Ieri i quotidiani non hanno fatto in tempo a pubblicare nulla sul dibattito tra Ryan e Biden, per l'ovvio motivo della differenza di orario con gli Usa. Escono oggi, 13/10/2012. Avendo pubblicato ieri le cronache del dibattito, riprendiamo oggi due commenti, l'intervista di Maurizio Molinari a Norman Podhoretz sulla STAMPA a pag.15, con il titolo "Podhoretz: troppe smorfie, ieri il vicepresidente sembrava il Gore del 2000", e quella di Massimo Maggi sul CORRIERE dellaSERA, a pag.23, a Dan Senor, con il titolo
"Smascherati gli errori della Casa Bianca".

Prima delle due interviste, ecco una rassegna di titolazioni, che riprendiamo con i nostri commenti:
IL FOGLIO " Biden vince ai punti"
L'articolo di Mattia Ferraresi è equilibrato, il titolo no. Riflette invece la curiosa posizione del Foglio, stranamente molto critico nei confronti di Romney/Ryan, fino al punto da scrivere che Biden ha vinto.
UNITA' " Elezioni Usa, Biden batte Ryan e risolleva le sorti di Obama"
Che lo scriva il quotidiano del PD ci pare ovvio, non contano i fatti ma l'ideologia, l'anima del vecchio PCI è viva e lotta insieme a loro.
LIBERO: " Coi repubblicani l'America torna superpotenza "
" Il Joe Ridens fa danni, ma a spese di barack "
Due articoli in una pagina interamente dedicata al dibattito, con valutazioni condivisibili, Ryan non stravince, ma Biden viene giustamente ridicolizzato, come ha notato anche la stampa americana
La Stampa: " Biden attacca Ryan e riscatta Obama
sotto titolo " duro scontro in Tv fra i candidati vice: il democratico aggredisce, ma il rivale convince"
Il titolo esprime la posizione filo-Obama della Stampa, non scrive che Biden ha vinto, ma che 'riscatta Obama', il che è vero, ma non ci voleva molto. Sotto al titolo invece, scrive che Ryan convince, il che a casa nostra vuol dire che Biden è andato sotto, come racconta anche Paolo Mastrolilli nell'articolo.
Corriere della Sera- " Il giovane Ryan resiste alla foga del leone Biden" occhiello " il democratico sfodera gli artigli, ma per la CNN meglio il repubblicano"
Titolo ambiguo, che però lascia capire chi dei due ha convinto di più i telespettatori. Riporta poi il giudizio della CNN, che essendo favorevole al duo Romney/Ryan non ha goduto di popolarità sui nostri giornaloni.
Ecco le interviste:
La Stampa-Maurizio Molinari: " Podhoretz: troppe smorfie, ieri il vicepresidente sembrava il Gore del 2000"


Norman Podhoretz Maurizio Molinari
L’ America si sta risvegliando e guarda a Romney perché i suoi repubblicani assomigliano ai democratici di John F. Kennedy». Norman Podhoretz è il pensatore e politologo neoconservatore che dalle colonne di «Commentary», il magazine di cui è direttore editoriale, ha spesso sferzato il presidente Barack Obama. Di cui ora prevede la sconfitta nell’Election Day.
In cosa consiste il risveglio dell’America?
«Nel fatto che milioni di cittadini che quattro anni fa elessero Obama si rendono conto che ha mancato le sue maggiori promesse. Aveva promesso la disoccupazione al 6 per cento e la crescita al 4 mentre il Pil non è andato oltre l’1,5% e i senza lavoro sono stati a lungo oltre l’8%. In politica internazionale ha perseguito il “reset” con l’Islam, la Russia e la Cina a colpi di mea culpa ma non ha funzionato in nessun caso. Mosca e Pechino si sono rafforzati ai nostri danni e la tragedia di Bengasi evidenzia i fallimenti con il mondo arabo. Senza contare gli attriti avuto con lo Stato di Israele, nostro stretto alleato. I sondaggi confermano che gli elettori stanno aprendo gli occhi».
La campagna presidenziale è iniziata a gennaio, perché la svolta avviene a meno di un mese dal voto?
«Perché da molti anni oramai gli americani scoprono che si vota per il presidente solo in settembre-ottobre. Fino all’estate sono distratti. Inoltre in questo caso il catalizzatore del risveglio è stato il dibattito Romney-Obama di Denver».
Può un unico dibattito tv avere una simile importanza?
«Se ciò è avvenuto la responsabilità è di Obama. Per mesi ha descritto agli americani un Romney estremista che non esiste. Quando in tv la gente ha visto che è un leader conservatore, moderato, centrista, di buon senso l’impatto è stato notevole. È stata una sorpresa positiva per 70 milioni di telespettatori».
Quale è l’identità del partito repubblicano di Romney?
«Assomiglia molto ai democratici che all’inizio degli anni Sessanta elessero John F. Kennedy alla Casa Bianca».
In realtà durante la Convention di Tampa quello repubblicano è sembrato a molti osservatori un partito incolore, con pochi valori e un solo messaggio sull’economia. Da dove viene il paragone con Kennedy?
«Dal fatto che Romney sostiene tre posizioni-chiave pressoché identiche a quelle che avevano allora i kennedyani. Primo: abbattere le tasse per far crescere l’economia. Secondo: l’America è una “forza del bene” nella politica internazionale. Terzo: no all’aborto. Sono valori spesso attribuiti a Ronald Reagan ma in realtà fu Kennedy a portarli per primo alla Casa Bianca. I democratici li hanno dimenticati ma Romney li incarna, quasi alla lettera, e per questo può raccogliere molti voti di incerti».
Non ritiene che lo scarso impegno di Romney sull’immigrazione possa rivelarsi un elemento di debolezza in ragione dell’accresciuta importanza dell’elettorato ispanico?
«Gli ultimi sondaggi in Florida dicono che gli ispanici in maggioranza voteranno per lui. Vedremo dopo le elezioni se sull’immigrazione Romney ha avuto torto o ragione».
Chi ha vinto il dibattito fra i vice, Joe Biden o Paul Ryan?
«Biden sembrava Al Gore nel duello con George W. Bush nel 2000. Gore gestiscolava e roteava gli occhi per trasmettere insofferenza verso le tesi dell’avversario e Biden si è comportato in modo simile, dimostrando un disprezzo per l’interlocutore destinato a giocargli contro nelle urne perché agli americani, soprattutto a quelli incerti, tale atteggiamento sbruffone non piace».
A cosa porterà il risveglio dell’America che descrive?
«All’elezione di Mitt Romney alla Casa Bianca. Ma con le mie previsioni bisogna andarci cauti, quattro anni fa ero sicuro che Barack Obama avrebbe perduto e mi sbagliavo di grosso».
Corriere della Sera-Massimo Gaggi:" Smascherati gli errori della Casa Bianca"


Massimo Gaggi Dan Senor
DAL NOSTRO INVIATO
DANVILLE (Kentucky) — «Sulle cose di sostanza meglio Ryan: si è dimostrato serio, energico. Senza gli eccessi verbali di Biden, Paul ha fatto emergere con chiarezza le incongruenze della politica estera Usa. Gli errori commessi in Medio Oriente, la sottovalutazione della crisi libica». Oltre che per Ryan, questo di Danville è un «battesimo del fuoco» anche per Dan Senor, l'esperto di affari internazionali che fu portavoce dell'Autorità irachena di transizione, che si installò a Bagdad nel 2003. Diventato il consigliere di politica estera di Romney, Senor da agosto segue «a tutto campo» il suo vice, Ryan. Nel vortice delle telecamere della spin room, Dan cerca di trovare la misura del suo nuovo lavoro. È un analista non un uomo da proclami: «Sul merito meglio Ryan, sul metodo, Biden efficace, ma assai discutibile». «Bizzarro, direi», aggiunge il capo del Rnc, l'organizzazione del partito repubblicano, Reince Priebus, che viene da un'intervista in tv: «Bizzarro questo Biden che attacca a testa bassa anziché spiegare perché il suo governo ha fallito».
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