martedi` 13 maggio 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



Clicca qui






Il Foglio - La Stampa Rassegna Stampa
26.09.2012 Iran nucleare, qual è la via migliore per bloccarlo ?
commento di Giulio Meotti, intervista all'ambasciatore Naor Gilon di Francesca Paci

Testata:Il Foglio - La Stampa
Autore: Giulio Meotti - Francesca Paci
Titolo: «Perché militari e 007 israeliani sono sempre più ostili a Netanyahu - L’ambasciatore Gilon: 'Fermiamo Teheran, non può avere l’atomica'»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 26/09/2012, a pag. 1-4, l'articolodi Giulio Meotti dal titolo " Perché militari e 007 israeliani sono sempre più ostili a Netanyahu". Dalla STAMPA, a pag. 14, l'intervista di Francesca Paci all'ambasciatore israeliano Naor Gilon dal titolo " L’ambasciatore Gilon: 'Fermiamo Teheran, non può avere l’atomica' ".

A destra, Mahmoud Ahmadinejad : " Ho preso in prestito lo slogan di Obama "
Ecco i pezzi:

Il FOGLIO - Giulio Meotti : "Perché militari e 007 israeliani sono sempre più ostili a Netanyahu"


Giulio Meotti                  Bibi Netanyahu

Roma. La massima di Douglas Mac- Arthur secondo cui “i vecchi soldati non muoiono, semplicemente appassiscono” non vale per Israele. Negli oltre sessant’anni di vita dello stato ebraico centoventi generali sono divenuti ministri e almeno dieci capi di stato maggiore sono entrati in politica. In questo quadro le lotte fra la leadership civile e militare non sono nuove. Ma durante il mandato del premier Benjamin Netanyahu questo scontro ha raggiunto livelli senza precedenti. Il primo ministro israeliano arriva domani a New York, dove parlerà all’Assemblea generale dell’Onu, in un inusuale clima di disistima nel rapporto tra Israele e l’Amministrazione Obama, che secondo Netanyahu anziché porre una “line rossa” a Teheran ha posto una “luce rossa” a Gerusalemme. Parlando all’Onu ieri il presidente americano ha ribadito che un Iran nucleare non può essere contenuto: è necessario impedire che Teheran si doti di armi atomiche. Il tempo della diplomazia non è illimitato, ma ogni azione deve rispettare la legge internazionale. Così le regole dettate da Washington si sommano alla dura opposizione dei vertici militari. A schierarsi contro Netanyahu mancava soltanto Amos Yadlin, l’ex capo dell’intelligence militare. “Netanyahu e Barak sono andati troppo oltre”, ha detto Yadlin. “Dicono che il tempo è quasi scaduto, io dico che ce n’è ancora. L’anno decisivo non è il 2012, ma il 2013”. La critica di Yadlin è pesante, visto che è l’uomo che ha bombardato il reattore di Saddam, che ha supervisionato l’attacco contro il reattore di Damasco e che fino al 2010 ha preso parte alla campagna clandestina contro i siti iraniani. “L’opinione di questi militari ha un ruolo molto importante in Israele”, ci dice Ron Ben Yishai, decano dei corrispondenti militari. “In Israele c’è sempre stata una disputa fra civili e militari”, ribadisce Ely Karmon, docente all’Institute for Counter-Terrorism di Herzliya. “A Camp David il primo ministro Menachem Begin fu tradito dal generale Dayan. Oggi il dissidio fra il governo e i militari non è se fermare l’Iran, è sul calendario. I militari ritengono che ci sia più tempo di quanto dica Netanyahu e che serva l’accordo con Washington”. A raccontare lo scontro fra il primo ministro Netanyahu e l’apparato di sicurezza israeliano è un libro di Patrick Tyler, ex inviato del New York Times e del Washington Post a Gerusalemme, “Fortress Israel”, pubblicato da Farrar, Straus and Giroux. In particolare il capitolo “Bibi contro l’élite militare” racconta le battaglie, gli odi e le rivalse che da anni intercorrono fra il premier e la Difesa. “Fin dall’inizio, Netanyahu è stato isolato più che mai e la fedeltà dell’esercito era per i laburisti”, scrive Tyler. Netanyahu, forse con un po’ troppa enfasi, è definito “avversario dell’establishment militare”. Tyler elenca i numerosi scontri fra Netanyahu e i generali. Si inizia nel 1996 con l’apertura da parte di Netanyahu di un tunnel sotto il Monte del Tempio, a Gerusalemme, che causò numerosi morti. Poi Netanyahu si inimica il Mossad, con la fallita operazione che doveva portare all’uccisione del capo di Hamas, Khaled Meshaal. Fu la caduta dell’onnipresente servizio segreto, che si fece scoprire mentre cercava di uccidere Meshaal. L’allora capo del Mossad, Dani Yatom, non era favorevole all’operazione, fortemente voluta da Netanyahu. Al servizio segreto non piaceva il luogo dove compierla (Amman, capitale di un paese arabo amico di Israele) né l’obiettivo (un capo politico, non un militare). “Netanyahu ha perso il rispetto dei capi militari”, scrive Tyler. Molti altri gli episodi, come la strage di un commando l’8 settembre 1997 per mano di Hezbollah e la decisione di Netanyahu di intavolare un dialogo segreto con la Siria tramite un amico americano, il filantropo ebreo Ronald Lauder. Nel marzo 1998 poi ottanta ex generali scrivono una lettera aperta a Netanyahu contro la politica degli insediamenti del Likud in Cisgiordania. “Più di ogni altra cosa, è stato l’establishment militare a rovesciare Netanyahu”, scrive Tyler. Non crede invece ai dissidi fra il primo ministro e i militari Naftali Bennett, l’ex testa di cuoio della Sayeret Matkal, l’unità di commando detta “la miracolosa” in Israele, nonché ex “delfino” di Netanyahu e per due anni suo chief of staff. “Anche nel 1981, quando Israele bombardò il reattore di Saddam Hussein, i militari e il Mossad erano contrari”, ci dice Bennett. “Oggi su Netanyahu si scagliano soprattutto gli ex militari e capi d’intelligence. Ma so per certo che l’establishment della Difesa ha grande rispetto per Netanyahu, perché durante i suoi esecutivi Israele ha conosciuto periodi di grande sicurezza e di deterrenza. L’Iran è il più pericoloso regime al mondo e nella democrazia israeliana funziona così: il governo decide, l’esercito esegue”.

La STAMPA - Francesca Paci : " L’ambasciatore Gilon: 'Fermiamo Teheran, non può avere l’atomica' "


Naor Gilon,          Francesca Paci

L’ultimo discorso all’Onu del presidente iraniano coincide con la ricorrenza ebraica dell’espiazione, lo Yom Kippur. Nonostante i tamburi di guerra in sottofondo l’attacco non ci sarà, scommettono gli insider. Non prima delle elezioni americane, almeno. E poi? L’ambasciatore israeliano a Roma, Naor Gilon, punta sulla comunità internazionale, convinto che Teheran sia «una minaccia per tutti».

Cosa si aspetta dall’intervento di Ahmadinejad?

«Il punto non è cosa dirà ma cosa rappresenta oggi l’Iran, un paese responsabile di atti di terrorismo in tutto il mondo. Sappiamo, prove alla mano, che dietro alcuni degli attentati a Baku, Tiblisi, Burgas, Bangkok, New Delhi, c’è Teheran. I Guardiani della rivoluzione hanno ammesso di essere in Siria a sostegno di Assad e in Libano con Hezbollah. Da Ahmadinejad ci aspettiamo di tutto ma vorremmo che la comunità internazionale gli sottraesse legittimità e che, diversamente dal summit dei paesi non allineati, gli invitati al suo discorso all’Onu considerasse- oro la loro presenza al discorso».

Bomba o non bomba: Israele attaccherà l’Iran?

«L’attacco, come le sanzioni, è uno strumento. Il target è il medesimo: impedire che un regime così estremo si doti dell’arma nucleare. Se riuscisse nel suo intento, Teheran minaccerebbe l’intera regione. Il disincentivo migliore è quello diplomatico ma, a giudicare dalle stime dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica sui passi avanti fatti da Teheran nell’arricchimento dell’uranio, sembra che finora non abbia funzionato. Se le sanzioni non saranno sufficienti servirà altro, ma la priorità è bloccare l’Iran».

Negli Stati Uniti ci si chiede sempre più spesso se un Iran nucleare contrapposto a Israele potrebbe stabilizzare l’area come avvenne con la deterrenza Usa-Urss. È d’accordo?

«Primo: non è ciò che abbiamo udito dall’amministrazione Obama, che ha sempre ripetuto di voler bloccare un Iran nucleare. Secondo: è molto pericoloso paragonare situazioni diverse. Storicamente non ci siamo mai confrontati con regimi ideologici e religiosi come quello iraniano. Se ottenesse la bomba Teheran inaugurerebbe una corsa all’atomica in un Medio Oriente non esattamente stabile e invece di due paesi armati contrapposti ce ne troveremmo quattro o cinque».

Il dibattito sull’attacco è acceso anche in Israele. Ci spieghi le ragioni di falchi e colombe.

«La maggioranza degli israeliani è d’accordo sulla necessità d’impedire che l’Iran si doti del nucleare. Le differenze riguardano l’efficacia del raid, l’opportunità di procedere o meno senza Washington, le possibili conseguenze sulla popolazione».

I pasdaran sostengono che un raid israeliano scatenerebbe la terza guerra mondiale. È così?

«Teheran sta mostrando nervosismo, cerca di far leva sulla paura per spingere America e Europa a dissociarsi da un eventuale raid. Giorni fa ha detto addirittura che se attaccata avrebbe colpito obiettivi Usa».

Israele e Usa divergono sulla tempistica del raid ma anche sulla «linea rossa». Che fine ha fatto l’amico americano?

«Israele condivide con Washington l’obiettivo di fermare l’Iran. Poi possono esserci divergenze nella percezione del rischio, anche perché Israele è un paese più piccolo e più vicino all’Iran. Ma la sostanza non cambia, neppure in vista del voto: sia il presidente Obama che Romney concordano sullo stop all’Iran».

Nel saggio «Spies Against Armageddon» Dan Raviv e Yossi Melman sostengono che il Mossad avrebbe ucciso almeno 4 scienziati nucleari iraniani. È quanto denuncia Teheran...

«L’Iran incolpa Israele anche se ha problemi con l’elettricità».

Vi preoccupa il riavvicinamento tra l’Egitto e l’Iran?

«Non è positivo che oggi un paese si accosti all’Iran, qualsiasi paese sia. Spero che l’Egitto agisca in base ai propri interessi che non vanno certo nella direzione di un asse con Teheran».

Come sono i rapporti con l’Egitto post Mubarak?

«C’è un crescente mutuo interesse per il Sinai, una zona minacciata da estremisti islamici che non sono necessariamente amici dell’Egitto di Morsi».

Per inviare la propria opinione a Foglio e Stampa, cliccare sulle e-mail sottostanti


lettere@ilfoglio.it
lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT