venerdi 09 maggio 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



Clicca qui






Corriere della Sera Rassegna Stampa
08.12.2012 Meshaal spera di morire da martire. Va bene, ma non c'è fretta
Cronaca di Francesco Battistini

Testata: Corriere della Sera
Data: 08 dicembre 2012
Pagina: 18
Autore: Francesco Battistini
Titolo: «Baci, lacrime. Il leader di Hamas a Gaza 45 anni dopo»

Khaled Meshaal è sempre stato definito sui media occidentali come 'profugo' oppure 'in esilio', forse perchè aveva scelto di stabilirsi a Damasco, dove aveva il suo quartier generale. Una scelta anche obbligata dal fatto che a Gaza due galli in un pollaio erano troppi, anche se l'obiettivo era comune, la distruzione di Israele. Nessun esilio quindi, ma una libera scelta, dettata anche dal timore di poter essere nel mirino israeliano. Adesso è rientato, il soggiorno siriano è finito, a Gaza rischia meno la pelle, almeno così ritiene Meshaal.
Che poi voglia 'morire da martire', non avrà difficoltà ad essere esaudito, se i missili da Gaza ricominceranno a cadere su Israele.
La cronaca è di Francesco Battistini, sul CORRIERE della SERA di oggi, 08/12/2012, a pag.18, con il titolo "Baci, lacrime. Il leader di Hamas a Gaza 45 anni dopo".

Khaled Meshaal

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME — Baci, lacrime e passione. Nella stagione di Hamas resuscitata dagli otto giorni di bombe su Gaza, nei giorni della causa palestinese rianimata dal voto Onu, nelle settimane della riesumazione di Arafat, rinasce «per la terza volta» anche Khaled Meshaal: dopo 45 anni da profugo, un quarto di secolo dopo aver generato Hamas da una costola dei Fratelli musulmani, l'ex insegnante di fisica rimette piede nella terra che lasciò undicenne. Di buon'ora, un'enorme scorta di mascherati delle Brigate Qassam e nell'abbraccio d'una discreta folla, tra spari in aria e caroselli d'auto, Meshaal bacia il suolo come un Papa, appena supera il valico egiziano di Rafah. E poi piange, preceduto in patria dalla moglie e dai sei figli e dai sette nipoti, «in questo momento che ho sognato tutta la vita e che considero la mia terza nascita: perché io nacqui la prima volta figlio dell'imam di Silwad e rinacqui una seconda, quindici anni fa, quando lo stolto sionista Netanyahu cercò d'avvelenarmi in Giordania e Dio invece mi protesse». Un ritorno d'abbracci appassionati, coi carissimi nemici del Fatah ad aspettarlo, e di qualche promessa: «Possiamo camminare verso la riconciliazione e l'unità politica dei palestinesi. Prego Dio che la mia quarta nascita avvenga con la liberazione di tutta la Palestina. E che poi mi faccia martire qui».
Meshaal resterà a Gaza tre giorni. Per festeggiare i 25 anni del movimento e preparare un futuro d'opportunità: la visita segue quelle del premier egiziano e dell'emiro qatarino, precede quella del turco Erdogan, è l'ennesimo segnale che in Medio Oriente molto sta cambiando e che, scrive la stampa araba, tutta la dirigenza di Hamas potrebbe traslocare presto nella Striscia. Di sicuro una mossa ardita, se è vero che a meno d'un mese dall'uccisione mirata del capo militare Ahmed Jaabari, quella che ha scatenato la guerra, Bibi Netanyahu intende rispettare la tregua ma evitare garanzie future per l'incolumità di Meshaal: «Hamas è sempre Hamas – commenta un suo portavoce -, non conta chi comanda: terroristi che vogliono la distruzione d'Israele».
Retorica a parte, dopo i razzi e i morti di novembre, il dialogo con Israele prosegue. Coi negoziati del Cairo, per allentare il blocco navale e i divieti d'import-export. E con quest'operazione incoraggiata dalla Casa Bianca, per riportare in sella lo stesso Meshaal: sunnita, il capo del politburo in questi mesi s'è liberato dell'imbarazzante ospitalità del dittatore siriano Assad, combattuto proprio dai sunniti, ed è oggi considerato meno estremista del leader lanciarazzi di Gaza, Ismail Hanyieh: «Meshaal ha mollato Damasco e l'Iran per riavvicinarsi ai sunniti d'Egitto e Qatar — commenta Alex Fishman, editorialista israeliano —. Questo fronte anti-iraniano è un'occasione anche per Netanyahu». Unico problema, Bibi ha sempre considerato Hamas il male assoluto: come farà a spiegare il dialogo ai suoi elettori? «Semplice: senza spiegarlo».

Per inviare al Corriere della Sera la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante



lettere@corriere.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT