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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio-Corriere della Sera Rassegna Stampa
03.10.2012 In Siria fra i ribelli, in Egitto con le donne mentre arriva la Shari'a
Articoli di Daniele Raineri, Cecilia Zecchinelli

Testata:Il Foglio-Corriere della Sera
Autore: Daniele Raineri-Cecilia Zecchinelli
Titolo: «Tra i guerriglieri siriani-Costituzione egiziana, i diritti delle donne nel mirino dei religiosi»

Siria e Egitto, oggi, 03/10/2012, sul FOGLIO e sul CORRIERE della SERA. Daniele Raineri, a pag.1, con un reportage fra i ribelli siriani, Cecilia Zecchinelli sulla condizione delle donne in Egitto, davanti alle nuove leggi repressive della Shari'a imposte dal governo Morsi, quello che i nostri media chiamano 'moderato'.
Ecco i due articoli:

Il Foglio-Daniele Raineri: " Tra i guerriglieri siriani "

Idlib, nord della Siria.
“Attahira, attahira!”. Gli aerei. Gli uomini armati a bordo delle macchine si sporgono dai finestrini e storcono il collo verso l’alto per controllare. L’estate della Siria libera è finita e ci sono stati grandi cambiamenti. Uno è arrivato quaranta giorni fa, quando il governo di Damasco ha capito che può usare i jet da guerra e gli elicotteri nella più completa impunità: non ci sarà una reazione da parte internazionale, non arriverà l’imposizione coattiva di una “no fly zone” come accadde sulla Libia (ancora ieri sono falliti altri negoziati per una risoluzione sulla Siria da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite). Quindi, via libera ai bombardamenti sul nord, su questo mini stato creato con la forza delle armi che ha come margine inferiore l’autostrada che collega le città di Idlib e di Aleppo e come margine superiore il confine con la Turchia dal Mediterraneo fino alle zone curde. E’ zona agricola di campi, attraversata da un reticolo di strade a una sola corsia e mezza, ed è anche un terreno di caccia che non potrebbe essere migliore per gli aerei e gli elicotteri d’era sovietica del governo. Così, anche se ora a terra i soldati sono chiusi e assediati all’interno di poche basi, non riescono a mettere neanche il naso fuori e ogni giorno ci sono nuovi disertori, fuori la situazione è diventata più rischiosa di prima: le bombe cadono in mezzo alle case, agli incroci stradali, in un caso sulla coda di clienti a un distributore di benzina (ci sono stati trenta morti). E dall’alto le mitragliatrici inseguono i veicoli – tranne lungo i novecento chilometri di frontiera turca, dove i jet di Ankara impongono ai piloti siriani di tenersi di fatto almeno a non meno di tre chilometri di distanza. Quella di Assad non è una campagna aerea in piena regola. Sono azioni singole. Il jet passa, bombarda e sparisce. In certi casi lancia un ordigno solo. Non ci sono bombardamenti a tappeto o devastazioni risolutive di obbiettivi militari studiati a tavolino. Sono passaggi fatti apposta per spezzare le illusioni di un territorio che credeva di essersi liberato dal controllo del governo, per far sentire che c’è ancora pressione da Damasco, per punire la popolazione, per fiaccarla e farle pensare al compromesso. I ribelli stanno imponendo una “no fly zone” di fatto, ottenuta a partire del suolo invece che con aerei che non possiedono. Assediano gli aeroporti militari, come Ab ad Duhur, a sud di Aleppo, da dove partono gli aerei che colpiscono la città. Un gruppo locale della guerriglia tiene sotto tiro costante le due piste dal lato ovest del campo d’aviazione e ha già abbattuto due caccia Mig, anche se ogni giorno subisce il fuoco d’artiglieria di risposta. Oppure i ribelli tendono imboscate ai voli a bassa quota. Fra i filari d’ulivi sono parcheggiati fuoristrada armati di mitragliatrici antiaeree, calibri pesanti anch’essi risalenti all’era sovietica. Aspettano nascosti il passaggio degli aerei, sparano, si spostano, tornano verso nord a fare rifornimento di munizioni e di benzina. Per impedire ai veicoli di spiccare tra campi e alberi li hanno coperti con un misto di una sostanza collosa e di fango: tutto è color terra, dai cerchioni delle ruote che con il luccichio metallico potrebbero tradire la posizione fino al parabrezza, tranne una striscia per guidare, e lo sono finanche gli specchietti, anch’essi trattati con la stessa speciale glassa. Soltanto l’arma sul cassone dietro è pulita. La contraerea fatta in garage E’ la nascita di un sistema contraereo artigianale: uno di questi pick up è nel cortile di un fabbro specializzato in cancelli di ferro, prestato per qualche ora alla rivoluzione, che si occupa di riparare il sostegno girevole che non gira come dovrebbe, ed è possibile esaminarlo con calma. L’impugnatura della mitragliera è ricavata da un manubrio di motocicletta, completo di freno a disco montato sul sostegno girevole, in modo che chi sta manovrando possa bloccare in una frazione di secondo l’arma nella posizione giusta. Basta premere la leva.C. J. Chivers, un ex marine diventato corrispondente del New York Times che in questo momento è nel nord della Siria, ha visto anche una videocamera montata sopra la mitragliera per sfruttare gli ingrandimenti in tempo reale: il mitragliere vede l’aereo e zooma fino a inquadrarlo “da vicino”. Due mesi fa si era parlato dell’arrivo di venti missili a spalla, del tipo Stinger. Sono capaci di seguire un caccia infilandosi nella sua scia di calore e di raggiungerlo. Ma non si sono ancora visti. Come se non bastasse, il governo ha ordinato il cannoneggiamento a casaccio dei centri abitati. Dalle postazioni a sud-est, i pezzi hanno una ventina di chilometri di gittata. Il rombo dei colpi attraversa la campagna, atterra a volte lontano a volte vicino.

Corriere della Sera-Cecilia Zecchinelli: " Costituzione egiziana, i diritti delle donne nel mirino dei religiosi"

le illusioni muoiono in fretta

Che «i musulmani odino le donne» è un'affermazione perlomeno azzardata: la teoria sostenuta (anche) dalla discussa blogger americana-egiziana Mona Eltahawy è stata respinta perfino da molte femministe arabe. Ma che i salafiti nostalgici dei tempi di Maometto vogliano cancellare decenni di conquiste femminili è altrettanto evidente. Quanto sta avvenendo in Egitto lo dimostra al di là di ogni interpretazione: la commissione costituente che sta discutendo la nuova Carta, mesi dopo la soppressione di quella «di Mubarak», è diventata teatro di uno scontro mai visto sul Nilo. Gli estremisti islamici non sempre violenti ma comunque fautori della sharia nell'interpretazione più retriva, vogliono imporre una serie di norme che vanno dall'abolizione del minimo di 18 anni per il matrimonio delle ragazze alla depenalizzazione delle mutilazioni genitali femminili, da considerare una «questione privata». Non perseguibili devono essere le molestie sessuali alle donne («Stiano a casa»). Soprattutto: l'obbligo per lo Stato di «cercare la parità dei diritti tra i sessi» va cancellato, perché «anti-islamico».
I resoconti delle riunioni della costituente di 100 membri, in cui salafiti e Fratelli musulmani sono maggioranza, hanno causato indignazione sui media, dimissioni avvenute o minacciate di esperti, proteste (anche ieri). E come le manifestazioni violente anti-Usa per il video sul Profeta, sostenute sempre dai salafiti, stanno creando serie difficoltà al raìs-fratello musulmano Mohammed Morsi che ha promesso moderazione e rispetto delle «minoranze» (donne e cristiani). Ma che non riesce a gestire, o così pare, la crescente forza degli integralisti. «Una situazione sgradevole», ha dichiarato diplomaticamente Ahmed Maher, leader del 6 aprile ovvero il più importante movimento di Tahrir, che pur di cambiare sistema aveva votato per Morsi. Ma poi ha aggiunto che intende lasciare la costituente con almeno altri sei «membri laici».
L'offensiva dei salafiti non sorprende: già all'indomani della caduta di Mubarak, febbraio 2011, molte voci s'erano levate contro le «leggi di Suzanne». L'ex first lady, odiata dalla rivoluzione quanto il marito, sul fronte dei diritti di donne e bambini aveva però fatto molto. Oltre alle leggi contro le spose bambine e le mutilazioni, era riuscita a introdurre norme soprattutto a favore delle divorziate, alzando ad esempio a 15 anni l'età dell'affido dei figli alle madri. Con l'alibi che fu voluto da Suzanne Mubarak, ora tutto questo rischia di venir cancellato. Ma non solo questo.
La costituente, che l'Alta Corte potrebbe dissolvere il 9 ottobre per complicate questioni legali, sta dibattendo norme restrittive sulla libertà d'espressione, di ricerca scientifica e di culto, andando perfino contro alle posizioni di Al Azhar, la massima autorità religiosa. «È un'involuzione scioccante — ha commentato Mohamed Salmawy, noto scrittore e direttore del Comitato per la difesa della libertà d'espressione —. Questa gente è perfino più arretrata di quelli al potere con Mubarak».

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