivere. Il Male è banale perché si nasconde ovunque in un’ apparenza di anonima normalità. Questa caratteristica lo rende invisibile, e richiede da parte nostra la massima vigilanza per riconoscerlo ed impedirgli di agire. Ma anche il Bene può essere banale, quando chi lo pratica ha la modestia degli eroi. Pensiamo a Giorgio Perlasca, anche lui un impiegato anonimo che ha avuto la capacità di compiere cose straordinarie, per poi tornare alla normalità della famiglia.
Saper fare la tua scelta quando la Storia lo esige, ecco la vera discriminante: questa scelta deve essere una ed una sola, senza dubbi e ripensamenti. La mia speranza è che i giovanissimi d’oggi, che saranno la prima generazione privata della presenza di vittime e carnefici della Shoah, sappia fare propri questi insegnamenti.
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