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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Giornale - La Repubblica - La Stampa Rassegna Stampa
10.12.2012 Egitto: continuano le proteste contro il faraone Morsi
cronache di Gian Micalessin, Vanna Vannuccini. Intervista di Francesca Paci alla giudice Tahani al Gebali

Testata:Il Giornale - La Repubblica - La Stampa
Autore: Gian Micalessin - Vanna Vannuccini - Francesca Paci
Titolo: «Morsi fa il furbo: con un trucco si è già ripreso i 'superpoteri' - La battaglia di Al Azhar l’Università che decide sulla Sharia in Egitto - Giudici, argine al potere dei Fratelli musulmani»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 10/12/2012, a pag. 14, l'articolo di Gian Micalessin dal titolo " Morsi fa il furbo: con un trucco si è già ripreso i «superpoteri» ". Da REPUBBLICA, a pag. 14, l'articolo di Vanna Vannuccini dal titolo " La battaglia di Al Azhar l’Università che decide sulla Sharia in Egitto ". Dalla STAMPA, a pag. 16, l'intervista di Francesca Paci a Tahani al Gebali dal titolo " Giudici, argine al potere dei Fratelli musulmani ".
Ecco i pezzi:

Il GIORNALE - Gian Micalessin : " Morsi fa il furbo: con un trucco si è già ripreso i «superpoteri» "


Mohamed Morsi: 'il mio potere è temporaneo, le mie intenzioni buone'.
Non ci crede più nessuno

Il decreto scompare, la truf­fa rimane. La mossa con cui il presidente Mohammed Morsi finge di spogliarsi dei poteri as­soluti è solo un imbroglio. L'op­posizione egiziana lo sa e per questo non abbandona la piaz­za. Ma stavolta la sfida è molto più pericolosa. Ora a difendere Morsi non ci sono più solo i «barbuti»dei Fratelli Musulma­ni, ma anche i generali. Il comu­nicato di sabato con cui l'eserci­to invita tutti al dialogo ipotiz­zando, in caso contrario, conse­guenze «disastrose» è un’aper­ta minaccia agli oppositori ver­gata da un vertice militare pas­sato fin dallo scorso agosto dal­la parte dei Fratelli Musulmani.
Una minaccia sottolineata ieri mattina dal rombo degli F16 sfrecciati sopra le teste degli op­positori.
Per comprendere il nuovo «no» dell'opposizione a Morsi basta guardare al referendum sulla Costituzione previsto per il 15 dicembre. Senza il decreto che lo svincolava dal controllo della magistratura Morsi non avrebbe mai potuto convocare un referendum costituzionale così a breve termine. Dunque annullare l'editto del 22 novem­bre senza cancellarne il princi­pale effetto equivale a un raggi­ro, che punta a garantire il varo di una Costituzione basata sul Corano. Una Costituzione che come «twitta» il Nobel per la Pa­ce Mohammed ElBaradei «limi­ta i nostri diritti e le nostre liber­tà ». La bozza, approvata da un’Assemblea Costituente do­minata dai fondamentalisti, prevede l'ingerenza delle auto­rità religiose nella stesura delle leggi, l'intervento dello Stato in tutte le questioni etico-morali e la subordinazione delle libertà femminili alle regole della tradi­zione islamica. Ma pensare che quella bozza illiberale possa ve­nir fermata dal referendum di sabato è un'utopia. L'unica for­za in grado d'indirizzare il voto delle grandi masse sono infatti i Fratelli Musulmani. Per questo le forze laiche, liberali e copte del Fronte di Salvezza Naziona­le hanno ripreso ieri le proteste intorno al Palazzo presidenzia­le chiedendo la cancellazione del referendum. Ma la mossa è ad alto rischio. I militari, già in­tervenuti per sigillare il palazzo dietro una muraglia di cemen­to difesa da carri armati potreb­bero usare il pugno di ferro. Dallo scorso 12 agosto le For­ze Armate sono sotto il control­lo di un manipolo di generali le­gati ai Fratelli Musulmani. Quel giorno il comandante dell' intelligence militare, generale Fattah Al Sissi, attuale capo del­le Forze Armate, guidò il «pro­nunciamento » che costrinse al­le dimissioni il Feldmaresciallo Hussein Tantawi e i suoi alleati all'interno del Consiglio Supre­mo delle Forze Armate. Fu l'at­to finale di un'infiltrazione ini­ziata durante l'era di Mubarak, la cui sofisticata capillarità è di­mostrata dalle rivelazioni se­condo cui i Fratelli Musulmani controllavano persino il gene­rale Abbas Mekheimer, il masti­no del Consiglio Supremo inca­ricato, in teoria, di vigilare sulle formazioni islamiste. Dal 12 agosto, grazie alla nomina ai vertici di esercito, marina ed aviazione di generali allineati con la Fratellanza, le forze ar­mate sono dunque allineate con il regime e pronte a difen­derlo. In cambio di questa loro disponibilità i generali sono già stati premiati. La nuova bozza Costituente garantisce il mante­nimento di tutte le passate pre­rogative dei generali. A partire da quella che vieta al Parlamen­to e­a qualsiasi istituzione il con­trollo dei loro bilanci.

La REPUBBLICA - Vanna Vannuccini : " La battaglia di Al Azhar l’Università che decide sulla Sharia in Egitto "


Al Azhar

IL CAIRO — A chi appartiene Al Azhar? Tra i tanti paradossi a cui ci sta abituando la “primavera araba” c’è anche quello che la massima autorità teologica del mondo sunnita possa cessare di essere un polo moderato dell’islam, com’è stata fino ad oggi, e diventare un fortino dell’islam più radicale. «Liberare istituzioni come al Azhar, che determina ciò che è islamico e ciò che non lo è, è per noi più importante che vincere le elezioni o riscrivere la costituzione» afferma Mohammed Nour, portavoce del partito salafita. I salafiti e i Fratelli musulmani usano la parola “liberare” perché mirano a spingere alle dimissioni l’attuale gran Imam Ahmed el Tayeb per impadronirsi della prestigiosa Università, accampando come pretesto che el Tayeb era stato nominato da Mubarak (nel 2010, alla morte del precedente gran Imam) come tutti i grandi sceicchi di Al Azhar prima di lui, tradizionalmente nominati (a vita) dal presidente egiziano. Solo quest’anno, prima di lasciare il potere, i militari avevano decretato che in futuro la nomina del gran Imam sarà riservata a una commissione di 40 teologi interni all’Università. Nel grande campus di al Azhar, dove studiano migliaia di studenti, la settimana è cominciata come al solito. La crisi, percepibile dovunque nella capitale, qui sembra ancora lontana. Gli uffici del gran Imam e dei suoi consiglieri sono al secondo piano di un palazzo non distante dall’ingresso principale del campus. Al pianoterra, due persone pregano inginocchiate verso la Mecca, altre aspettano la liberatoria per contrarre matrimonio (vengono qui soprattutto chi sposa stranieri o persone di altre religioni). El Tayeb ha partecipato al colloquio con il presidente dal quale sono rimasti lontani i partiti dell’opposizione. Ma se Morsi ha fatto un passo indietro sui poteri eccezionali, non ha però ceduto di un millimetro sulla data del referendum sulla nuova costituzione. Sul referendum la Fratellanza musulmana punta tutte le sue carte per islamizzare il paese e farne una quasi teocrazia di tipo iraniano. Il testo costituzionale stabilisce che le leggi approvate dal parlamento dovranno aderire ai princìpi stabiliti dalle quattro scuole dell’islam (inclusa quella wahabita). Potrebbe significare l’obbligo delle donne di coprirsi il capo, la separazione dei sessi, il matrimonio per le bambine di nove anni e la creazione di una polizia religiosa per proteggere i valori della “vera famiglia egiziana”, “promuovendo la virtù e mettendo al bando il vizio”. Chi avrà l’ultima parola insindacabile su che cosa è vizio e che cosa è virtù sarà appunto Al Azhar. «L’opinione dei massimi teologi dell’onorevole Istituto sarà decisiva in tutte le questioni che riguardano il diritto islamico», afferma l’articolo 4, e il linguaggio del testo costituzionale è stato lasciato volutamente ambiguo per permettere in futuro anche interpretazioni molto restrittive. La battaglia per Al Azhar è già cominciata e el Tayeb siede ormai su una poltrona pericolante. Il partito salafita Al Nour chiede che il prossimo gran Imam venga eletto direttamente dagli studenti e dal corpo insegnante, che ormai proviene sempre più spesso dall’Arabia Saudita (l’Imam el Tayeb ha una laurea in filosofia islamica presa alla Sorbona). «El Tayeb potrebbe essere presto costretto a dimettersi » ci dice un suo stretto consigliere. L’ambasciatore Mahmud Abdel Gawad ci riceve con molta cordialità e un buon caffè arabo nel suo studio al secondo piano. È il consigliere diplomatico e uno dei più stretti collaboratori del gran Imam. Parla un italiano perfetto che è stato lodato perfino da Monti durante la sua visita in Egitto. Spiega che il riferimento alla Sharia c’è sempre stato nella costituzione egiziana, ma come sempre nell’islam il problema è l’interpretazione. Nessuna religione come l’islam, che a differenza del cristianesimo non ha avuto una Riforma, viene interpretata in modi che non hanno nulla a vedere con il Corano e la tradizione del Profeta. Mi racconta una storia della vita del Profeta che gli ha appena raccontato il gran Imam. Maometto rimproverò aspramente i suoi fedeli che uccisero un uomo perché si era allontanato dalla fede, dopo che lui aveva detto di lasciarlo in pace. «La vita umana è sacra. I fanatici invece continuano ad uccidere». Al Azhar è stata sempre orgogliosa della sua moderazione, equidistante dagli estremisti radicali ma anche dai modernisti. «Se questo ruolo cambiasse, cambierebbero molte cose nel mondo islamico». Gawad s’indigna che i salafiti vadano dicendo che al Azhar è d’accordo sul matrimonio delle bambini a nove anni. «Semplicemente non è vero». E aggiunge: «Con una costituzione così il giorno dopo il referendum l’Egitto sarà ancora più ingovernabile di oggi». Di politica l’ambasciatore Gawad non vuole parlare, non è questo il suo ruolo, dice. Ma crede che, in tutto l’Egitto, molta gente che aveva votato per Morsi oggi non lo rifarebbe. L’ignoranza, dicono qui, è la causa principale della crescita dell’estremismo. Gli egiziani sono più ottanta milioni e quasi il quaranta per cento della popolazione è analfabeta. È facile abbindolarli. Bisognerebbe diffondere il vero islam, ma come? I mezzi finanziari per farlo li hanno solo gli estremisti. Fuori dall’università sono riprese le manifestazioni e i presidi di piazza Tahrir e davanti al palazzo presidenziale restano pieni di gente. Il testo costituzionale «reprime le nostre libertà e i nostri diritti» ha detto El Baradei, invitando tutti a proseguire la protesta.

La STAMPA - Francesca Paci : " Giudici, argine al potere dei Fratelli musulmani"


Tahani al Gebali

Da quando, il 2 dicembre scorso, un presidio di salafiti e militanti dei Fratelli Musulmani blocca l’accesso alla Corte Costituzionale rea di ostacolare il Capo dello Stato Morsi, Tahani al Gebali che ne è vicepresidente è diventata un simbolo dell’opposizione. Donna, giudice, amante dell’Italia che conosce per essere stata ospite del Meeting di Rimini, non ha paura di parlare e sorride ai tanti che si fermano a stringerle la mano.

Il decreto della discordia è annullato. È soddisfatta?

«Non cambia nulla perché il Presidente e i Fratelli Musulmani hanno fatto in modo che il decreto mantenga i suoi effetti. Il procuratore generale Meguid Mahmoud, cacciato con quel decreto, non sarà reintegrato. Il referendum poi, si farà come previsto. Il nodo della crisi insomma, resta lì e le proteste continueranno».

Qual è «il nodo della crisi»?

«Le manovre dei Fratelli Musulmani puntano alla Costituzione, vogliono farla passare senza emendamenti. Inoltre vogliono mantenere lo Shura Council in modo che, approvata la Costituzione con tutti i limiti che impone alla Corte Costituzionale, possano usarlo come fosse il Parlamento per legiferare a loro piacimento».

L’opposizione sostiene che nella nuova Costituzione ci sia un articolo inserito appositamente per eliminare Lei. È così?

Ride: «La bozza costituzionale che sarà sottoposta a referendum sabato prevede che i membri della Corte Costituzionale debbano avere meno di 64 anni e non meno di 70 com’era finora, così solo due degli attuali resterebbero in carica e gli altri potrebbero essere sostituiti da giudici vicini alla presidenza. Quanto a me, essendo del 1950 sarei esclusa, ma un’altra norma riduce il numero dei membri da 18 a 11 e io sono la dodicesima. So che non mi amano, ben 36 partiti e associazioni civili avevano proposto il mio nome per l’Assemblea costituente ma loro non mi hanno voluto».

I Fratelli Musulmani hanno regolato i conti con l’esercito, ora stanno tentando di fare lo stesso con la magistratura. E poi?

«Loro volevano allontanare l’esercito dalla politica, ma la rimozione del generale Tantawi e di Sami Anan è stata decisa dal Consiglio militare e sarebbe stata annunciata a ottobre: Morsi ha solo anticipato i tempi. Riguardo ai giudici, il progetto della Fratellanza ha molti problemi legali e questo spiega lo scontro con la magistratura: siamo l’estremo argine al dilagare del loro potere ma a resistere ci sono i cristiani, i ragazzi di Tahrir, la polizia, i soldati, il popolo egiziano».

Vi accusano di essere legati all’ex regime.

«Falso. Quello di Mubarak era un regime presidenziale ma lui poteva solo firmare le decisioni della magistratura. Prova ne sia che non mi voleva perché come avevo avversato Sadat ero contro di lui e quando nel 2003 l’assemblea mi nominò, prima donna, alla Corte Costituzionale lo fece a dispetto della sua volontà».

Rimpiange Mubarak?

«Resto una sostenitrice della rivoluzione che ho difeso in tv sin dall’inizio».

Non c’è proprio nulla di salvabile nella nuova Costituzione?

«Si parla di diritti e libertà, ma non ci sono garanzie. La Costituzione invece limita i poteri dei giudici e ne assegna enormi al Presidente che di fatto non ha controllo».

Considera ancora corretta la scelta di sciogliere il Parlamento, all’origine dello scontro tra i giudici e i Fratelli Musulmani?

«Fu una decisione tecnica e non politica che applicava la Costituzione, era stata presa allo stesso modo anche nel 1986 e nel 1990 per dissolvere, due volte, il parlamento di Mubarak».

Cosa succederà nel futuro prossimo?

«Se, come credo, i giudici decideranno di non supervisionare il referendum il suo risultato sarà inaffidabile. L’Egitto vedrà tempi duri e pagherà per la propria maturazione politica ma ce la farà. Io tornerò a fare l’avvocato e potrò dedicarmi alla politica, chissà che i Fratelli non si pentano di avermi escluso dalla Corte».

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