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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa - Il Foglio - Libero Rassegna Stampa
06.11.2012 Siria: incidente al confine con Israele. Assad continua coi massacri
cronache di Giordano Stabile, Glauco Maggi. Commento di Redazione del Foglio

Testata:La Stampa - Il Foglio - Libero
Autore: Giordano Stabile - Redazione del Foglio - Glauco Maggi
Titolo: «Autobombe e raid aerei guerra aperta a Damasco - Fermo immagine a Damasco - Attacco a Israele a un giorno dal voto»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 06/11/2012, a pag. 16, l'articolo di Giordano Stabile dal titolo " Autobombe e raid aerei guerra aperta a Damasco ". Dal FOGLIO, a pag. 3, l'editoriale dal titolo " Fermo immagine a Damasco" . Da LIBERO, a pag. 17, la breve di Glauco Maggi dal titolo " Attacco a Israele a un giorno dal voto ".
Ecco i pezzi:

La STAMPA - Giordano Stabile : " Autobombe e raid aerei guerra aperta a Damasco "


La classificazione dei nemici secondo il governo di Assad

Un migliaio di esponenti dell’opposizione siriana sono riuniti da due giorni a Doha, in Qatar, per cercare di formare un fronte unito e presentabile agli alleati occidentali. Un numero che farebbe invidia alle più folte brigate impegnate al fronte, ma che cozza con l’idea finale di un «organismo snello, al massimo di cinquanta persone» sognato da Usa e Ue, che dovrebbe portare a un efficace governo in esilio, o forse da impiantare addirittura nella zona conquistata dai ribelli al confine con la Turchia. Ma l’ambizione della conferenza di Doha, fortissimamente voluta da Hillary Clinton, cozza con le resistenze del Cns, il Consiglio nazionale siriano, finora l’interfaccia fra ribelli e alleati occidentali, che si ritroverebbe in minoranza nel nuovo governo. Il Cns punta i piedi, rifiuta «ogni ipotesi» di trattative con Bashar al Assad, anche per un suo eventuale esilio. E spera in una spallata finale da dare in tempi brevi al regime, in modo da operare da vincitore il «rimpasto governativo».

Con il fronte cristallizzato ad Aleppo in un estenuante guerra di cecchini, i gruppi più attivi hanno alzato il tiro con le autobomba kamikaze, sul modello Iraq. Ieri Al Nusra al Shams, gruppo legato all’Al Qaeda irachena, ha rivendicato uno dei più micidiali attacchi contro le truppe governative: 50 militari e miliziani pro-regime morti,a un check point di Ziyara, nella provincia di Hama. L’obbiettivo, secondo il direttore dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, Rami Abdal Rahman, era il «Centro per lo sviluppo agricolo la più importante base delle milizie filo-Assad nella provincia».

Un altro attentato, rivendicato dalla brigata Aisha, ha colpito invece una piazza affollata, Arus al Jabal, nel quartiere residenziale di al Mezzeh, nella parte sud-occidentale di Damasco. Zona con una forte presenza di alawiti, la minoranza sciita a cui appartiene Assad, e molte residenze delle famiglie degli uomini dei servizi. Almeno 11 i morti. Ma nella capitale, dove il fronte si è riacceso dopo la breve tregua durante la festa dell’Aid al Adha, gli scontri più duri sono attorno al campo profughi palestinese di Yarmouk. Una bomba improvvisata (Ied), altra tecnica presa a prestito dall’Iraq, ha fatto saltare un pulmino carico di soldati vicino all’ingresso occidentale: sette sono rimasti uccisi. L’esercito ha risposto con l’artiglieria. I palestinesi, dopo che Hamas si è alleata con il Qatar, sono nel mirino. E ieri tutti gli uffici dell’organizzazione in Siria sono stati sigillati.

Altri colpi di cannone sono caduti ne distretti meridionali della capitale, in particolare ad Hajar al Aswad, mentre un raid aereo vicino al confine con la Turchia, al Nord, ha ucciso un ventina di insorti. Una nuova accelerazione nella guerra che, come nota l’analista americano John Landis, sta già seppellendo «il piano C di Clinton» per costruire un’opposizione credibile. I duri e puri stanno vincendo sul campo, e il progetto di «coinvolgere le élite siriani nei piani occidentali» rischia di fallire come fallì negli anni Cinquanta.

Il FOGLIO - "  Fermo immagine a Damasco"


Bashar al Assad

Sono almeno sessanta i morti provocati da due diversi attentati avvenuti ieri in Siria. Fonti dei ribelli hanno confermato l’attacco a Ziyara, villaggio nella provincia di Hama, dove un attentatore suicida – probabilmente legato all’ al Nusra Front, gruppo islamico salafita – si è fatto esplodere uccidendo cinquanta membri delle forze di sicurezza del regime. Successivamente, a Damasco un’automba è esplosa nel quartiere a maggioranza alawita nel distretto di Mezzeh 86, provocando almeno dieci vittime. Domenica è stato rapito e ucciso dai ribelli l’attore Mohammed Rafeh, considerato sostenitore di Bashar el Assad e membro degli Shabiha, le milizie civili del regime. Intanto a Doha, in Qatar, si riunivano i gruppi dell’opposizione al regime, tentando per l’ennesima volta di mettere da parte le liti e di trovare un’intesa. Il Consiglio nazionale siriano – che dei ribelli è l’organo principale – si prepara a eleggere il nuovo comitato esecutivo e a cambiare leader dopo Burhan Ghalioun e Abdulbaset Sieda. Chiunque vinca le elezioni americane, il dossier siriano non potrà non essere al primo posto nell’agenda internazionale della Casa Bianca. Damasco non è Tripoli, l’influenza della vicina Teheran e il veto russo-cinese hanno impedito ogni azione per cacciare il rais. L’attendismo, però, non ha portato alla soluzione pacifica della crisi, ma ha aggravato una situazione già compromessa. Il Libano sta diventando il terreno su cui si sfogano tensioni e vendette tra lealisti e ribelli della vicina Siria, come dimostra l’attentato del 19 ottobre a Beirut in cui è morto il generale Wissam al Hassan, il capo dei servizi d’informazione della polizia locale. La Francia, dopo aver dichiarato che un’escalation negli scontri non sarebbe stata più tollerata (erano le prime settimane della presidenza Hollande, si pensava al modello libico come passepartout per la regione), è sparita dalla scena. Domenica Hollande è volato a Beirut per rassicurare il presidente Suleiman che Parigi “è impegnata a fornire garanzie sulla sicurezza, la stabilità e l’unità del Libano”. Sul come fare tutto ciò neppure una parola, mentre la crisi siriana è sempre più crisi di tutta la regione e crisi dell’occidente incastrato nei suoi guai e nei suoi calendari, come se non fosse stato chiaro già un anno e mezzo fa quanto sarebbe stato alto il prezzo della non strategia.

LIBERO - Glauco Maggi : " Attacco a Israele a un giorno dal voto "

La crisi siriana e il Medio Oriente non cessano di preoccupare il Pentagono. Ieri, a un giorno dal voto statunitense, una jeep israeliana di pattuglia sulle alture del Golan è stata centrata da colpi di arma da fuoco sparati dalla Siria. Lo riferisce il sito dello Yediot Arhonoth sottolineando che non ci sono stati feriti. I colpi non sarebbero stati sparati direttamente contro il veicolo, ma sarebbero proiettili finiti fuori traiettoria durante uno scontro tra forze lealiste e ribelli in Siria. Le alture del Golan furono conquistate da Israele nel 1967 ed annesse nel 1981. Sabato tre carri armati siriani erano finiti per errore nella zona delimitarizzata nel Golan inseguendo forze dell’opposizione. Un fatto che ha messo in massima allerta le forze armate dello Stato ebraico.

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