Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 05/10/2012, a pag. 1-11, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Il leader che non sa rassicurare ", la sua intervista a David Plouffe dal titolo "La gente a casa ha capito che Barack è più onesto ", la sua intervista a Eric Fehrnstrom dal titolo " È come vincere nella boxe ma è solo il primo match ", a pag. 10, l'articolo di Paolo Mastrolilli dal titolo "Romney riapre la partita ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 18, l'intervista di Alessandra Farkas a Jay McInerney dal titolo " Lo scrittore McInerney «Barack, quanti errori. Ha peccato d'arroganza» ", a pag. 19, l'intervista di Massimo Gaggi a David Axelrod dal titolo " Il democratico Axelrod «Non è una sconfitta. Ha solo detto la verità» ".
Dibattito Romney-Obama alla tv, un successo per Mitt Romney, che riguadagna punti nella corsa alle elezioni americane. Se n'è accorto persino Paolo Mastrolilli che, a inizio campagna, era tutto un elogio di Obama e si era distinto per gli attacchi a Mitt Romney.
Chi non accetta la situazione e mente ai suoi lettori sono David Plouffe e David Axelrod, i due consiglieri di Obama, troppo presi ad elogiare il loro candidato per ammettere onestamente il suo fallimento.
Ecco i pezzi:
La STAMPA - Maurizio Molinari : " Il leader che non sa rassicurare "

Maurizio Molinari
Gli occhi abbassati e i piedi incrociati sotto il podio sono l’immagine di una sconfitta che Barack Obama si è costruito da solo, non rispondendo agli attacchi incessanti dello sfidante Mitt Romney e suscitando incredulità fra i sostenitori.
Quando l’anchorman della tv «Msnbc» Chris Matthews si chiede «dove era Obama ieri sera?» pone l’interrogativo su cosa sia avvenuto al Presidente degli Stati Uniti, l’uomo più potente del mondo, a cui sarebbe bastato pareggiare il dibattito nella Magness Arena per decollare verso la rielezione.
Una prima possibile risposta arriva dal colore della cravatta indossata. Il celeste rappresenta, nel linguaggio elettorale americano, la volontà di rassicurare. Doveva essere il segnale all’elettoratoincerto,capacediriassumere la strategia messa a punto dagli stretti collaboratori David Axelrod e David Plouffe nelle 72 ore di ritiro a Las Vegas. L’intento era di apparire tranquillo, calmo, sicuro. «Un comandante in capo non un lottatore in capo» come dice Jan Psaki, obamiana della prima ora. Per questo, durante il weekend l’unica dichiarazione era stata: «Prometto, niente zingers» ovvero niente colpi bassi. Il Team Obama aveva preparato il candidato ad un duello nel quale avrebbe ignorato gli attacchi repubblicani,preferendoparlareall’America dell’agenda dei prossimi quattro anni. In qualche maniera era una riproposizione della strategia uscita vincente dalla Convention di Charlotte, dove Obamaavevaguardatoall’orizzonte,lasciando a Bill Clinton il compito di rispondere agli attacchi repubblicani.
Forse per questo Obama guardava spesso in terra mentre parlava Romney. Invece, quando toccava a lui intervenire, puntava lo sguardo sul moderatore Jim Lehrer e gli spettatori. Ma vestire i panni del «garbato professore», come gli rimprovera il «New York Times», ha consentito a Romney di dilagare senza trovare argini, risposte né smentite.
In questa genesi del «dibattito-disastro», come lo definisce la «Cnn», per il regista ultraliberal Michael Moore c’è un responsabile che svetta: John Kerry.
di Nel 2004 perse contro George W. Bush elezioni che i democratici credevano vinte, Obama lo ha scelto per impersonare Romney nelle simulazioni in Nevada e, osserva Moore, «questo è stato il risultato». L’errore strategico di aver puntato sul celeste non basta però a spiegare perché Obama, subissato di attacchi, non abbia avuto un sussulto, continuando a mostrarsi «stanco e annoiato» come osserva Jake Tapper di «Good Morning America». Da qui l’ipotesi che a condizionarlo sia stato il fattore-stanchezza, di cui si parlò a metà luglio a causa di fotografie che svelavano smorfie e rughe. Quando il consigliere economico Austan Goolsbee dice che «al presidente non andava di combattere» suggerisce proprio che in lui sia scattato un ripiegamento all’indietro. Complici forse anche le vacanze non fatte in agosto dopo aver rinunciato all’esclusiva enclave Martha’s Vineyard per opportunità elettorali.
La tesi dei conservatori come Michael Barone invece è che Obama non ha saputo reagire alla «prima occasione in cui è statodavverosfidato»essendosiabituato ad avere «avversari deboli e media compiacenti». Per questo Ed Rodgers sul «Washington Post» assicura che «abbiamovistoperlaprimavoltailveroObama, incapace di confrontarsi con ambienti davvero ostili». Che la sconfitta di Denver abbia un’origine politica, fisica o psicologica la prima ad averla intuita è stata Michelle che, dopo il gong finale del dibattito, è salita sul palco andando incontro a Barack con un’espressione che sembrava dire «cosa ti è successo?». La sconfitta inattesa riapre la sfida per la Casa Bianca ma non implica di per sé la sconfitta finale. È il guru Axelrod che suggerisce a Obama come risollevarsi: «Bisogna attaccareRomneysullecontraddizionipersonali,il capitalismo selvaggiodi Bain Capital, gli sgravi per i ricchi e la gaffe del 47%». Proprio come non è avvenuto nei 90 minuti della Magness Arena. Barack ha raccolto subito il suggerimento parlando ieri nel Colorado e poi nel Wisconsin, e accusando Romney di «disonestà».
La STAMPA - Paolo Mastrolilli : " Romney riapre la partita"

Paolo Mastrolilli
La corsa di Mitt Romney alla Casa Bianca è ricominciata mercoledì sera a Denver. Tutto quello che non gli era riuscito finora durante la campagna elettorale, lo ha fatto nel primo dibattito televisivo contro Obama. Compreso sembrare più umano e simpatico.
In attesa di raccogliere i frutti nei sondaggi dei prossimi giorni, il candidato repubblicano ha già pubblicato uno spot tv che si intitola «We can’t afford four more years», non ci possiamo permettere altri quattro anni. Romney sta affinando una strategia per costruire sulla vittoria in Colorado, che punta a recuperare terreno negli stati decisivi come Ohio e Florida, dare energia alla base e ai volontari, e rilanciare la raccolta di finanziamenti per dominare l’ultimo mese di campagna. A meno che non abbia ragione Karl Rove, ex eminenza grigia di Bush figlio, a sostenere che i sondaggi sono tutti sbagliati e Mitt finirà come Reagan nel 1980.
Secondo un rilevamento condotto a caldo dalla «Cnn», il 67% degli spettatori pensa che Romney ha vinto il dibattito di Denver, contro il 25% che gli ha preferito Obama. Punto più, punto meno, quasi tutti gli analisti indipendenti concordano. Mitt è salito sul palco preparato e carico, mostrando anche nel linguaggio del corpo la determinazione a sfruttare l’occasione per battere il presidente. Lo ha guardato fisso, sorridendo quando non condivideva le sue critiche. Lo ha trattato con rispetto, scherzando sulla sventura di Barack di dover celebrare il ventesimo anniversario di nozze con lui, ma poi lo ha attaccato senza tregua con numeri e fatti. Non ha usato frasi a effetto e non ha dato colpi mortali come le battute di Reagan, ma ha detto: «Sappiamo che la strada intrapresa non sta funzionando, è ora di sceglierne una nuova». Romney ha ricondotto tutto alla crisi economica e alla disoccupazione, rimproverando ad Obama di essersi «battuto due anni per la riforma sanitaria, invece di creare lavoro». Ogni iniziativa del presidente, dagli investimenti nell’energia rinnovabile alle nuove regole imposte a Wall Street dopo la crisi, è stata dipinta come distruttiva per l’occupazione. Ogni proposta di Mitt è stata presentata come una strategia finalizzata a creare lavoro, negando gli aspetti più controversi della sua piattaforma, come l’idea di regalare ai più ricchi tagli alle tasse per 5 trilioni di dollari, o l’ipotesi di trasformare tutta la sanità pubblica Medicare in un programma di vouchers. È riuscito anche a difendere la propria riforma sanitaria in Massachusetts, differenziandola da quella del presidente, che voleva usarla come giustificazione per la propria. L’unico passo falso lo ha fatto quando ha promesso di tagliare i fondi alla televisione pubblica «Pbs», colpevole di pendere troppo a sinistra, minacciando di lasciare senza soldi anche il popolare programma per ragazzi Sesame Street: la rete e i social media si sono subito ribellati, all’idea che Big Bird finisca in padella.
Obama ha accusato Romney di aver nascosto la vera natura dei suoi obiettivi. Forse è così, ma intanto Mitt è riuscito nell’operazione di spostarsi verso il «centro vitale», prendendo le distanze dalle posizioni più estreme che era stato costretto ad abbracciare nelle primarie per convincere la base repubblicana. Ha persino scherzato sul palco, smentendo l’immagine del freddo uomo d’affari che si comporta come un robot.
Neanche un’ora dopo la fine del dibattito, la sua campagna ha spedito una mail firmata dal vice Ryan che chiedeva finanziamenti, per sfruttare subito il successo allo scopo di galvanizzare la base e convincere i donatori che la corsa è riaperta. Poi è partita l’offensiva negli stati indecisi: ieri la Virginia, la Florida nel week end, l’Ohio. Nessun repubblicano ha mai vinto la Casa Bianca senza conquistare questo stato, dove Romney è indietro di 5 punti. Nei sondaggi nazionali lo svantaggio si era già ridotto al 3% prima del dibattito, ora Mitt conta di recuperare anche nei singoli stati, aprendo anche il fronte della politica estera con un discorso per sfruttare l’instabilità in Medio Oriente. Karl Rove sostiene che i sondaggi sono sbagliati e Romney ha in tasca una sorpresa, come Reagan nel 1980. L’anticipazione l’abbiamo già vista, l’altra sera a Denver.
CORRIERE della SERA - Alessandra Farkas : "Lo scrittore McInerney «Barack, quanti errori. Ha peccato d'arroganza» "


Alessandra Farkas Jay McInerney
NEW YORK — La rivista Atlantic parla di «notte frustrante per i liberal» mentre il New Yorker si chiede «se Obama possa ancora riprendersi», dopo la batosta subita dal contendente repubblicano Mitt Romney al dibattito di mercoledì sera a Denver.
«Obama ha peccato di arroganza e compiacenza e ha sottostimato la forza del rivale», commenta al Corriere Jay McInerney, il 57enne autore di bestseller quali Le mille luci di New York e Si spengono le luci (Bompiani). «Dopo quattro anni alla Casa Bianca, circondato da gente che gli dice solo Signorsì, non è più abituato ad essere contraddetto o interrotto. E, infatti, si è irritato quando Romney l'ha fatto. Quest'ultimo ha vinto anche perché aveva più fame».
Nessuno si aspettava una sconfitta tanto umiliante.
«Obama ha perso il match, dove era entrato come il superfavorito, perché è stato incapace di parare i mancini di Romney e controbattere alle sue tante bugie, come chiunque altro avrebbe fatto. È parso distratto e distante, consentendo a Romney, veterano di ben 12 dibattiti repubblicani, di offrire la migliore performance della sua vita».
Quali errori dovrà evitare Obama al secondo e terzo dibattito?
«Il più grande è stato non guardare Romney in faccia mentre parlava. C'era caduto anche John McCain, che nel 2008 pagò caro il non aver mai rivolto lo sguardo al rivale democratico Obama durante il dibattito, né menzionato il suo nome, come se non esistesse. Un'arroganza che il pubblico a casa non ti perdona».
Il team Obama ha attaccato il moderatore Jim Lehrer per aver interrotto il presidente.
«Lehrer ha cercato di interrompere entrambi perché erano fuori tempo, ma solo Obama lo ha ascoltato, mostrandosi però insofferente: altro grave sbaglio».
Quale dei due candidati ha uno stile più letterario?
«Senza dubbio Obama, un brillante oratore che ha scritto due ottimi libri ed è molto più colto di Romney. Peccato che nessuna di queste sue qualità sia emersa mercoledì a Denver».
A un mese dal voto la partita è dunque riaperta?
«È indubbio che Romney guadagnerà punti da questa vittoria. Personalmente non mi piace e credo che le sue idee siano sbagliate per l'America. La sua filosofia è identica a quella di George W. Bush, presidente per ben due mandati».
Nei primi sondaggi a caldo gli uomini tifano per Romney.
«Obama ha sempre avuto più successo tra le elettrici donne, anche per colpa delle retrograde politiche repubblicane sull'aborto e il controllo delle nascite. Gli uomini bianchi non l'hanno mai amato».
Però in un nuovo sondaggio il 70% degli ispanici è con lui.
«Lo premiano per aver varato il Dream Act che blocca l'espulsione dei giovani clandestini, mentre Romney è arroccato su posizioni aspramente anti immigrati. Lo stesso vale per il voto ebraico, decisamente pro Obama, dopo che i tentativi del premier israeliano Netanyahu di intromettersi nella politica Usa ha molto irritato gli ebrei americani».
Ancora una volta i social network sono arrivati prima degli altri.
«Quando gli esperti hanno preso il microfono, a fine dibattito, il verdetto democratico di milioni di utenti Twitter e Facebook era già stato espresso e così gli strapagati commentatori tv non hanno potuto far altro che inchinarsi davanti alla vox populi. Insomma: non abbiamo dovuto aspettare fino all'indomani, come succedeva un tempo, per sapere chi aveva vinto».
Alcuni parlano già di liquidare i dibattiti perché «inutili e superati».
«È una tradizione americana che va avanti con successo dai tempi di Nixon e Kennedy ed è impensabile abolirla. Il suo impatto sugli elettori, come dimostra il duello Bush-Gore, può essere determinante. Obama può ancora vincere ma oggi ciò non è più scontato come ieri. Il dibattito di mercoledì ha cambiato le carte in tavola: i repubblicani oggi sono trionfanti, i democratici depressi».
La STAMPA - Maurizio Molinari : " È come vincere nella boxe ma è solo il primo match"

Eric Fehrnstrom
Eric Fehrnstrom è l’unico dei repubblicani che entra nella «Spin Alley» affollata dai reporter prima ancora che il dibattito abbia inizio. Il più stretto consigliere di Romney ostenta sicurezza e appena il match ha fine è il primo a commentare.
Che giudizio dà del dibattito?
«I dibattiti sono come incontri di boxe e questo lo ha vinto Romney. È sempre meglio vincere, ma ne abbiamo altri tre davanti, a cominciare dal prossimo fra i vice».
Come spiega l’esito così netto?
«Romney ha vinto perché ha parlato in maniera chiara, illustrando la sostanza, i dettagli di cosa vuole fare per rimettere in moto l’economia, ridurre il deficit e trasformare Medicare in un programma sanitario più efficiente, destinato a durare nel tempo».
Romney ha tratto vantaggio dall’atteggiamento passivo di Obama?
«No. Romney era svantaggiato perché Obama è il leader politico più potente del mondo, con più esperienza di dibattiti. Ha conquistato la vittoria spiegando le sue idee. Anche quelle scomode».
A cosa si riferisce?
«Ad esempio ha detto a Jim Lehrer, che moderava il dibattito, che vuole tagliare i costi della Pbs per cui proprio Lehrer lavora».
Come avete preparato Romney?
«La preparazione è stata indovinata, ma anche quella di Obama mi è parsa assai buona. Sono arrivati pari sotto questo aspetto».
Cosa l’ha più sorpresa di Obama?
«Non è riuscito a illustrare la sua visione dell’America. Presenta il voto come una “scelta”, ma non ci ha detto di che si tratta. Romney invece ha spiegato il bivio fra le sue proposte per rilanciare l’economia e lo status quo di Obama».
Sperate ora di recuperare negli Stati in bilico?
«Abbiamo diverse strade verso la vittoria ma vogliamo vincere in Colorado e in Ohio. L’Ohio è diviso a metà e Obama lo sa».
La STAMPA - Maurizio Molinari : "La gente a casa ha capito che Barack è più onesto "

David Plouffe
Nella «Spin Alley» della sala stampa i portavoce democratici arrivano in ritardo rispetto ai repubblicani, ma il primo ad affrontare i reporter è David Plouffe, l’architetto dell’elezione nel 2008 e dell’attuale campagna per la rielezione.
Il presidente è sembrato stanco, irritato, annoiato. Che cosa gli è successo?
«Non sono d’accordo. Il presidente ha sorriso spesso, più di Romney. Aspettava questo dibattito e si è battuto per far comprendere agli americani la scelta che hanno davanti».
È stato così in difficoltà perché il tema era l’economia?
«Niente affatto. I temi dell’economia indeboliscono Romney. Su lavoro, previdenza e sanità sono emerse differenze nette e ciò ha consentito a tutti di farsi un’idea chiara della scelta da fare».
Resta il fatto che Romney è stato sempre all’offensiva. Quali saranno le conseguenze?
«In questo dibattito si è dedicato molto tempo a discutere le idee di Romney, come la distruzione del Medicare, i voucher per la sanità e il drastico ridimensionamento dei controlli su Wall Street. Tutto ciò non gli giova. La gente a casa si è resa conto che Obama è assai più onesto sui contenuti».
Come cambia il duello per la Casa Bianca?
«Sarà un testa a testa fino al termine, soprattutto negli Stati in bilico. Lo abbiamo sempre saputo».
Siete stati sorpresi dall’efficacia Romney?
«Sapevamo sin dalle primarie che Romney era abile nei dibattiti, soprattutto quando parte da posizioni di difficoltà. Aspettiamo di vedere l’effetto del confronto sui sondaggi. Ma la corsa non cambia. Le sorprese non sono queste, bensì vengono dall’incapacità dimostrata da Romney di spiegare come vuole tagliare il debito di 5 trilioni di dollari mantenendo al tempo stesso gli sgravi fiscali fatti da George W. Bush».
CORRIERE della SERA - Massimo Gaggi : " Il democratico Axelrod «Non è una sconfitta. Ha solo detto la verità» "

David Axelrod
DENVER (Colorado) — «Io ho visto un Obama dall'immagine solida, che ha detto cose oneste. Un presidente che ha trattato gli americani da persone adulte, facendo discorsi realistici, senza battute ad effetto». Finito il dibattito, David Axelrod, il braccio destro di Obama nella campagna, scende nella «spin room» e affronta, insieme agli altri strateghi delle due contese elettorali, le domande dei giornalisti. Andiamo subito al sodo.
Non ha visto anche lei una chiara vittoria di Romney?
«Quella del governatore è stata una performance molto energica, del resto si era preparato come per uno sbarco in Normandia. Ma con poche basi nella realtà. Ha detto anche cose che non sono vere. Ha negato che il suo piano farà crollare le entrate. Le sue parole hanno fatto un certo effetto, domani la gente si accorgerà che non è vero e le cose cambieranno».
Ma intanto ha vinto…
«È uno bravo nei dibattiti, vi avevo detto da tempo che era molto più allenato di Obama su questo terreno. Ma i suoi progetti sono alquanto fantasiosi, hanno poco a che vedere con la realtà, mentre il presidente è stato coi piedi per terra, ha spiegato come vuole affrontare il problema del deficit in modo responsabile. La gente lo apprezzerà: ha anche sentito che, invece, con Romney gli anziani non avranno più la mutua ma un voucher, un "buono". E che i repubblicani non sono disposti ad aumentare le tasse dei ricchi di un dollaro nemmeno a fronte di 10 dollari di tagli di spese».
Il dibattito di stasera può essere un «game changer», una svolta?
«Io sono soddisfatto di Obama, ma capisco che voi potete aver avuto un'impressione diversa. Ma niente game changer: questo dibattito potrà produrre qualche sussulto nei sondaggi, ma non cambierà il corso della campagna».
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