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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Il Foglio - La Repubblica Rassegna Stampa
29.11.2012 Egitto: continua la rivolta. Intanto Morsi lancia le condanne a morte
commento di Redazione del Foglio, cronaca di Fabio Scuto

Testata:Il Foglio - La Repubblica
Autore: Redazione del Foglio - Fabio Scuto
Titolo: «La santa autocrazia d’Egitto - Egitto, tra gli operai anti-raìs: Non lasceremo la rivoluzione nelle mani degli islamisti»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 29/11/2012, a pag. 3, l'editoriale dal titolo "  La santa autocrazia d’Egitto". Da REPUBBLICA, a pag. 16, l'articolo di Fabio Scuto dal titolo " Egitto, tra gli operai anti-raìs: Non lasceremo la rivoluzione nelle mani degli islamisti ".
Ecco i pezzi:

Il FOGLIO - " La santa autocrazia d’Egitto "


Insulto alla religione islamica e minaccia all’unità nazionale”. Con questa accusa l’Alta corte per la sicurezza centrale dell’Egitto ha condannato a morte, in contumacia, i sei copti (alcuni hanno nazionalità americana, cioè il Cairo condanna a morte cittadini americani) che hanno prodotto “L’innocenza dei musulmani”, il film che è stato preso come pretesto, l’11 settembre scorso, per assaltare ambasciate statunitensi in tutto il medio oriente e soprattutto al Cairo (in Libia morì l’ambasciatore Chris Stevens). Anche Terry Jones, il reverendo della Florida noto per aver bruciato in pubblico testi sacri dell’islam, è stato condannato a morte: sarebbe uno dei finanziatori della pellicola incriminata. Ci mancava altra pubblicità negativa per l’Egitto che, una settimana fa, veniva celebrato come nuovo leader della regione dopo il cessate il fuoco tra i palestinesi e Israele e che per festeggiare ha pensato bene di mettere in atto la sua svolta verso la “santa autocrazia”, come la chiamano alcuni: con un decreto il presidente Morsi, dei Fratelli musulmani, si è dato poteri assoluti, “per difendere la rivoluzione” e per evitare che i giudici avversi possano ribaltare le sue decisioni. In gioco c’è la nuova Costituzione d’Egitto, che oggi andrà al voto nell’Assemblea costituente, un’Assemblea in cui sono restati soltanto gli islamici, gli altri – i copti, i liberali – se ne sono andati per protesta. I Fratelli musulmani si sono convinti che, ora che sono maggioranza, “winner takes all”, come ha scritto Wahid Hanna su Foreign Policy, non esistano più gli altri pesi istituzionali, gli oppositori vengono semplicemente esclusi dal sistema. Lo scontro con i giudici è un esempio di una concezione della politica che non ha nulla a che fare con lo spirito rivoluzionario di cui Morsi si è autodichiarato garante: le corti d’appello e la Corte di cassazione hanno sospeso ieri i lavori e dicono che non faranno nulla fino a che il decreto presidenziale non sarà revocato. Ma la Fratellanza e i salafiti hanno indetto per sabato una manifestazione in difesa del presidente e del suo “autogolpe” (sì, sembra impossibile, eppure), mostrando una compattezza islamica che finora era soltanto di facciata. I retroscena raccontano di fratture all’interno della Fratellanza, con Morsi accusato di non essere sufficientemente islamista: sarebbe proprio la necessità di un rafforzamento interno ad aver portato il presidente a provvedimenti tanto radicali. All’esterno le forze islamiche vogliono mostrare unità e farsi garanti unici del processo rivoluzionario. Ma su questo non avranno vita facile: nella piazza già insanguinata dai morti tornano gli slogan cantati nel 2011. Quelli che, ripetuti e urlati migliaia di volte, hanno portato alla cacciata di Mubarak.

La REPUBBLICA - Fabio Scuto : " Egitto, tra gli operai anti-raìs: Non lasceremo la rivoluzione nelle mani degli islamisti "

EL MAHALLA (Delta del Nilo) — Il giorno dopo la battaglia di piazza Shon, lo slargo principale di questo distretto industriale del Delta è stato spazzato dai detriti e dalle pietre. A testimonianza degli scontri che hanno lasciato in terra oltre 100 feriti, restano i segni dell’incendio che macchiano il palazzo sull’angolo e l’insegna con le spade incrociate della Fratellanza musulmana che pencola pericolosamente dal secondo piano. La sede è stata assaltata e bruciata l’altra notte da migliaia di persone scese in strada per protestare contro i nuovi poteri che si è dato il presidente Mohammed Morsi, e le imposizioni del suo braccio politico, il Partito della giustizia e libertà. Mahalla non è una città come un’altra in Egitto; vive dell’“oro bianco”: milioni di ettari coltivati a cotone che forniscono la materia prima alle grandi fabbriche di Stato, a quelle più piccole dei privati e danno lavoro a oltre 100 mila persone che sono l’anima del movimento operaio in Egitto. Qui è scattata la prima scintilla della rivoluzione che portò in piazza decine di migliaia di egiziani contro le elezioni truffa di Hosni Mubarak nel 2008. «Quel giorno è nato il Movimento 6 aprile, l’anima della rivoluzione di Piazza Tahrir», spiega Kamal Fayymi, sindacalista della fabbrica di Stato – la Misr Helwan – che dà lavoro a 27 mila operai, gli stessi che ieri sono usciti dai grandi cancelli dell’impianto e hanno marciato sulla sede della Confraternita. L’impianto industriale che sfama mezza città è un complesso che occupa diversi chilometri quadrati, realizzato ai tempi di Nasser e rispecchia quel sogno industriale socialista che il raìs ambiva realizzare. Il tempo sembra essersi fermato a quegli anni: nessun computer negli uffici ancora con gli arredi stile coloniale, contabilità e presenze sono annotate su vecchi registi con la penna biro. «Siamo gente di provincia », dice Tarek Zain, sindacalista del reparto Coloreria, «abbiamo molta pazienza, ma quando la perdiamo niente può fermarci. Le notizie che arrivano dal Cairo non sono rassicuranti, la democrazia ha le sue leggi che non puoi nascondere sotto la jallabya( la tunica araba, ndr) quando ti conviene». Seduti al caffè “Maspero”, Fayymi prova a dare voce al sentimento della gente, dell’Egitto che non si riconosce nel nuovo potere islamista, pur essendo fedeli musulmani, e che è «pronto alle barricate per non vedere le “conquiste” della rivoluzione trasformate in un incubo all’iraniana ». «Un presidente che si considera presidente di tutti deve ricordare che a giugno scorso metà degli egiziani ha votato contro di lui, e le sue decisioni non possono essere unilaterali, inappellabili», insiste Fayymi. La tv accesa nella sala intanto annuncia che il presidente Morsi ha deciso che la nuova Costituzione, di marca islamista, verrà votata oggi dall’Assemblea costituente, organismo dominato dalla Confraternita da cui i membri dell’opposizione si sono dimessi per le pressioni e le minacce. Morsi, invece che ascoltare l’invito al dialogo con l’opposizione lanciato ieri anche da Ahmed Tayyeb, grande imam di Al Azhar e massima istituzione religiosa dell’Egitto e del mondo arabo sunnita, ha deciso di andare allo scontro diretto, sfidando la Corte costituzionale, unico organismo ancora non “occupato” dagli islamisti e le piazze di tutto il Paese, con conseguenze che si annunciano nefaste. La Corte ha addirittura accusato Morsi di aver condotto una campagna diretta contro questi magistrati, ma «noi non abbiamo paura di ricatti o minacce e non ci sottomettiamo a pressioni di qualsiasi genere», ha annunciato ieri Maher Samy, che è il vicepresidente di questo organismo. In giugno la Corte aveva disposto lo scioglimento del Parlamento dominato dai Fratelli musulmani e dai salafiti. Morsi aveva annullato la sentenza per decreto, ma i giudici costituzionali avevano ribattuto colpo su colpo, confermando la loro pronuncia. Uno scontro che ha fatto incrociare le braccia ai magistrati di tutto l’Egitto, provocando una paralisi istituzionale, che li ha portati in piazza a fianco di tutta l’opposizione martedì a Piazza Tahrir. Si annunciano giorni di alta tensione per il nuovo Egitto. Venerdì l’opposizione, che non ha mai lasciato in questi giorni il presidio sulla Tahrir, annuncia una grande manifestazione contro “il golpe islamico”, e l’occupazione a oltranza del luogo simbolo della rivoluzione del 2011. Sabato la Confraternita e i salafiti marceranno nella capitale a sostegno di Morsi verso quella stessa piazza, in un confronto che si annuncia tragico per l’Egitto.

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