Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 15/09/2012, a pag. 7, l'articolo di Gilles Kepel dal titolo " L’autunno dello scontento nelle piazze che non vedono i frutti delle rivoluzioni ", l'articolo di Tahar Ben Jelloun dal titolo " Quell’incontenibile impulso a lavare nel sangue gli oltraggi al Profeta ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 3, l'intervista di Stefano Montefiori a Rachida Dati dal titolo "«Non lasciamo soli gli arabi. O vinceranno i fanatici» ".

La risposta degli islamici moderati al terrorismo islamico
Sia Gilles Kepel sia Rachida Dati partono dall'equivoco che esista un islam moderato che non condivide le mosse dei fondamentalisti.
Credono ancora alla storia della 'primavera araba', quando ormai è evidente che è stato solo l'inizio dell'inverno islamista.
I cosiddetti islamici moderati hanno forse tentato di bloccare gli attacchi alle ambasciate? Condannano il terrorismo islamico ?
Al massimo da loro arriva un assordante silenzio.
I Paesi colpiti dalla Primavera araba sono semplicemente passati da dittature laiche a dittature islamiche. Non esiste un Paesi islamico e democratico.
Tahar Ben Jelloun, invece, punta il suo articolo sui giudizi negativi al film su Maometto. Come se questa fosse un'aggravante. Non abbiamo visto il film, solo qualche spezzone su internet. Non interessa la qualità del film, quanto il fatto che, in democrazia, la libertà d'espressione va garantita a tutti.
Il pezzo di Ben Jelloun suona come una giustificazione per i salafiti e la conclusione è : " Nonostante le dichiarazioni di Hillary Clinton, le violenze continuano: Obama deve intervenire per lanciare un segnale forte ai musulmani nel mondo condannando l’impresa viziosa e abbietta di un promotore immobiliare il cui passatempo favorito è diffondere l’odio per l’islam.". Obama non dovrebbe intervenire per bloccare le violenze dei salafiti, quanto per impedire la diffusione di altri film su Maometto perché sarebbero portatori di 'odio per l'islam'. Questo dovrebbe fare una democrazia occidentale, piegarsi ai fondamentalisti islamici ? Come se, per altro, l'amministrazione Obama non l'avesse fatto già a sufficienza.
Ecco i pezzi:
La REPUBBLICA - Gilles Kepel : " L’autunno dello scontento nelle piazze che non vedono i frutti delle rivoluzioni "

Gilles Kepel
E che l’attacco ha avuto luogo a Bengasi, città simbolo dell’alleanza fra i paesi occidentali e i rivoluzionari arabi, poiché proprio lì, il 19 marzo 2011, l’aviazione francese ha bombardato i carri armati di Gheddafi, salvando la città e la rivoluzione. Questo simbolo è naturalmente disastroso per l’avvenire della Libia e interviene proprio mentre molti, in Occidente, s’interrogano sul futuro delle rivoluzioni arabe, si chiedono se non abbiano lasciato uscire, come la bottiglia di Sinbad il marinaio, il cattivo genio dell’islamismo radicale. In Tunisia ci si pongono molte domande sullo sviluppo del movimento salafita, di cui ho potuto misurare la presenza in un luogo molto simbolico: la città di Sidi Bouzid, dove sono cominciate le rivoluzioni arabe con l’immolazione di Mohamed Bouazizi il 17 dicembre 2010. Di sabato, a Sidi Bouzid, i salafiti svolgono il ruolo della polizia nel suk e sono loro a controllare la più importante moschea della città. Un ex di Al Qaeda è il maitre à penserdi Ansar al Sharia, organizzazione che porta lo stesso nome di quella libica che ha rivendicato l’attentato contro il consolato americano. E’ importante anche sottolineare quali armi sono state utilizzate, armi da guerra. Sono stato a Bengasi ai primi di luglio e sono stato impressionato dall’arsenale militare eccezionale di cui dispongono le milizie e i “rivoluzionari” sul posto. La Cirenaica, di cui Bengasi è la metropoli, è la regione in cui c’è stata una forte resistenza islamica sotto il regime di Gheddafi. Non lontano da Bengasi, la città di Derna ha avuto proporzionalmente il più gran numero di combattenti in Afghanistan e di prigionieri a Guantanamo. Ciò nonostante, alle elezioni del Parlamento libico, il 7 luglio scorso, i movimenti islamici, contrariamente all’Egitto e alla Tunisia, non hanno conquistato la maggioranza. Il movimento islamista libico è profondamente diviso e frammentato in una miriade di partitini. La principale figura dell’islamismo libico, Abdel Hakim Belhadj, non è riuscito a essere eletto deputato, malgrado si sia sforzato di presentarsi come rappresentante di un partito democratico. La maggior parte dei suoi adepti, a causa del mancato successo salafita, ha ritrovato la strada della clandestinità e della lotta armata, resa più facile dalla debolezza dello Stato centrale e dagli impressionanti armamenti ancora in mano alle diverse fazioni rivoluzionarie. A Bengasi molti pensano che Tripoli abbia spoliato la città del suo ruolo pioniere nella rivoluzione e recuperato tutti i poteri: l’insieme di queste circostanze spiega perché proprio li è stato possibile l’attentato anti-americano. Certo, si tratta di un colpo durissimo per la ricostruzione della Libia, poiché il pretesto di questo attentato è stata la diffusione su internet di un film accusato di oltraggiare il Profeta dell’islam, un po’ come le caricature apparse nel 2005 sul giornale danese Jyllands-Posten. Nel mondo arabo ci sono manifestazioni sanguinose non per condannare l’attentato, ma per protestare contro un nuovo affronto che sarebbe stato fatto all’islam. Le voci di piazza dicono che il film è stato finanziato da un copto e da un israeliano-americano, il che rende più acute le tensioni in Egitto, dove la comunità copta resta traumatizzata dalla vittoria di Mohamed Morsi. Anche in Tunisia, dove i salafiti hanno denunciato il film, un partito laico ha emesso un comunicato per denunciare l’oltraggio al sacro e al Profeta. Tutto ciò mostra come l’opinione pubblica araba possa essere mobilitata da agitatori politici attorno alle questioni del sacro e come Al Qaeda, che si pensava oscurata dalla primavera araba, sia capace, insieme ai salafiti, di tornare alla ribalta, forse temporaneamente. Lo fa approfittando delle frustrazioni e dello scontento di popolazioni che un anno e mezzo dopo la caduta dei tiranni hanno l’impressione di non aver ricevuto nessun frutto della rivoluzione: la disoccupazione e la miseria aumentano, la più grande libertà non impedisce fatti tragici come il naufragio, pochi giorni fa, di 50 clandestini tunisini al largo di Lampedusa. E’ d’altronde significativo che il primo cadavere recuperato dai soccorritori italiani sia stato quello di un ragazzo proveniente da Sidi Bouzid, la città simbolo della rivoluzione. In arabo fuggire verso l’Europa si dice harragache vuol dire letteralmente bruciarsi: è lo stesso termine utilizzato per descrivere l’immolazione di Mohamed Bouazizi.
La REPUBBLICA - Tahar Ben Jelloun : " Quell’incontenibile impulso a lavare nel sangue gli oltraggi al Profeta "

Tahar Ben Jelloun
La prima domanda che viene in mente è: ma l’Islam è così vulnerabile che la minima caricatura provoca violenze eccessive e fanatiche? Tornano in mente le caricature del profeta Maometto e le tensioni che avevano suscitato nel mondo. Oggi è la volta di un promotore immobiliare californiano, un israelo-americano, Sam Bacile, che ha girato un film, pessimo sotto il profilo tecnico, allo scopo di ferire i musulmani nelle loro credenze e nella loro dignità. Ho visto quel film. È così malfatto che non avrebbe mai dovuto essere pubblicato. Ma di fatto è stato diffuso su internet e fa reagire con rara violenza le popolazioni musulmane un po’ ovunque nel mondo.
L’origine di quelle reazioni spontanee e sproporzionate
risale al 1988, con la fatwa di Khomeini contro Salman Rushdie che aveva pubblicato “I versi satanici”. Tutte le sciagure del mondo musulmano trovarono giustificazione in quella fatwa, che ha reso alcuni musulmani ipersensibili a tutto ciò che colpisce la loro religione. La stragrande maggioranza dei paesi musulmani non vive in democrazia. Appena la gente trova un motivo per uscire a manifestare, lo fa. Nessun governo, né in Libia, né in Sudan o in Egitto, è in grado di impedire una manifestazione contro «un’umiliazione inflitta da un israeloamericano ». Si prendono due piccioni con una fava: si denuncia l’America uccidendo uno dei suoi ambasciatori o incendiando una delle sue ambasciate e al tempo stesso si grida il proprio odio contro Israele e la sua politica d’occupazione.
Una folla che si scatena perché l’immagine della religione musulmana mostrata da Sam Bacile è orribile, ingiusta, falsa e semplicemente scandalosa, non può essere ammansita con il ragionamento. È una questione di fede, di credenze e di convinzioni. Una questione di passione. Colpire tutta una comunità nelle sue credenze è una provocazione che non può che finir male.
Il fraintendimento è totale: dei musulmani pensano che dietro Sam Bacile ci sia lo Stato di Israele o addirittura il Pentagono. Forse non sanno che il governo non interviene nella produzione di un film, nella fabbricazione di un giornale o nelle scelte editoriali delle caricature. Pensano che tutto ciò sia fatto dagli Stati per colpire i musulmani in quello che hanno di più caro. Ma, se nei paesi musulmani lo Stato interviene spesso sulla stampa o nella cultura, in Occidente non è così.
Ci sono però delle teorie secondo le quali l’America e Israele prendono di mira l’islam e i musulmani come “nemico potenziale”. Se prima il cinema americano presentava il comunismo come il principale pericolo che minacciava l’America, oggi è la volta di Al Qaeda. E, se anche riconoscono che non tutti i musulmani sono terroristi, affermano che ogni terrorista è necessariamente musulmano!
Il rapporto tra l’Occidente e l’islam è in tensione permanente. I discorsi dei politici sono rassicuranti e benevoli, ma la mentalità della gente è condizionata dall’ideologia della paura e dall’odio per tutto ciò che non è occidentale. Inoltre la vittoria dei fondamentalisti dopo la rivoluzione di quella che è stata chiamata la “primavera araba” incoraggia la popolazione a manifestare e a dichiarare il suo rifiuto dell’Occidente.
Nonostante le dichiarazioni di Hillary Clinton, le violenze continuano: Obama deve intervenire per lanciare un segnale forte ai musulmani nel mondo condannando l’impresa viziosa e abbietta di un promotore immobiliare il cui passatempo favorito è diffondere l’odio per l’islam.
CORRIERE della SERA - Stefano Montefiori : " «Non lasciamo soli gli arabi. O vinceranno i fanatici» "

Rachida Dati
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — Signora Dati, ci siamo sbagliati? L'odio anti-occidentale che sembrava scomparso durante le primavere arabe stava semplicemente covando? «No, non lo credo. Dobbiamo distinguere tra persone comuni e militanti politici. All'origine delle primavere arabe c'è la società civile. Donne, uomini, in lotta contro le dittature. Una volta caduti i tiranni, l'opposizione si è dimostrata politicamente non pronta. Dopo i dittatori c'è stato il nulla politico, riempito dall'unica forza che per decenni ha continuato a organizzarsi, quella degli islamisti. Persino in Libia diciamo che hanno vinto i liberali, eppure a capo dell'Assemblea c'è un presidente, Mohamed al-Megaryef, vicino ai Fratelli musulmani». Lei è stata ministro della Giustizia, è eurodeputata e punta a diventare sindaco di Parigi, la sua famiglia di origine è algerina e marocchina. Conosce bene il Maghreb, ci torna spesso. La maggioranza dell'«opinione pubblica araba» che cosa pensa, secondo lei? «La gente comune non è settaria. Che cosa vogliono gli arabi, oggi? Le stesse cose che vogliamo lei e io. Viaggiare, educare i nostri figli, consumare. Io vado spesso nei Paesi arabi o musulmani per motivi famigliari ma anche perché mi invitano, sono piuttosto conosciuta. In Siria, Marocco, Algeria, Afghanistan. La gente mi apprezza perché in me vede il sogno Politica Rachida Dati, 46 anni, è una politica francese, deputato europeo, sindaco del VII arrondissement di Parigi. È stata ministro della Giustizia dal 2007 al 2009 nel governo di Nicolas Sarkozy di liberazione, ambizione, affermazione personale, e ci si riconosce. Per questo dico che il più grave errore adesso sarebbe abbandonare le persone comuni, ostaggio di minoranze che possono benissimo, lo si è visto per anni in Algeria, devastare un'intero Paese». Come è possibile che centinaia di persone cadano nella trappola di un video simile, per quanto insultante? «Chi ha prodotto quel video sperava di provocare esattamente questo effetto, e gli estremisti non aspettano altro che qualcuno faccia loro il favore di produrre simili sconcezze. Detto questo, quel video è ignobile, inaccettabile, ma evidentemente non giustifica le uccisioni o gli attentati. Mi chiedo se non potremmo fare di più per impedire la diffusione di questa robaccia. Le immagini del serial killer canadese sono state tolte da Internet, giusto? E che io sappia i video nazisti non possono essere diffusi su Youtube. Forse dovremmo essere più vigilanti. Non si tratta di limitare la libertà di espressione, ma dell'odio razziale e religioso il mondo può fare a meno». Quali conseguenze ci saranno adesso nel rapporto tra Occidente e Islam? «Intanto, credo che il presidente Obama potrebbe essere indebolito. Ha avuto il coraggio di tendere la mano ai popoli arabi ancor prima delle rivoluzioni, i suoi oppositori diranno che questo è il risultato, e che le sue aperture erano debolezza». Lei critica spesso l'inadeguatezza dell'Unione europea. Lo fa anche questa volta? «Certamente. In tutti questi avvenimenti l'Europa è stata assente. Abbiamo cambiato apposta i trattati per avere un'unica voce in politica estera, e qual è il risultato? Qualcuno la sente questa voce? Settimane fa il re del Marocco ha rilanciato 1"' Unione del Maghreb arabo" sottolineando che, con i nuovi vertici al potere nei vari Stati, poteva diventare uno strumento efficace. Crede che la signora Ashton abbia risposto in qualche modo? Nessuna visione, nessuna iniziativa». Nicolas Sarkazy aveva avuto l'idea del-l'«Unione del mediterraneo». «Un'ottima idea caduta perché, su insistenza tedesca, l'organizzazione è stata aperta a tutti i Paesi europei e a troppi Paesi africani, mentre sarebbe stata efficace un'Unione ristretta ai soli Stati costieri. Un'altra Onu pletorica e inefficiente non serve. Ma molti temevano un'eccessiva influenza francese, e non se ne è fatto niente». Oggi lei è pessimista o ottimista? «Ottimista perché conosco quei Paesi e quella gente, sono popoli giovani con aspirazioni identiche alle nostre. Da parte nostra, adesso non possiamo voltare le spalle. Noi dobbiamo sostenere la maggioranza, che non la pensa come i fanatici che attaccano le ambasciate».
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