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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Giornale - La Repubblica Rassegna Stampa
17.12.2012 Egitto: con il referendum vince la shari'a
Cronaca di Gian Micalessin. Renzo Guolo si accorge dell' illusione della primavera araba

Testata:Il Giornale - La Repubblica
Autore: Gian Micalessin - Renzo Guolo
Titolo: «Macché libertà, in Egitto il Corano è legge - Ma il Paese resta spaccato»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 17/12/2012, a pag. 15, l'articolo di Gian Micalessin dal titolo "Macché libertà, in Egitto il Corano è legge". Da REPUBBLICA, a pag. 16, l'articolo di Renzo Guolo dal titolo "Ma il Paese resta spaccato", preceduto dal nostro commento.
Ecco i pezzi:

Il GIORNALE - Gian Micalessin : " Macché libertà, in Egitto il Corano è legge"


Gian Micalessin           Mohamed Morsi

Da oggi l'Egitto è governato dal Corano. I risultati ufficiali del referendum sulla Costitu­zione non arriveranno prima del voto di altri 17 governatora­ti di sabato 22 dicembre. Poco importa. I nove governatorati dove si sta svolgendo il primo scrutinio comprendono il Cai­ro, roccaforte del voto laico e copto. E qui i Fratelli Musulma­ni si attribuiscono 4milioni e 604mila sì contro 3 milioni e 539mila no. Dunque si conside­rano vittoriosi e danno per ap­provata la Costituzione basata sulla sharia. Chi potrà smentir­li? Il loro referendum-lampo è stato organizzato in due setti­mane senza la supervisione del potere giudiziario e senza lo straccio di un osservatore inter­nazionale. A questo punto l'op­posizione laica e cristiano cop­ta non ha nessuno a cui appel­larsi. L'Occidente e la comuni­tà internazionale, Barack Oba­ma in testa, assistono accondi­scendenti ai diktat del presiden­te Mohamad Morsi. I generali schieratisi con gli islamisti in cambio di una Costituzione che preserva i loro privilegi han­no rinunciato al ruolo di difen­sori della laicità. Dunque è tem­po di guardare ai cambiamenti che verranno introdotti grazie alla Costituzione ratificata dal referendum.
La prima svolta è già in quell'
articolo 1 che definisce il popo­lo egiziano «parte della nazio­ne islamica». Grazie a questa definizione cristiani e laici ven­gono assimilati alla maggioran­za islamista. Su scala mondiale diventano parte della «umma» la comunità islamica. L'artico­lo 2 che impone l'islam come «religione di stato» e i principi della sharia come principale fonte legislativa è solo apparen­tem­ente simile alla vecchia Co­stituzione. Il trucco si nascon­de all'articolo 229 dove si speci­fica che «i principi della sharia sono le regole giuridiche fonda­mentali, i principi e le fonti scrit­te riconosciute dalla scuola giu­ridica sunnita». Il Parlamento perde insomma la propria auto­nomia, e deve sottoporsi al po­tere discernente delle autorità islamiche che potranno boccia­re le sue leggi.
Il sistema politico basato «sui principi della democrazia e del­la shura » evocato all'articolo 6 è un altro sbandamento verso l'islamismo fondamentalista. Il termine «shura» è altamente ambiguo perché nell'accezio­ne salafita indica un assemblea consultiva, non eletta, formata solo da musulmani e priva di po­teri legislativi.
L'articolo 10 è la spada di Da­mo­cle sospesa sulla testa del ge­nere femminile perché ignora l'obbligo per lo stato, previsto in passato, di rispettare l'ugua­glianza tra uomo e donna. Nel nuovo Egitto «la famiglia è la ba­se della società ed è fondata su religione, morale e patriotti­smo... lo stato concilierà i dove­ri della donna verso la famiglia con quelli del lavoro». In prati­ca la donna non può più decide­re la propria vita né svolgere un lavoro autonomo. Per lei deci­dono la famiglia ed eventual­mente lo stato dei Fratelli Mu­sulmani.
Chi ora griderà all'intolleran­za e si straccerà le vesti nel no­me dei diritti delle donne avreb­be fatto meglio ad ascoltare le promesse di Morsi durante la campagna elettorale. «Tutti concordano - spiegava a giu­gno il candidato Morsi - che la sharia è la Costituzione e guida ogni aspetto della vita. Solo quanto espresso nel Corano sa­rà letto e ascoltato... sarà la base per tutte questioni pertinenti la popolazione - non solo musul­mana- e le loro attività...».
Son passati neanche sei mesi ed il Corano è diventato legge. Con tanti saluti a quanti sogna­vano un governo dei Fratelli Musulmani ispirato ai principi della democrazia e della liber­tà.

La REPUBBLICA - Renzo Guolo : "Ma il Paese resta spaccato"

Dopo aver inneggiato alla primavera araba inesistente perché l'islam non è riformabile, ora Guolo si rende conto delle dannose utopie nelle quali lui e grand parte degli 'esperti' di cose islamiche (Parsi, Valli, Tottoli,...) avevano creduto.
Ecco il pezzo:


Renzo Guolo

Vince il “sì” nel primo round del referendum costituzionale in riva al Nilo, anche se non in maniera trionfale. A conferma che la società egiziana è fortemente polarizzata e le fratture politiche e religiose si allargano, minacciando la stabilità del paese. Il risultato, annunciato con enfasi dai Fratelli Musulmani, è comunque contestato dalle opposizioni, che a loro volta rivendicano un marcato successo del “no”. Il Fronte Nazionale di Salvezza aveva fatto sapere alla vigilia che avrebbe accettato l’esito del voto, un impegno destinato a cadere in presenza di brogli o palesi illegalità. E’ prevedibile che ora l’opposizione invochi nuovamente la sospensione, se non il ripetizione del primo turno, della consultazione. La regolarità del voto è denunciata anche dagli attivisti dei diritti umani, che hanno evocato un clima da era Mubarak ai seggi. Una valutazione così diversa sulla correttezza della competizione spinge maggioranza e opposizione sul terreno della delegittimazione reciproca, con ovvie conseguenze sulla radicalizzazione del conflitto. Morsi e i Fratelli Musulmani confidavano sulla favorevole risposta popolare, contrapponendo legittimità della Costituzione a quella della rivoluzione: almeno quella della prima piazza Tahrir. La Fratellanza conosce bene il paese, il suo radicamento nell’Egitto profondo, dove i seguaci della Guida Badie e i salafiti esercitano grande influenza, è un dato di fatto. Non è causale che il “no” abbia prevalso al Cairo e a Alessandria, e il “sì” nel governatorato di Sonhag o nel Nord del Sinai, dove Fratelli e salafiti sono storicamente molto forti. Tenendo conto della geografia politica egiziana, il voto nella prossima tornata nelle restanti province, rurali e tradizionaliste, dovrebbe premiare ulteriormente gli islamisti. Morsi cercava il conforto delle urne, dopo la prova di forza della dichiarazione costituzionale e la parziale marcia indietro seguita alle reazioni di piazza. Un conto era ritirare la dichiarazione, altro accettare il rinvio sine die del referendum: alla leadership della Fratellanza è parso chiaro sin dall’inizio che avrebbe voluto dire farsi imporre l’agenda politica dagli avversari. E questo i Fratelli Musulmani, pressati dall’inquieta concorrenza degli alleati-rivali salafiti sul versante islamista, non avrebbero potuto accettarlo. Il “sì” alla Costituzione è un passaporto per indebolire le ultime resistenze dalla magistratura, in attesa che lo spoil system in campo giudiziario consenta una più marcata egemonia islamista. La Fratellanza, un tempo teorica della sovranità divina, è oggi la principale fautrice della sovranità popolare. Se la situazione non precipitasse, all’opposizione, unita dopo le divisioni del passato, non resta che preparare le elezioni legislative che dovrebbero seguire la fine del travagliato processo costituzionale. Potrebbe essere l’ultima prova d’appello per evitare che il cerchio islamista si chiuda.

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