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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio-La Stampa Rassegna Stampa
20.10.2012 La strage di Bengasi: due articoli che Romney dovrà leggere con attenzione
come avvenne l'assalto al consolato americano

Testata:Il Foglio-La Stampa
Autore: Daniele Raineri-Redazione La Stampa
Titolo: «Disastro Bengasi-Bengasi, parla il capo salafita 'ero lì, ma non c'entro'»

Come avvenne l'assalto, e l'uccisione di Chris Stevens e degli altri diplomatici americani nel consolato di Bengasi. Due cronache oggi, 20/10/2012, la prima sul FOGLIO, in prima pagina, di Daniele Raineri, la seconda sulla STAMPA, un redazionale.

Il Foglio-Daniele Raineri: " Disastro Bengasi "

in attesa del dibattito di lunedì a Boca Raton incentrato sulla politica estera, qualche buon argomento per Mitt Romney

Roma. E’ il New York Times, il giornalone che tifa apertamente per la rielezione di Barack Obama, a servire un colpo micidiale contro il presidente, a soli quattro giorni dal terzo e ultimo debate contro lo sfidante repubblicano Mitt Romney a Boca Raton, in Florida. Dall’11 settembre, da quando un gruppo armato ha attaccato il consolato americano di Bengasi e ha ucciso l’ambasciatore Christopher Stevens e altri tre americani, l’Amministrazione lotta per mostrarsi all’altezza della crisi inaspettata. Il presidente ha promesso giustizia con un discorso duro nel giardino delle rose della Casa Bianca e sui giornali americani s’inseguono voci sullo spiegamento di forze speciali e di droni americani in Libia. Due giorni fa è stato fatto arrivare alla stampa anche il nome dell’indiziato numero uno per l’attacco, Ahmed Abu Khattala, che ora, è stato scritto, “è in fuga nel sud o nell’est del paese, o forse è persino già all’estero”. Invece Abu Khattala non si è mai mosso e ieri era in un hotel di lusso di Bengasi, in fez rosso e sandali, dove – scrive l’inviato incredulo del New York Times, David Kirkpatrick – sta al bancone del bar e beve frappè alla fragola, “anche se ha chiesto succo di mango”. L’intervista è surreale: Khattala dice di non far parte di al Qaida ma di sentirsi vicino alle posizioni del gruppo terrorista per il suo fervore islamico, sostiene che l’America se li cerca, gli attacchi e gli attentati, con la sua politica estera aggressiva e cerca di convertire Kirkpatrick all’islam. Il debate di lunedì è sulla politica estera e l’intervista all’insolente Khattala potrebbe essere la mazza di ferro che cade inattesa nelle mani di Romney.

La Stampa-" Bengasi, parla il capo salafita 'ero lì, ma non c'entro' "

L’esercito libico? «Un’armata di vigliacchi». L’assalto al consolato di Bengasi? «Un gioco dei candidati presidenziali per raccogliere voti». L’estremista salafita libico Ahmad Abu Khattala ha sfidato l’America concedendo un’intervista da un hotel di Bengasi. Abu Khattala ha però rigettato le accuse che lo indicano come organizzatore della rivolta in cui hanno perso la vita il console Stevens e altre quattro persone: «Sono menzogne destituite da ogni fondamento». Ha però ammesso di essersi trovato nei pressi del consolato «quando l’attacco stava terminando». «Non sono un membro di Al Qaeda, ma condivido orgogliosamente lo stesso zelo islamico», ha concluso Khattala.

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