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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio - Libero Rassegna Stampa
28.09.2012 La Francia forse sta aprendo gli occhi sull'immigrazione islamica
Cronache di Giulio Meotti, Andrea Morigi

Testata:Il Foglio - Libero
Autore: Giulio Meotti - Andrea Morigi
Titolo: «Banlieue francesi fra il 'razzismo anti bianchi' e l’Opa del Qatar - Il socialista francese che dice cose di destra»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 28/09/2012, a pag. 3, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo " Banlieue francesi fra il “razzismo anti bianchi” e l’Opa del Qatar ". Da LIBERO, a pag. 15, l'articolo di Andrea Morigi dal titolo " Il socialista francese che dice cose di destra ".
Ecco i due articoli:

IL FOGLIO - Giulio Meotti : " Banlieue francesi fra il “razzismo anti bianchi” e l’Opa del Qatar"


Giulio Meotti

Roma. “Un razzismo anti bianchi si sviluppa nei quartieri delle nostre città fomentato anche da chi ha la nazionalità francese ma è di religione diversa da quella cattolica e magari ha il colore della pelle diverso. E’ un allarme da lanciare, il silenzio aggraverebbe la situazione”. A lanciare questa forte provocazione culturale è uno degli sfidanti alla leadership dell’Ump, Jean-François Copé. “Sei un reazionario”, replica il leader del Front de Gauche, Jean-Luc Mélenchon, mentre François Rebsamen, capogruppo dei senatori socialisti, accusa Copé di “voler rivendicare la difesa dei bianchi”. “Se non facciamo attenzione, il politicamente corretto inibisce e distrugge”, ribatte Copé, che ha consegnato le sue idee a un nuovo libro, “Manifeste pour une droite décomplexée”, anticipato dal Figaro Magazine e con cui si candida alla presidenza dell’ex partito di Nicolas Sarkozy e di cui Copé è oggi segretario generale. Sulla questione del razzismo anti bianchi, anche il suo rivale nell’Ump, l’ex premier François Fillon, difende Copé, dicendo che ha sollevato “un problema che esiste”. Un problema che torna a dominare la vita pubblica francese dopo la pubblicazione delle vignette su Maometto da parte del magazine satirico Charlie Hebdo. Ieri il ministro dell’Interno, Manuel Valls, ha usato parole inusitate per un governo di sinistra, annunciando che non esiterà a “far espellere coloro che si dichiarano dell’islam e rappresentano una minaccia grave per l’ordine pubblico”. Per raccontare il fallimento delle politiche di integrazione, Copé indica una situazione che conosce bene, la città dove è sindaco da sette anni. Si tratta di Meaux, una cittadina alle porte di Parigi, lontana da quella che Copé definisce nel nuovo libro “la Francia astratta, concettuale e romanzesca”, la Francia “dei bei quartieri e delle élite“. Per il sindaco-candidato si tratta di fenomeni “impossibili da osservare da Parigi, all’interno di sfere mediatiche dove la gran parte dei dirigenti sono francesi di pelle bianca nati da genitori francesi”. Copé afferma quindi che la Francia deve “deghettizzarsi”, perché ci sono “aree in cui non è bene essere donna e non è bene essere bianchi”. Da anni la Francia, scossa anche dal caso Richard Millet, l’editor e scrittore di Gallimard autore di pamphlet politicamente scorretti sull’immigrazione e “l’antirazzismo come terrore letterario”, si scontra attorno al tema del “razzismo alla rovescia”. L’avvocato ebreo Gilles-William Goldnadel, uno dei prìncipi del foro parigino che nel processo per le affermazioni contenute nella “Rabbia e l’orgoglio” difese Oriana Fallaci, ha scritto il libro “Dal razzismo bianco al razzismo anti bianco”. “Se pubblicassi l’ennesima opera consacrata alla ‘questione nera’ non avrei da temere alcuna reazione infastidita”, scrive Goldnadel. “Ma evocare il problema bianco è, di per sé, provocatorio o scandaloso, secondo i criteri della casta dominante”. Goldnadel spiega così l’attuale mistificazione antirazzista: “L’individuo che si oppone all’apparato dello stato diventa un resistente; lo straniero clandestino, respinto dai gendarmi francesi, l’ebreo perseguitato”. A denunciare il fenomeno ci ha pensato anche un appello firmato dall’ex ministro Bernard Kouchner, gli intellettuali Alain Finkielkraut e Pierre-André Taguieff, il giornalista Jacques Julliard, il teologo musulmano Ghaleb Bencheikh, il regista Elie Chouraqui e la scrittrice di origine iraniana Chahdortt Djavann. L’iniziativa era stata promossa dal movimento ebraico Hachomer Hatzair per stigmatizzare l’ondata di “odio francofobo” che si espande come l’antisemitismo. “Francesi ed ebrei – disse Finkielkraut – sono messi in discussione congiuntamente”. Sull’antirazzismo è stato appena “epurato” anche lo scrittore Eriz Zemmour. L’editorialista del Figaro ha perso la sua rubrica alla radio ed è stato condannato in tribunale per avere detto in un talk show che “la maggioranza degli spacciatori sono neri e arabi”. Zemmour ha poi attaccato il nuovo ministro della Giustizia, Christiane Taubira, che “ha già scelto chi sono le sue vittime, e i carnefici. Le donne e i giovani delle banlieue stanno nel campo dei buoni. Gli uomini bianchi in quello dei cattivi”. E ancora: “La ministra è dolce e compassionevole, come una mamma con i suoi figli, quei poveri figli delle periferie che rubano, spacciano, torturano, minacciano, violentano, e qualche volta pure uccidono”. Libé e Le Pen per una volta d’accordo L’attacco di Copé sull’immigrazione arriva nel giorno stesso in cui la Francia annuncia l’adozione del controverso progetto che il Qatar, il maggiore paese islamico emergente, vuole lanciare nelle banlieue francesi. Il ricco emirato affacciato su Golfo persico ha ottenuto da Parigi il via libera per creare un fondo speciale per le periferie della Francia, già ribattezzato “Piano Marshall islamico per le banlieue”. L’emiro di Doha al Thani porta in dono a Parigi un pacchetto di cento milioni di euro per finanziare progetti ideati dagli abitanti delle periferie, che dal 2005 sono al centro di dure polemiche sul fallimento dell’integrazione. A marzo l’allora presidente Sarkozy, in piena campagna elettorale per un secondo mandato all’Eliseo, fece congelare il progetto, che viene adesso sbloccato dall’attuale presidente François Hollande. La leader dell’estrema destra, Marine Le Pen, parla di “cavallo di troia dell’islamismo”: “Il nostro paese è in vendita alle monarchie del Golfo. Monarchie che sostengono, tra l’altro, ovunque nel mondo, l’islamismo radicale e la jihad”, accusa la leader del Fronte nazionale, sottolineando che “questi investimenti non hanno nulla di umanitario, ma sono politici e religiosi”. Ma anche un giornale come Libération denuncia questa “Opa sulle banlieue”. “Quale sarà il prezzo da pagare? Quali saranno le tappe successive dopo che per la prima volta la Francia si prepara ad affidare a un paese straniero una parte dei suoi doveri? In questa vicenda c’è puzza di mistero e di ragion di stato”. Se il senatore socialista Claude Dilian parla di “piano pericoloso”, il leader sovranista Nicolas Dupont- Aignan paragona l’investimento del Qatar alla “prostituzione”. Ivan Rioufol sul Figaro scrive che l’obiettivo del Qatar è “istituzionalizzare nelle banlieue la separazione culturale”. Proprio l’intellettuale e polemista di origine ebraica Eric Zemmour sostiene che il piano del Qatar è come i soldi che gli spagnoli e gli inglesi facevano arrivare in Francia durante le guerre di religione a favore di cattolici e protestanti. Sentenzia Zemmour: “Per il Qatar, la Francia è senza dubbio terra d’islam”.

LIBERO - Andrea Morigi : " Il socialista francese che dice cose di destra"


Andrea Morigi        Manuel Valls

Alla Grande Moschea di Strasburgo, ampiamente sovvenzionata con i quattrini dei contribuenti francesi (610mila euro dal municipio, 420mila dal Consiglio regionale dell’Alsazia e 510mila dal Consiglio generale del Bassso Reno, oltre che dai petrodollari sauditi, il ministro dell’InternoManuel Valls spiazza la platea delle grandi occasioni. Invece di pronunciare l’atteso discorso da dhimmi, si dimostra almeno a parole un occidentale non sottomesso e sorprende ambasciatori e dignitari musulmani spiegando che la Francia espellerà dal Paese qualsiasi estremista islamico predicatore di odio o che rappresenti una minaccia per l’ordine pubblico. Se la premessa è questa, invece di inaugurare il nuovo luogo di culto islamico tanto varrebbe chiuderlo. Secondo un’inchiesta condotta da Joachim Véliocas per l’Osservatorio dell’islamizzazione, l’attività culturale che si svolge intorno alla moschea punta all’indottrinamento e alla radicalizzazione dei fedeli, attraverso la diffusione dei testi di autori quanto meno ambigui a proposito dell’utilizzo della violenza. Eppure l’avvertimento delle istituzioni d’Oltralpe è chiaro e non può sfuggire a nessuno. Anzi, sarà conservato negli archivi della comunità islamica. Risale ad appena sei mesi fa la strage di ebrei compiuta da un jihadista a Tolosa. Per dire basta alla violenza, occorre stroncarla alla radice, rimuovendone le cause. Perciò il governo, ha detto Valls, «sarà intransigente e non esiterà a espellere coloro che si dichiarano islamisti, rappresentino una seria minaccia all’ordi - ne pubblico e, in qualità di stranieri nella nostra terra, non rispettino le nostre leggi e i nostri valori». Parole dure perché non generiche. «I predicatori dell’odio, partigiani dell’oscurantismo, gli integralisti, coloro che vogliono impossessarsi dei nostri valori e delle nostre istituzioni, coloro che negano i diritti delle donne, costoro non hanno posto nella Repubblica. Coloro che sono sul nostro territorio per sfidare le nostre leggi, per impadronirsi dei fondamenti della nostra società, non devono rimanervi», ha precisato il ministro. Una distinzione era obbligatoria: «Il razzismo e il fondamentalismo non fanno parte dell’islam», perciò va apprezzata «la saggezza dei responsabili del culto musulmano» che avevano fatto appello ai loro fedeli affinché mantenessero la calma in occasione della pubblicazione, la settimana scorsa su Charlie Hebdo, di una serie di vignette offensive nei confronti di Maometto. Vanno lodati anche «il discernimento e la maturità di cui hanno dato prova i musulmani di Francia» davanti alle provocazioni. Dimostra che «per essere francesi o vivere in Francia, non c’è alcun bisogno di rinunciare a praticare la propria fede o di rinnegare le proprie origini». Qualche giorno fa, aveva detto anche che non c’è alcun bisogno che si rechino alle urne. Il diritto di voto agli immigrati non rientra fra le priorità del governo. Si era reso necessario addirittura un intervento del presidente della Repubblica François Hollande per riportare ordine nei ranghi della maggioranza di sinistra. Settantacinque deputati avevano ricordato infatti, in una lettera, lepromesse del Partito socialista agli stranieri durante l’ultima campagna elettorale per l’Eliseo. Più dei programmi ufficiali, tuttavia sembrano aver influito la sfida del Front national, il calo di tre quinti dei deputati di sinistra dopo le elezioni legislative e infine la prospettiva di un ipotetico referendum contro la legge che concederebbe il voto agli stranieri alle elezioni amministrative. A destra, intanto, per non essere superati sui temi dell’integrazione e della sicurezza, Jean-François Copé, candidato alla presidenza dell’Ump, chiede di «infrangere un tabù» e denuncia l’esistenza di un razzismo anti-bianco», che «si sviluppa nei quartieri delle nostre città dove alcuni individui - alcuni dei quali hanno la cittadinanza francese - disprezzano dei francesi qualificati come Galli con il pretesto che non hanno la loro stessa religione, lo stesso loro colore della pelle o le stesse loro origini». Ma i nemici interni, con tanto di passaporto, non si possono far espatriare tanto facilmente.

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